A che punto siamo con la previdenza integrativa europea?
La Commissione europea, basandosi sui risultati di uno studio da essa commissionato e facendo leva sulle valutazioni dell’Eiopa, aveva proposto di creare un prodotto di previdenza individuale non occupazionale ad adesione volontaria dotato di un “passaporto europeo” che diversi provider (asset manager, imprese di investimento, assicurazioni, etc.) potevano offrire ai risparmiatori su base transfrontaliera, agevolando anche i mobile worker attraverso specifiche disposizioni sulla portabilità.
Dopo la proposta della Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno dato vita ad un intenso e, in alcuni casi, acceso confronto fino al raggiungimento di un accordo di compromesso ottenuto alla fine del 2018.
Il 25 luglio 2019 il regolamento è finalmente stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed è entrato in vigore lo scorso 14 agosto.
Quindi tutto pronto per i primi Pepp? Non del tutto, c’è ancora un po’ di strada da fare. Il regolamento, infatti, demanda all’Eiopa il compito di definire i progetti di norme tecniche di regolamentazione su alcuni aspetti chiave del Pepp, che dovranno poi essere pubblicati dalla Commissione sotto forma di atti delegati.
I primi Pepp (Pan European personal pension product – Prodotti pensionistici personali paneuropei, da non confondere con il Pandemic emergency purchase programme, il programma di acquisti per l’emergenza pandemica annunciato dalla presidente francese della Bce, Lagarde, ndr) potranno quindi essere presumibilmente offerti tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 e quindi un anno dopo la pubblicazione da parte della Commissione europea degli atti delegati.
La prima fase per la definizione della normativa di secondo livello del Pepp si è conclusa il 2 marzo scorso, con la scadenza dei termini per l’invio dei commenti alla consultazione dell’Eiopa sulle proposte di norme tecniche di regolamentazione.
Il documento di consultazione dell’Eiopa ha suscitato molte reazioni da parte dell’industria del risparmio gestito a livello europeo, alla cui voce si è aggiunta anche quella di Assogestioni. A richiamare l’attenzione degli asset manager è stato soprattutto l’approccio proposto dall’Eiopa per la definizione dei costi e delle commissioni per il Pepp di base.
Il regolamento stabilisce che i provider devono obbligatoriamente offrire un’opzione standard di investimento, denominata “Pepp di base” che, a differenza delle altre opzioni di investimento, è caratterizzata da alcuni obblighi aggiuntivi.
Il paletto dei costi
Il primo fra tutti è quello di un contenimento dei costi e delle commissioni, che non possono superare l’1% del capitale accumulato per anno. L’Eiopa, nel documento di consultazione, ha proposto di includere tutti i costi e le commissioni nel limite dell’1% ad esclusione dei costi sulla garanzia del capitale.
Questo approccio rischia di generare almeno due conseguenze negative per gli asset manager interessati ad offrire un Pepp. La prima è rappresentata dalla difficoltà di rispettare il limite dell’1% considerato che nel fee cap rientrano anche i costi di consulenza.
Quest’ultima, infatti, deve essere obbligatoriamente prestata a tutti gli aderenti al Pepp prima della conclusione del contratto e la complessità insita nella scelta di un prodotto a lungo termine come il Pepp potrebbe dar vita a costi non certo di poco conto.
Per questa ragione Assogestioni nella propria risposta alla consultazione ha chiesto all’Eiopa di eliminare dal fee cap almeno i costi di consulenza.
Altre criticità
La seconda distorsione che può essere generata dalla posizione dell’Eiopa è quella relativa all’esclusione dal fee cap dei costi di garanzia per il Pepp di base. Anche su questo aspetto è necessario richiamare in breve il contenuto del regolamento.
Il Pepp di base può essere costruito sulla base di una garanzia sul capitale o di una tecnica di mitigazione del rischio, come ad esempio il life-cycle. La presenza di più opzioni per la definizione delle caratteristiche del Pepp di base (e anche delle altre opzioni di investimento) è il frutto di un compromesso ottenuto nella fase di definizione del regolamento per consentire un level playing field tra tutti i provider.
L’esclusione dal fee cap soltanto dei costi della garanzia farebbe venir meno questa parità di condizioni tra i diversi fornitori di Pepp, assicurando una posizione di favore per i soggetti che, in virtù delle proprie caratteristiche, decideranno di costruire il Pepp di base sulla base di una garanzia.
Ed è per questo che Assogestioni ha richiesto di includere i costi di garanzia all’interno del fee cap o, almeno di definire una metodologia chiara per poter definire il calcolo dei costi sulla garanzia e di prevedere, al riguardo, una dettagliata comunicazione all’aderente.
L’Eiopa dovrà ora valutare tutte le risposte ricevute e predisporre le proposte di norme tecniche da consegnare alla Commissione europea entro il 15 agosto 2020.
Le scelte che adotterà l’Autorità di vigilanza europea saranno fondamentali per capire se i Pepp potranno dare nuova forza alla previdenza individuale in Italia e in Europa, oppure se dovranno già essere etichettati come un’occasione persa ancor prima di essere lanciati sul mercato.
Fonte: Assogestioni