Dl Crescita / Gli enti incassano l’abrogazione del vincolo sul 3,5% del patrimonio. Ma sono pronte a discutere col governo per sostenere l’economia, spiega il presidente dei commercialisti Anedda
di Anna Messia
Gli enti previdenziali hanno vinto. Nell’articolato del decreto Crescita circolato ieri non c’è più traccia della norma che obbligava le casse a destinare il 3,5% del proprio patrimonio al venture capital per ottenere agevolazioni fiscali. Un articolo, presente nel documento approvato il 2 aprile scorso, che era stata subito considerato inapplicabile dal settore. «Il venture capital, per definizione un investimento rischioso, poco si adatta agli enti previdenziali, che preferiscono investimenti di lungo termine a basso rischio», osserva Walter Anedda, presidente della cassa di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, il quale aggiunge però di essere pronto a sedersi al tavolo con il governo per condividere progetti a sostegno l’economia italiana.
Domanda. Perché vi siete opposti alla norma sul venture capitale?
Risposta. Destinare il 3,5% del nostro patrimonio a questi investimenti sarebbe stata una contraddizione. Nel nostro caso, con asset di circa 8 miliardi, avremmo dovuto investire circa 270 milioni in venture capital aumentando il rischio dei nostri investimenti e andando incontro a segnalazioni da parte degli stessi ministeri che vigilano sul nostro operato per verificare che i rischi non siano eccessivi. L’intero settore avrebbe dovuto investire circa 3 miliardi e non credo che in Italia di sia oggi un’offerta in venture capital capace di assorbile una tale domanda.
D. Parlando di investimenti, le casse continuano a muoversi in ordine sparso. Sono anni che si attende la pubblicazione di un decreto da parte del ministero dell’Economia. A che punto è la situazione?
R. Abbiamo avviato un tavolo con i ministeri competenti. La discussione è aperta e le casse chiedono di trasformare il decreto in un regolamento che definisca delle linee guida lasciando autonomia agli enti per tenere conto anche delle differenze tra grandi casse ed enti più piccoli. Ci sarà però bisogno di una modifica legislativa, quindi i tempi non saranno velocissimi. Ma c’è già uno schema di regolamento Adepp che le casse considerano come punto di riferimento. Noi preferiamo la strada dell’autoregolamentazione.
D. Più volte si è parlato di un coinvolgimento della casse per sostenere l’economia italiana. Sareste disponibili?
R. Già oggi il sostegno è massiccio. Nella nostra cassa investiamo 700 milioni in private equity, private debt e infrastrutture e la soglia sale a 1 miliardo se di considerano gli immobili. Saremmo pronti a condividere un progetto più ampio con il governo purché si tratti di investimenti di qualità e a patto che venga salvaguardata l’autonomia delle singole casse nell’adesione al progetto.
D. Magari prevedendo anche ulteriori vantaggi fiscali…
R. Ovviamente sono utili ma non sono i vantaggi fiscali a fare la differenza. Gli investimenti devono essere appetibili dal punto di vista del rischio-rendimento. In questo decreto Crescita avremmo voluto un altro intervento. Ovvero incrementare con il 5% dei rendimenti la percentuale da destinare all’assistenza e al welfare dei nostri iscritti, anche a vantaggio dei giovani. Ma purtroppo non ce n’è traccia. (riproduzione riservata)
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