L’evoluzione regolamentare, il processo di digitalizzazione che sta trasformando lo scenario economico e sociale, la crescente affermazione dell’Insurtech che favorisce la disintermediazione del mercato, i progressi scientifici che concorrono all’incremento delle prospettive di vita e i cambiamenti climatici che aumentano i grandi rischi legati agli eventi naturali sono tra i principali fattori di cambiamento del mondo assicurativo. È quanto emerso dal convegno annuale di AIBA, dal titolo “Rivoluzione? Evoluzione!”, svoltosi nei giorni scorsi a Roma.
Nel corso del saluto introduttivo, il Presidente dell’Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, Luca Franzi de Luca, ha descritto a grandi linee l’evoluzione di un mercato assicurativo sempre più complesso: “Da un lato la crescente incidenza dei cambiamenti climatici, la digitalizzazione dei processi e dei servizi nonché, il progresso scientifico in termini generali, determinano il deciso aumento dei rischi da tenere sotto controllo, dall’altro lato il mercato si muove verso una graduale disintermediazione e un ampliamento dei canali di distribuzione. A questo si aggiungono le normative italiane ed europee che non semplificano la vita degli intermediari professionali, vista la mole di obblighi di compliance e incombenze burocratiche cui devono sottostare, senza peraltro che i consumatori ne abbiano diretti e immediati benefici. Noi come broker monitoriamo i rischi quotidianamente., per supportare i nostri clienti nell’individuare quelli che incombono sulla loro attività e adottare le più corrette strategie di mitigazione del rischio”.
Il filo rosso dei convegni AIBA degli ultimi anni è quello di cercare di comprendere i nuovi rischi che stanno cambiando più velocemente rispetto alla nostra capacità di adattamento.
Stefano De Polis, Segretario Generale Ivass, ha rimarcato come la sfida digitale sia senza precedenti, confermando la piena disponibilità al dialogo dell’Authority sui temi della digitalizzazione. “Credo sia giusto interrogarsi sull’impatto dell’evoluzione in atto anche per le prospettive del brokeraggio assicurativo. Con la nuova Direttiva Europea in materia di Distribuzione Assicurativa (IDD), le modalità di vendita e di post-vendita sono diventate importanti quanto la qualità del prodotto. All’obiettivo di dare priorità al cliente si associa il rischio di condotta che va correttamente gestito. La spiccata vocazione dei broker a essere presenti sui mercati internazionali assegna loro un ruolo importante a favore delle imprese, anche pubbliche, di ogni dimensione e complessità, che richiedono un servizio altamente professionale e ritagliato sulle loro specifiche caratteristiche di business. I broker devono quindi essere molto attenti nella scelta delle partnership internazionali, affinché siano sempre soddisfatte le attese di qualità e affidabilità del servizio. La digitalizzazione e la connessa dematerializzazione del business assicurativo, unitamente a una crescita esponenziale delle informazioni su clienti e rischi, estratte e prodotti con strumenti di intelligenza artificiale stanno modificando il tradizionale modo di fare assicurazione. Si creano nuove opportunità di mercato, ad esempio con l’offerta di coperture assicurative in modalità “push”, con l’accesso a piattaforme digitali che rendono possibile la realizzazione di pacchetti assicurativi su misura, anche complessi, con modalità innovative di servizi post-vendita ”.
Stefano De Polis ha poi aggiunto che “L’associazione tra dati tradizionali, le serie storiche, e nuove fonti di informazioni, non strettamente assicurativi, stanno cambiando il modo di quantificare il rischio e le riserve. L’EIOPA ha rilevato che un ulteriore set di dati sta entrando nella valutazione del rischio assicurativo. E’ quindi prevedibile un forte sviluppo del mercato delle assicurazioni cyber. Attualmente le coperture sono ancora in uno stato embrionale in Italia e poco diffuse in Europa. Uno studio condotto dall’Ivass sulle maggiori imprese italiane ha individuato tre tipologie di contratti cyber: circa 2.000 sono i contratti per la clientela retail e piccole imprese, con un valore assicurato medio tra 300 euro e 350.00 euro; 5.000 sono i contratti nello small business con un assicurato medio tra 30.000 e 250.000 euro; meno di 50 contratti nel segmento Large Corporate con un importo assicurato medio tra i 3 e i 20 milioni di euro, con un massimo di 50 milioni di euro. La potenzialità di crescita di questo ambito di mercato è evidente”.
Marco Giorgino, professore di financial risk management e financial markets and institutions al Politecnico di Milano, ha sottolineato che il cambiamento impatta sulla vita di tutti i giorni delle persone e delle aziende. “Facendo un’analisi del portafoglio rischi nel 2009 e quello di oggi ci accorgiamo di come il mondo sia cambiato nell’arco di 10 anni. Nel 2009 il mondo era particolarmente attento ai rischi di natura economico-finanziaria. Non che oggi non siano importanti, ma in una ottica di comparazione con le altre categorie di rischio, sono diventate meno determinanti, rispetto ad altre categorie. Nel 2009 i primi 5rischi per probabilità erano 4 di natura economica e 1 di natura sociale.
Se faccio lo stesso esercizio oggi, vedo che in termini di probabilità, 3 dei primi rischi sono di tipo ambientale, e 2 di tipo tecnologico. Quelli economici non rientrano nei primi 5. Il mondo è oggi preoccupato del fallimento delle politiche ambientali. Cito un dato. Ci sono 800 milioni di persone che vivono in 570 città costiere, dove da qui al 2050 è previsto un innalzamento medio del livello dell’acqua di 50 centimetri. C’è poi il tema sociale. Il mondo è oggi più ansioso e infelice., sostiene il World Economic Forum nell’ultimo Global Risk Report: ci sono 700 milioni di persone al mondo che hanno problemi di salute mentale che riguarda anche le aziende, in quanto molte di queste persone sono dipendenti di aziende. Aziende, soprattutto le più piccole, che hanno tanto bisogno di assistenza, di essere supportate in merito alla sostenibilità dei loro modelli di business. La sostenibilità non è solo ambientale, ma è anche prevedere se fra 5 o 10 anni l’impresa sarà ancora sul mercato”.
La presidente dell’ANIA, Maria Bianca Farina ha posto l’accento sulla velocità del cambiamento, che è il vero fattore di differenza rispetto al passato. “Tutti i trend, rischi demografici, cambio generazionale, climate change, rivoluzione digitale, sono tra loro interconnessi. Quindi per caprine l’impatto sul sistema e sui nostri clienti è necessario un approccio olistico. Bisogna cioè considerarli nel loro complesso. Continueremo essere in grado di gestire, con la cura e l’attenzione di sempre questo cambiamento che non ci ha trovati passivi”.
Farina si sofferma inoltre a considerare gli effetti della rivoluzione tecnologica sul modo di fare assicurazione: “Sta cambiando l’approccio verso il cliente e in questo quadro, il cambiamento più importante è che stiamo andando verso una partnership tra compagnie, broker e assicurato, che ha come tema centrale proprio la gestione del rischio. L’assicurato non è più un soggetto passivo che affida il rischio e attende l’indennizzo nel momento in cui il danno si manifesta. Il nuovo modo di fare assicurazione vede un assicurato proattivo nella gestione del rischio, con l’assicuratore che mette a disposizione tutto il suo know-how in termini di cultura di risk management, di servizi per agire nella direzione della prevenzione e della resilienza. I broker in questa evoluzione occupano un ruolo fondamentale. Il broker quasi si identifica nei bisogni del cliente. Studia, e cerca le soluzioni migliori. Quindi, io vedo in questa collaborazione l’essenza del nostro modo di fare assicurazione”.
L’evento è proseguito con una tavola rotonda che ha messo a confronto alcuni esperti del settore, docenti universitari e broker. Secondo Claudio Cacciamani, Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali, Università degli Studi di Parma, la relazione con il cliente richiede tempo, che va retribuito. “Nel mondo dell’informazione e dei dati occorre che i broker rivalutino e facciano apprezzare dai clienti la relazione. Questa permette di conoscere al meglio il cliente e di personalizzare soluzioni di gestione dei rischi che, altrimenti sarebbero standard. Ciò richiede tempo, competenze e investimenti. Tuttavia, in caso contrario, si rischia di trasformare la professione di intermediario in quella di un mero mediatore, in questo esponendolo alla concorrenza delle moderne tecnologie che possono offrire non consulenza, ma alternative non ritagliate su misura. Solo con un corretto e impiego di tempo per il cliente unito a forti competenze, i broker non solo possono riaffermare il proprio ruolo di professionisti del rischio, ma ottenere successo nella salvaguardia del patrimonio imprenditoriale delle aziende nazionali.”
Giorgio De Rita Segretario Generale del Censis ha tratteggiato un quadro sulle dinamiche della società che si interconnettono con le nuove famiglie di rischio. “Le nostra aspettative di vita sono le più alte al mondo insieme ai giapponesi, siamo una delle principali economie e gli standard di vita sono ai più alti livelli del mondo. Quindi parliamo di un Paese che sta bene ma che da qualche anno soffre, per due ragioni. La prima è che la società italiana è caratterizzata da un rancore crescente. Rancore che è regressivo, spinge alla chiusura e alla sfiducia di tutti. La seconda ragione è che la società italiana vede il futuro incollarsi al presente. Tutto è giocato sull’oggi. Il problema è l’incapacità di guardare al futuro che ha due motivazioni di fondo. La prima è lo smantellamento dell’ascensore sociale. Sono 10 anni che i redditi sono fermi. Gli investimenti sulla formazione dei figli e quelli sulla crescita sociale sono fermi. La possibilità di migliorare le condizioni economico-sociale rispetto a quelle dei nostri genitori, o delle generazioni precedenti sono ridotte al lumicino. Questo di fatto crea quel sentimento rancoroso di incapacità di investire. Dentro questo meccanismo di smantellamento, c’è la crescita della diseguaglianza. Pensiamo al sistema sanitario, straordinario strumento di riduzione delle diseguaglianze negli ultimi 40 anni, e di inclusione sociale, con tutti i suoi difetti e criticità. Oggi non è più così. La crescita della spesa privata in sanità che vale circa il 25% della spesa totale, sta determinando delle forti diseguaglianze. La famiglia di operai si trova un carico di spesa sanitaria più elevato della famiglia dei professionisti, che ovviamente va a incidere sul reddito.
La seconda motivazione è che viviamo un’epoca in cui la visione sistemica è venuta meno. Non a caso si parla di ecosistema. E in questa dimensione di ecosistema, cambia completamente il modello di relazione. Veniamo da una idea di organizzazione sociale in cui ogni parte era funzionale al resto, nel sistema sanitario, nel sistema assicurativo, nel sistema bancario e via di questo passo. Oggi non è più così. Oggi viviamo degli ambienti con tanti soggetti che cercano di trovare un proprio spazio di azione, un proprio modello di sviluppo. Assistiamo quindi a una individualizzazione dei comportamenti, in cui le nuove tecnologie giocano una parte importante, e vediamo un cambiamento nel sistema di partnership tra fornitore e fruitore del servizio, dove il rapporto fra assicuratore e assicurato non è più un rapporto di categoria, di classe sociale, di appartenenza, ma è tutto un rapporto giocato sull’individualismo. Questa doppia caratteristica di blocco dell’ascensore sociale e di individualizzazione dei comportamenti all’interno di ecosistemi sempre più complessi, di fatto alimenta questo ciclo del rancore. Ciclo del rancore che è un grande rischio. Se alla fine tutto si traduce in una paura del futuro, il paese avvizzisce”.
Si fa un gran parlare di rischi climatici, ma ancora oggi solo il 2% delle abitazioni degli italiani sono tutelate dai rischi di inondazione. Fino al 2009 le catastrofi naturali hanno avuto un costo medio annuo nel nostro Paese di circa 3,5 miliardi di euro, ma dal 2010 a oggi la spesa è decisamente aumentata, fino a toccare il tetto record dei 7 miliardi in un anno, attestando il nostro Paese al settimo posto della classifica mondiale stilata dalle Nazioni Unite sui danni economici causati dalle catastrofi naturali. “Il tema è oggetto di negoziati planetari molto complicati, che però hanno avuto un punto di svolta nel 2015 con l’accordo di Parigi che ha impegnato tutti i Paesi a fare tutto ciò che è necessario per contenere l’incremento della temperatura al di sotto dei 2 gradi, auspicabilmente al di sotto dell’1,5″, ha spiegato Stefano Pareglio, professore associato di Economia dell’ambiente e delle fonti di energia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Inevitabilmente, il cambiamento climatico produce degli effetti economici diretti e indiretti sulle aziende. “La finanza – ha aggiunto Pareglio – chiede al mondo delle imprese di rendicontare la gestione del processo di transizione verso il 2030, quando le emissioni dovranno essere tagliate del 45%, prima di raggiungere nel 2050 la neutralità carbonica, cioè la quantità di emissioni che ancora ci sono compensate da qualche forma di offsetting. La transizione energetica diventerà il driver del cambiamento delle abitudini e anche dei mercati dei capitali, dove esiste una ipotesi di riforma che prevede di imporre alle imprese di conteggiare anche l’impatto del cambiamento climatico sul loro modello di business. Se consideriamo che l’adattamento della domanda di energia al cambiamento climatico vale 900 miliardi di dollari all’anno di investimento, siamo di fronte a una perdita ma al tempo stesso a un’opportunità”.
Il Presidente di AIBA, Luca Franzi de Luca, si è soffermato sul cyber risk, un rischio emergente, “complesso da quantificare, da circoscrivere e da comprendere. Di fronte a queste oggettive complessità la prima soluzione da ricercare è di creare un dialogo, adattando la nostra capacità di relazione alla capacità di comprensione dell’interlocutore, per individuare la soluzione puntuale”.
Franzi ha inoltre evidenziato come nell’epoca dell’Industry 4.0 “non sempre le imprese prestano la dovuta attenzione ai benefici prospettici derivanti da una puntuale strategia di mitigazione dei rischi cyber. L’offerta tradizionale reperibile sul mercato rischia di non essere sempre adeguata, per via della previsione di esclusione dei cyber risk dalle coperture property & casualty. Di contro, le coperture specifiche sui cyber risk, tendono a escludere le lesioni e i danni materiali. Quindi, servono nuove soluzioni “stand alone” per garantire la longevità delle aziende, ma è altrettanto fondamentale mantenere un attentissimo presidio su quelli che possono risultare essere i rischi non trasferiti al mercato assicurativo”.
Oggi tutti cercano di trovare una risposta ai propri bisogni, ma in un mondo che cambia in maniera così rapida , talvolta si trascurano rischi ai si è esposti da tempo. “Parliamo dei rischi di natura catastrofale – ha precisato Franzi – ma anche di quelli che sono i danni indiretti riconducibili ai rischi di natura catastrofale. Allora, la copertura assicurativa ha l’obiettivo precipuo di garantire la stabilità di un sistema. Avviene un qualcosa di dannoso, interviene l’assicuratore sotto il profilo finanziario, consentendo di assorbire l’impatto finanziario e quindi di garantire la longevità del sistema. Il rischio catastrofale, che oggi assume profili sempre più preoccupanti, non li tutela al 100% ma, ad esempio, prevede dei limiti in percentuale. Quindi si rade al suolo lo stabilimento, l’assicurazione interviene fino al 50, 60, 70%. E la restante parte chi la paga”?
Un altro aspetto portato alla luce da Franzi riguarda il mondo della salute. “Oggi c’è un accesso sempre maggiore alla spesa out of pocket che è solo in parte intercettata dal mercato assicurativo con delle soluzioni che non sempre sono adeguate. L’impatto delle malattie mentali, che secondo l’OMS saranno la patologia più diffusa al mondo nel 2030, avrà delle importanti conseguenze anche in termini di continuità delle attività produttive. Su questo tema il mercato assicurativo è chiamato a profonde riflessioni, considerato che le coperture offerte dal mercato tradizionale, come la rimborso spese mediche, la infortuni e l’invalidità permanente da malattia, tendono a escludere non tanto la malattia in quanto tale, ma i soggetti portatori indipendentemente dalla correlazione del rischio esistente”.
“Va quindi reinventato un sistema che favorisca coloro che acquistano le coperture da un punto di vista fiscale – ha aggiunto Franzi – ma soprattutto spinga le imprese a immettere sul mercato polizze più performanti che in ultima analisi diano effettivamente risposta nel momento del bisogno e non finiscano per diventare un ulteriore momenti di rancore a incrementare ulteriormente la disillusione nel momento dell’attesa della prestazione”.
In conclusione Franzi ha ribadito l’importanza di creare “una partnership a tre attori., fra compagnie, broker e cliente, il quale deve essere in grado di comprendere in maniera puntuale quelli che sono i rischi che corre, e comprendere anche i limiti che pone il mercato assicurativo. questo può fungere da stimo a riaffermare quel principio mutualistico ancora atteso. Oggi la grande opportunità è lavorare insieme per reinventare un sistema in cui le polizze siano più performanti e adeguate al bisogno e dove i broker facciano sentire la propria voce, favorendo un percorso virtuoso che parta dall’ascolto e una partnership come punto di equilibrio fra i bisogni del mercato e quelli dell’assicurato.