Con il sensibile aumento fatto registrare nel 2018 (+8,32%), il volume d’affari del factoring in Italia negli ultimi dieci anni è raddoppiato: da 121,935 miliardi di euro nel 2008 a 240,039 nel 2018, con un tasso di crescita medio annuo del 7,19%. Anche per il 2019 la prospettiva è di un ulteriore incremento, stimato al 4,75% a fine anno dopo una partenza-sprint: +19,3% a gennaio e +21,7% a febbraio sui corrispondenti mesi del 2018.
A livello europeo il volume d’affari del factoring ha raggiunto 1.729 miliardi di euro, con una crescita dell’8% sul 2017. Netto incremento, superiore al 5%, anche a livello globale: nel mondo il factoring muove 2.730 miliardi di euro. L’Italia è uno dei Paesi leader con il 14% del mercato europeo e il 9% di quello mondiale.
I dati dello sviluppo di un business finanziario che in Italia oggi vale il 14% del Pil e a cui fanno ricorso 33 mila imprese, quasi per metà (47%) piccole e medie, il 29% del settore manifatturiero, sono stati illustrati oggi alla stampa, nel corso dell’Annual Press Meeting, dai vertici di Assifact, l’Associazione Italiana per il Factoring che riunisce gli operatori del settore. Il presidente Fausto Galmarini e il segretario generale Alessandro Carretta hanno sottolineato la funzione crescente del factoring come vero e proprio motore dell’economia produttiva del Paese.
Grazie alle operazioni di factoring le aziende possono incassare subito i propri crediti commerciali e ottimizzare la gestione del capitale circolante – anche attraverso anticipi – a costi competitivi rispetto ai finanziamenti bancari, senza rischiare di essere messe in ginocchio dai ritardi dei pagamenti. Secondo le rilevazioni del DAP, il Database sulle abitudini di pagamento di Assifact, il tempo medio di pagamento di una fattura in Italia è di 74 giorni (34 giorni la media europea calcolata da Intrum Iustitia), con ritardi particolarmente gravi da parte della Pubblica Amministrazione: 104 giorni il tempo medio di pagamento contro 40 della media europea.
Al 31 dicembre 2018 quasi 11 miliardi di crediti in essere degli oltre 67 complessivamente in portafoglio alle società di factoring vedono come debitori enti e aziende del settore pubblico. Il 37% circa dei crediti delle imprese è vantato verso le Amministrazioni Centrali e circa il 32% verso gli Enti del Settore Sanitario. I crediti scaduti si aggirano intorno al 34% del totale, di cui il 67% scaduta da oltre un anno; in sostanza, il 23% circa dei crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione (quasi un quarto) è scaduto da oltre un anno.
Il settore degli enti del Servizio Sanitario Nazionale è quello che presenta la maggiore quota di scaduti: il 41%. “Oltre alle lungaggini nei tempi di pagamento – ha sottolineato il presidente di Assifact Fausto Galmarini – si sta purtroppo diffondendo un’altra cattiva abitudine che incide negativamente sulle imprese, che con le società di factoring sempre più spesso incontrano comportamenti di ostruzionismo alla cessione dei crediti che vantano verso enti del settore sanitario; i quali, in molti casi, rifiutano sistematicamente le operazioni di factoring o emettono delibere con cui dispongono un generale diniego e rifiuto per tutte le cessioni che dovessero pervenire all’ente, anche con l’indicazione di inserire nei contratti specifiche clausole di divieto di cessione dei loro debiti”. Gli enti che nel periodo di osservazione (2017 – 2018) hanno opposto almeno un rifiuto di cessione dei propri debiti di fornitura non riconducibile a problematiche della fornitura o che hanno emanato delibere volte a non accettare più alcuna cessione dei propri debiti di fornitura sono 134 di 19 regioni, il 55% circa del totale degli enti del Servizio Sanitario Nazionale censiti da Assobiomedica.
Significativo l’incremento del ricorso al cosiddetto reverse factoring, che in Italia oggi rappresenta il 9% delle operazioni (+36% nel 2018 rispetto al 2017): si tratta una formula che si utilizza nella catena della fornitura per iniziativa dell’impresa leader della filiera: in questo caso è il debitore (di qui la definizione di “reverse” factoring) che favorisce l’accesso al finanziamento e la cessione alle migliori condizioni dei crediti commerciali che i fornitori vantano nei suoi confronti e che esso riconosce presso la società di factoring. L’affermazione del reverse factoring è favorita dallo sviluppo e dalla diffusione di piattaforme digitali ad hoc, in molti casi create da startup innovative che si moltiplicano in questo segmento emergente del fintech. Il mercato potenziale della supply chain finance vale in Italia oltre 500 miliardi di euro.
Le esposizioni deteriorate lorde al 31 dicembre 2018 si riducono al 5,23% del totale, mentre l’incidenza delle sofferenze è ai livelli minimi degli ultimi anni: soltanto il 2,25% sul totale delle esposizioni.
Anche grazie ai livelli contenuti di rischio dell’operazione, il segretario generale Alessandro Carretta ricorda che “Per le imprese finanziarsi con il factoring ha un costo assolutamente competitivo: il tasso effettivo globale medio è 5,01% per operazioni fino a 50.000 euro e soltanto 2,60% oltre 50.000, rispetto ai tassi bancari che per anticipi e sconti risultano il 7,06% fino a 50.000 euro, il 5,03 da 50.000 a 200.000 e il 3,10% oltre 200.000, tassi che per le aperture di credito in conto corrente salgono al 10,74% fino a 5.000 euro 8,40% oltre”.
Nel corso del Annual Press Meeting i vertici di Assifact hanno lanciato una serie di proposte per migliorare l’operatività del factoring a vantaggio delle imprese:
· Eliminare il rischio di revocatoria nelle operazioni di cessione di crediti commerciali contro pagamento del corrispettivo ex L.52/91. Ne deriverebbero indubbi benefici alle imprese in termini di maggiore possibilità di accesso allo smobilizzo dei crediti, riduzione della tempistica di erogazione e dei costi.
· Facilitare l’acquisto dei crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione, modificando le norme di riferimento contenute nel Codice Appalti.
· Contrastare, a prescindere dagli auspicabili interventi normativi, taluni comportamenti di debitori pubblici finalizzati a rifiuti generalizzati delle cessioni dei crediti (in assenza di motivazioni oggettive).
· Modificare la Direttiva contro i ritardi di pagamento, anche con riferimento al tema della nullità delle clausole di incedibilità dei crediti commerciali
· Riconoscere le peculiarità del factoring nell’ambito della normativa europea di vigilanza prudenziale sui requisiti di capitale di banche/intermediari in relazione alla sua bassa rischiosità e differenziare il trattamento per i crediti scaduti derivanti da transazioni commerciali
· Non prorogare ulteriormente il ricorso allo split payment (pagamento dell’Iva sugli acquisti direttamente all’Erario invece che all’azienda fornitrice).