Il 2018 è stato caratterizzato dalla volatilità del mercato mondiale del petrolio a causa di diversi fattori: in particolare, l’offerta è stata colpita dalle sanzioni statunitensi imposte all’Iran e al Venezuela, la domanda risente delle preoccupazioni legate all’impatto di una guerra commerciale e delle conseguenze di un ciclo economico che ha superato l’apice di crescita.
Per il 2019, Coface stima che il prezzo del brent si attesterà a 65 dollari in media, dal momento che le incertezze che hanno segnato il 2018 dovrebbero persistere anche quest’anno.
L’anno scorso, Brasile e Messico, le più grandi economie dell’America Latina, hanno eletto nuovi presidenti, le cui politiche energetiche hanno costituito un elemento chiave delle campagne elettorali. A medio termine, in un contesto di volatilità del mercato mondiale del petrolio, prendono direzioni divergenti.
• In Messico, il Presidente di sinistra Andrés Manuel López Obrador, fervente critico della riforma energetica del 2013 che ha aperto il mercato dell’energia agli investimenti privati, sembra adottare una posizione più difensiva rispetto al settore privato per quanto riguarda l’industria petrolifera. In particolare, sono state sospese nuove gare d’appalto per tre anni, è stata indetta la costruzione di una raffineria costosa al fine di ridurre la dipendenza dalle importazioni di carburante proveniente dagli Stati Uniti, il predominio dell’impresa petrolifera pubblica Pemex sul settore si è amplificata, malgrado l’indebitamento allarmante e il recente peggioramento della sua valutazione creditizia. Nel quadro di un business plan della durata di sei anni, l’obiettivo di Pemex è aumentare la produzione a 2,48 milioni di barili al giorno entro il 2024, ambizione che appare irreale, considerando il volume degli investimenti necessari ad invertire la tendenza al ribasso della produzione petrolifera. L’agenzia internazionale di rating Fitch Ratings1 ha dichiarato che l’impresa avrebbe bisogno di investimenti compresi tra i 12 e i 17 miliardi di dollari per porre fine al calo della produzione e delle riserve (circa l’1,2% del PIL del Messico). Il mercato teme sempre più che la politica energetica attuale possa compromettere l’equilibrio fiscale dell’impresa, mettendo in pericolo anche quello del paese.
• In Brasile, i piani del nuovo governo di destra in termini di industria petrolifera potrebbero portare a prospettive migliori. Nei prossimi anni si prevede un incremento della produzione petrolifera. Nel rapporto di marzo, l’OPEC ha sottolineato che il Brasile si vanta di registrare il secondo più forte aumento della produzione annuale di petrolio nel campo non-OPEC nel 2019, aggiungendo 360.000 barili al giorno (b/g), preceduto solo dal gas di scisto statunitense. Il piano di resilienza dovrebbe aiutare l’impresa petrolifera pubblica Petrobras a ridurre ulteriormente l’indebitamento e ottimizzare la creazione di valore degli investimenti dell’impresa, fornendo al contempo opportunità per gli investitori privati.
“La forte volatilità del mercato petrolifero continuerà a rappresentare una costante anche nel 2019, imponendo ai principali Paesi protagonisti del mercato un adattamento ai nuovi paradigmi”, ha sottolineato Ernesto De Martinis, CEO di Coface in Italia e Head of Strategy della Regione Mediterraneo & Africa. “In particolar modo, darà interessante vedere come Messico e Brasile – le più grandi economie dell’America Latina – intenderanno portare avanti le proprie politiche energetiche, che già da ora sembrano avere destini divergenti”, ha aggiunto De Martinis.