Nella stagione assembleare appena aperta ci sono ben 116 candidati dei fondi pronti a dire la loro in 45 società, da Generali a Intesa. E grazie ai Pir gli asset manager sono entrati anche nelle pmi
di Anna Messia
Un’infornata di 116 candidati pronti a dire la loro in 45 società quotate a Piazza Affari. Con l’ultima stagione assembleare entrata nel vivo in queste settimane i gestori di fondi si stanno facendo sempre più spazio nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle imprese. Il comitato di Assogestioni, coordinato da Andrea Ghidoni, sta mettendo a punto in questi giorni le ultime liste di minoranza da proporre agli azionisti, ma il quadro, a grandi linee, è già delineato visto che tra l’altro 15 società hanno già chiuso la loro assemblea. A inizio anno i rappresentato eletti dai fondi presenti negli organi di governo di 70 società quotate in erano già 213 persone, per il 38% donne. Un numero cui vanno aggiunti 78 sindaci supplenti. Ora in ballo ci sono rinnovi che interessano 45 società. Come Atlantia, per esempio, dove sono già stati eletti tutti e tre i candidati dei fondi, ovvero Dario Frigerio, Giuseppe Guizzi e Licia Soncini. Non solo. In fase di nomina ci sono anche i big bancari (dal collegio sindacale di Unicredit al consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo ).
Un caso che ha fatto rumore è stato quello di Ubi, dove i fondi non hanno presentato una propria lista. «Colpa del fatto che non è stato raggiunto il quorum necessario», ha chiarito poi il presidente di Assogestioni Tommaso Corcos, smorzando le polemiche. In ballo ci sono anche le due principali compagnie assicurative quotate, ovvero Generali (dove i candidati sono Roberto Perotti e Ines Mazzilli) e Unipol Group, dove è già stato eletto Massimo Desiderio. La novità di quest’anno è legata però ad una accresciuta presenza dei gestori nelle società più piccole. Un fenomeno che è la diretta conseguenza della diffusione negli ultimi anni dei pir. Con i piani individuali di risparmio i gestori hanno iniziato ad investire in maniera più consistente nelle pmi quotate a Piazza Affari e ora stanno iniziando ad entrare anche nei loro consigli. Un peso, quello dei gestori, che sembra destinato a crescere nelle scelte societarie.
In Italia non ci sono stati gestori attivisti pronti all’attacco, come era stato per Knight Vinke per Amber o ancora per Elliott (che oggi è nelle partite Telecom e Milan) capaci di ribaltare le sorti di molte assemblee, come nel caso ai tempi di Ansaldo. Anche Assogestioni, quando ce n’è stato bisogno, non ha però mancato di far sentire la sua voce. Così a luglio 2017, Corcos e Ghidoni scrissero una lettera a Telecom nella quale i rappresentanti dei gestori sottolinearono il parere negativo dei sindaci nella vicenda che portò all’uscita dell’amministratore Flavio Cattaneo con una buonuscita di 25 milioni, chiedendo una politica di remunerazione legata alla creazione di valore nel lungo periodo. Una lettera a cui, in questi mesi, si sono aggiunti nuovi interventi rimasti sotto traccia, perché non pubblici e anche perché i consiglieri non hanno alcun vincolo di mandato. Come quando, a fine 2018, gli investitori istituzionali avevano chiesto di mantenere un limite di età per le cariche di vertice di Generali , quando c’era da voltare l’eliminazione della soglia dei 70 anni per il presidente, aprendo alla riconferma di Gabiele Galateri.
Non sempre i gestori sono quindi riusciti a far prevalere la loro posizione, ma è un dato di fatto che il loro giudizio viene considerato sempre più importante, Non a caso stanno continuando ad aumentare le attività di engagement. Appuntamenti utili ai consiglieri indipendenti per sapere cosa i gestori pensano su specifiche tematiche, come può essere per esempio un’acquisizione o una determinata politica remunerativa. Nulla che possa essere considerata un’informazione sensibile per il mercato, ma si tratta di incontri utili a creare un filo diretto tra i gestori e il management delle società.
Nei consigli sta poi crescendo il peso delle donne. Il 39% dei candidati eleggibili della nuova tornata assembleare sono appunto donne e l’intenzione sembra essere quella di mantenere fermo questo presidio. Il comitato corporate governance presieduto da Patrizia Grieco, al quale oltre ad Assogestioni, partecipano anche Abi e Assonime, a luglio 2018 ha emanato a questo scopo un aggiornamento del codice di autodisciplina che estende gli effetti della legge Golfo-Mosca sulle quote rosa anche all’anno prossimo, quando la legge, che aveva un carattere sperimentale, arriverà a scadenza. L’indicazione è quindi di continuare ad avere almeno un terzo dei consigli di amministrazione composto dal genere meno rappresentativo. E c’è anche un caso in cui questo principio è stato ribaltato, ma a favore delle donne. Per Iren il comitato dei gestori ha proposto due donne su due candidati, andando, una volta tanto, oltre la legge sulle quote rosa. (riproduzione riservata)
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