GIURISPRUDENZA
La prova liberatoria richiesta dall’art. 2054 comma 1 c.c. e la sua declinazione al caso concreto
Autore: Bianca Pascotto
ASSINEWS 318 – aprile 2020
L’argomento è di attualità sia per quanto concerne la (triste) cronaca quotidiana, sia sotto il profilo della produzione giurisprudenziale, giacchè per ciascuno dei citati ambiti si registrano pluralità di continui accadimenti. Prendo lo spunto dalla recente sentenza n. 5627 della Corte di Cassazione, emessa il 28 febbraio di quest’anno in merito all’argomento, per confrontarla con altre 2 recenti pronunce, l’una dell’ottobre 2019, l’altra del dicembre 2019, le quali pur condividendo una comune argomentazione di fondo circa il contenuto dell’onere probatorio che incombe sul conducente, si allontanano poi tra loro, lasciando all’operatore del diritto quella spiacevole sensazione di “incomprensione” e di “aleatorietà” sulla fattispecie che rende sempre assai difficile offrire una soluzione concreta al quesito che l’assicurato ci pone.
Il fatto storico
Tizia attraversa la sede stradale al di fuori delle strisce pedonali e non presta attenzione al motociclo che sta sopraggiungendo sulla corsia preferenziale in contromano. La collisione è inevitabile, con pesanti conseguenze per Tizia. Nel giudizio instaurato avanti il Tribunale, viene riconosciuta l’esclusiva responsabilità del conducente del motociclo e viene condannato in solido con l’impresa assicuratrice a risarcire il danno.
Promosso gravame avanti alla Corte d’Appello, il giudicante ritiene sussistere, diversamente dal primo grado, un concorso di colpa tra il conducente e Tizia nella misura del 30% e riduce conseguentemente il risarcimento quantificato nel primo grado di complessivi € 260.486, escludendo, peraltro, da detto ammontare € 80.000 riconosciuti a Tizia a titolo di danno morale. Tizia ricorre avanti il Supremo Collegio per la riforma della sentenza con tre motivi di ricorso di cui, per sede che ci occupa, daremo ragione solo del primo.
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