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Nuova class action: doppio passaggio per ottenere i risarcimenti. Procedure automatizzate per l’adesione alla classe. «Quota lite» per gli avvocati che rappresentano la classe. Sono numerose le modifiche apportate all’istituto della class action dalla legge approvata in via definitiva dal senato il 3 aprile e ora in attesa di pubblicazione in G.U.
Le novità però avranno una gestazione lenta, visto che entreranno in vigore dopo 12 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta e varranno per i danni commessi successivamente. Entro tale termine, il ministero della giustizia dovrà approvare una serie di provvedimenti per: a) disciplinare le attività che dovranno essere compiute tramite il portale telematico; b) individuare i requisiti per l’iscrizione nell’elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all’azione di classe, nonché determinare il contributo dovuto ai fini dell’iscrizione e del mantenimento della stessa.
La responsabilità per danni causati dall’Intelligenza artificiale è un enigma.
Se il robot si sbaglia, ci si chiede chi sia il colpevole tenuto a risarcire.
In effetti le regole giuridiche attuali della responsabilità civile, figlie del diritto romano, chiamano in campo figure ritagliate sull’uomo. A fronte di una macchina che non funziona, ci si chiede se sia responsabile il costruttore oppure il programmatore o il venditore o il proprietario. Il problema è che queste categorie non si attagliano per nulla all’ipotesi in cui la responsabilità sia di un robot, cioè di una intelligenza artificiale, in grado di elaborare da sé i propri algoritmi, in grado di reagire all’ambiente usando la sua propria capacità cognitiva.
Sempre più importante il ruolo delle reti di imprese nello sviluppo dei sistemi di welfare aziendale e di progetti di welfare territoriale, soprattutto a favore delle piccole e medie imprese. Come rilevato in occasione del recente convegno «Welfare aziendale o territoriale? Quali opportunità per le pmi» organizzato da Unimpresa, senza ricorrere a forme di collaborazione e a strumenti alternativi, per le pmi i costi per avviare progettualità di welfare aziendale risultano spesso insostenibili. Infatti, secondo l’analisi di Unimpresa, se da un lato il welfare aziendale, nel corso degli ultimi anni, anche grazie agli incentivi pubblici, ha registrato un notevole sviluppo nell’ambito della contrattazione aziendale, diventando sempre più strumento di supporto sociale per i dipendenti, oltre che di integrazione salariale obbligatoria in diversi contratti collettivi nazionali di lavoro, dall’altro lato per molte piccole e medie imprese anche l’erogazione di una forma minima di welfare diventa un costo aziendale a volte difficilmente sostenibile. La difficoltà, secondo l’associazione, è dimostrata dal fatto che in molte realtà locali sta prendendo piede un’altra forma di welfare con l’ausilio anche delle strutture pubbliche, ossia il «welfare territoriale». Si tratta di temi sempre più importanti, tenendo conto del progressivo arretramento dello Stato nell’erogazione dei servizi di assistenza per i cittadini e, in proiezione, di un invecchiamento costante della popolazione e di una sempre maggiore richiesta di servizi di assistenza nell’ambito familiare.

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  • L’Inps si piega a quota 100 tagliate del 25% le pratiche per le “pensioni normali”
L’Inps ha messo in coda le pratiche ordinarie di pensione — diminuite di un quarto da un anno all’altro — per accelerare su quota 100. E per questo — grazie a uno sforzo titanico dei suoi dipendenti costretti a straordinari anche nei fine settimana — si prefigge ora di assicurare l’assegno così caro alla Lega a 50 mila quotisti entro i primi di maggio. Al punto da autorizzare tre finestre di erogazione nel mese di aprile: 1, 8 e in un’altra data dopo il 20. Un fatto senza precedenti. Quota 100, la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro con almeno 62 anni e 38 di contributi, si conferma dunque un imbuto per tutte le altre domande, come raccontano le storie di tanti aspiranti pensionati. A confermarlo, nonostante l’Inps neghi, non sono però solo le “via crucis” di molti, senza più stipendio e neanche pensione anche da 14 mesi, contro accettazioni sprint in due ore e mezzo o una manciata di giorni per i quotisti. Lo dimostra ora un documento interno che Repubblica è in grado di raccontare. E che smentisce quanto l’Istituto — l’ultima volta con il comunicato del 10 aprile — afferma.

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Vecchietti, ad della compagnia prima negli strumenti integrativi, presenterà alla Camera la sua proposta L’accordo con Intesa
“Le statistiche diffuse dall’Ania, mettendo insieme due settori diversi, non esprimono bene la nostra posizione competitiva: Rbm ha il 50 per cento dell’assicurazione correlata ai fondi sanitari ed è prima”.  Manco Vecchietti, ceo di Rbm, mette i puntini sulle “I”. Proprio sui fondi Vecchietti sta per presentare al mondo politico, alle parti sociali e agli operatori una proposta per garantire a tutti gli italiani (e non solo ad alcune categorie come accade adesso) un servizio integrativo che si aggiunga al Servizio sanitario nazionale.

Con i provvedimenti adottati tra il 2004 e il 2010, il lungo ciclo di revisione del sistema pensionistico sembrava concluso, ma la riforma Monti–Fornero del 2011 ha rimesso tutto in discussione. Sarebbero bastate poche cose come l’introduzione pro-rata del metodo contributivo per tutti e un minimo di flessibilità nei requisiti utili per andare in pensione, ma l’eccessiva pressione esterna, frutto anche dei dati fuorvianti forniti dall’Istat, ha prodotto una riforma «dura», caratterizzata da un eccessivo incremento delle età di pensionamento (uno «scalone» in alcuni casi di 6 anni) e un sistema troppo rigido che ha scatenato da subito forti tensioni costringendo i vari governi a risposte diverse ma sempre «in deroga» ai limiti fissati dalla legge Monti-Fornero.

 

  • Il giro d’Italia secondo Sara Assicurazioni
Attenzione alle due ruote. Le spinte green e l’attenzione delle più accorte tra le amministrazioni locali, che favoriscono l’utilizzo del bike sharing ormai presente in 51 città italiane (di cui Milano è la maglia rosa con 4.650 bici a disposizione di oltre 45 mila abbonati), hanno diffuso l’utilizzo della bicicletta per gli spostamenti personali all’interno delle grandi città come mai era accaduto negli ultimi decenni in Italia. Un risultato molto positivo in termini di riduzione dell’inquinamento e del benessere personale. Se non fosse che, come spesso accade in Italia, si sottovalutano i rischi. Nel 2017 – gli ultimi dati disponibili – sono stati infatti 17.521 gli incidenti che hanno coinvolto almeno un ciclista e purtroppo sono stati 254 i decessi registrati, mentre sono oltre 350 mila i furti di bicicletta che vengono denunciati ogni anno, da cui si può supporre un numero di sinistri totali decisamente maggiore, secondo alcuni superiore al milione di furti nei dodici mesi. Numeri da brivido. La fotografia dell’universo italiano della bicicletta presenta oltre 3 milioni di ciclisti attivi (praticanti sportivi e utilizzatori per spostamenti personali) e un giro d’affari di oltre 6 miliardi di euro tra produzione, vendita e indotto (compreso il mondo del turismo ciclistico) e quasi 1.500 chilometri di piste ciclabili. Un universo a cui da tempo guarda Sara Assicurazioni (75 per cento Aci, 15 per cento Reale Mutua, 10 per cento Generali) che con il direttore generale Alberto Tosti in occasione del Giro d’Italia – che tra meno di un mese prenderà il via (Bologna, 11 maggio) e di cui la compagnia è sponsor – ha deciso di puntare su Bici2go, una nuova polizza dedicata alle due ruote, che garantisce una tutela completa, dalla responsabilità civile al furto, dalla copertura per gli infortuni alla tutela legale e all’assistenza.
  • Assimoco fa ordine
È operativa la riorganizzazione strategica del gruppo assicurativo Assimoco. Il processo, che coinvolge più di 400 persone, oltre a una revisione strategica delle principali funzioni dell’azienda, vede la nascita di una nuova funzione: Cultura e Sostenibilità e della nuova business unit Terzo settore ed Ethical Consumers. In concreto, il progetto di trasformazione organizzativa, iniziato a ottobre 2018, ha ridisegnato l’organigramma complessivo, le mission e la creazione di 16 aree di governo, di cui 13 a diretto riporto del direttore generale, Ruggero Frecchiami e tre a diretto riporto del consiglio di amministrazione. Le 13 strutture a diretto riporto di Frecchiami sono: Sviluppo offerta clienti, affidata a Elisabeth Cellie; Sviluppo commerciale partner (Guido Gusella); Cultura e sostenibilità (Alessia Borrelli); Strategia e Controllo di gestione (Mirella Maffei); Amministrazione (Pasquale Cocca); Sviluppo persone e organizzazioni (Tiziano Merlini); Operations (Salvatore Graci); Legale (Giorgio Colciago); Area tecnica protection (Silvia Camillo), Finanza e Area tecnica risparmio e investimenti (Alessandro Masatti); Customer e Partner service (Davide Dal Mas); Sinistri e servizi (Ferdinando Scoa); Terzo settore ed Ethical consumers (Luca Di Lorenzo). Completano l’organigramma aziendale le tre strutture a diretto riporto del cda: Internal audit, affidata a Paola Cioni; Compliance e Antiriciclaggio (Maria Teresa Nicolini); Risk management e Funzione attuariale (Daniela Del Vecchio con Antonio Zurlo responsabile per la Funzione attuariale).
  • I fondi pensione vincono 3 a zero
In 20 anni aiutati dal fisco e dal contributo del datore di lavoro, quelli di categoria hanno battuto azioni, bond internazionali e liquidazioni d’azienda. Con guadagni superiori ai 23mila euro.
Più il lavoro è precario, più bisognerebbe versare per costruirsi una pensione di scorta. Un trentenne con carriera continua dovrebbe versare 44 euro al mese; un suo coetaneo, con periodi di inoccupazione, dovrebbe salire a 81 al mese: quasi il doppio. Può sembrare paradossale, ma è una conseguenza del sistema di calcolo contributivo, che non prevede un paracadute quando si verificano momenti di inoccupazione o di diminuzione del reddito.
  • Il primo iscritto arriva al traguardo con 40 mila euro in più
Il contributo aziendale, che ottiene solo chi aderisce, fa davvero la differenza nello spostare la convenienza a favore dei fondi pensione. Lo dimostra l’esempio di un lavoratore che il primo gennaio 1998 (data di avvio effettivo) ha aderito a Fonchim, il fondo di categoria dell’industria chimica e farmaceutica che è stato il primo partire fra i negoziali. Le cifre si riferiscono al primo iscritto effettivo e confrontano il montante che ha accumulato al 31 dicembre 2018 aderendo alla linea d’investimento bilanciata, rispetto a quello di un suo collega che invece ha lasciato il Tfr (il 6,91% della retribuzione) in azienda, dove si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione. Nei due esempi è stata considerata una retribuzione di 30 mila euro lordi, che rappresenta la media dei due settori interessati. In quasi tutti gli anni il fondo ha ottenuto performance migliori rispetto alla rivalutazione del Tfr; nel 2018, per esempio, il 2,7% contro il 2% del Tfr. Una forte spinta alla convenienza la danno anche i 18.882 euro del contributo aziendale, che solo l’iscritto ha ottenuto. Alla fine la differenza è notevole: un capitale di quasi 140mila euro per il primo e circa 101mila per il secondo. Il confronto, peraltro, non tiene conto del trattamento fiscale sulla prestazione finale, che è decisamente più favorevole per i fondi pensione. In questi ultimi, infatti, la rendita vitalizia o il capitale (possibile sino al 50% del montante maturato) sono tassati con un’aliquota del 15% diminuita dello 0,30% per ogni anno di partecipazione successivo al quindicesimo. La riduzione può arrivare al 6%: in pratica, con una permanenza di trentacinque anni nel fondo l’aliquota è pari al 9%. Il Tfr è soggetto invece a tassazione separata con un minimo del 23%.

  • Buchi nella dote contributiva: poche chance dalle Casse
Strada sbarrata, quasi per tutti, su saldo e stralcio. Qualche spiraglio in più per la rottamazione-ter. È diversificata la posizione delle Casse professionali di fronte alla possibilità, per gli iscritti, di accedere alle misure – previste da legge di bilancio 2019 e decreto fiscale collegato – per la definizione agevolata dei debiti contributivi. Una partita che riguarderebbe un monte carichi a ruolo, solo per gli enti di previdenza coinvolti dalle due procedure – che hanno affidato la riscossione ad AdER (ex Equitalia) nel periodo 2000-2017 – di oltre 1,3 miliardi di euro. La deadline per le domande da parte degli iscritti è fissata al 30 aprile.
  • Il setaccio dei notai contro il riciclaggio
Diminuiscono, anche se di poco, rispetto al 2017 le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio effettuate nel 2018 dai professionisti dell’area economico giuridica: erano 4.969, sono diventate 4.818. La flessione riguarda tutti i professionisti, tranne i notai (si veda la tabella a fianco). Lo rileva l’ultimo rapporto dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca di Italia. La segnalazione di operazioni sospette è una delle attività più delicate cui è chiamato il professionista sia per le conseguenze che possono derivare in capo al cliente, sia per i rischi cui va incontro il professionista se omette la segnalazione.