Dopo il flop con Deutsche Bank, Commerz torna sul mercato e finisce nel mirino delle grandi banche europee. Per gli analisti sarà la prima tappa di una nuova stagione di aggregazioni. Ecco chi è pronto a muovere le truppe
di Francesco Bertolino e Luca Gualtieri
Il mancato matrimonio tra Deutsche e Commerz ha bruscamente svegliato il sistema bancario europeo da un letargo decennale, creando le premesse per una nuova stagione di aggregazioni. La fusione, combinata dal ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, è fallita per le proteste dei sindacati a causa del paventato taglio di 30-40 mila dipendenti, e per il mancato appoggio del partito di maggioranza, la Cdu di Angela Merkel. Non per questo Commerz si è chiamata fuori dal risiko. Al contrario. Alla porta del ceo, Martin Zielke, potrebbero presto bussare Unicredit , Ing e Bnp Paribas . L’istituto guidato da Jean Pierre Mustier, già presente in Germania con Hvb, è ben posizionato, ma deve guardarsi dalla concorrenza europea.
Nelle scorse settimane il ceo di Ing, Ralph Hamers, ha proposto a Zielke una fusione transfrontaliera. Per ottenere l’approvazione del governo di Berlino (azionista di Commerz al 15,6%) il gruppo olandese si è detto disponibile a ridurre al minimo i tagli al personale e a scegliere Francoforte come sede della nuova entità. In questi giorni, però, favorita sembrerebbe essere la francese Bnp Paribas , sostenuta da alcuni ambienti dell’esecutivo di Berlino e dell’establishment finanziario tedesco. E, sebbene il gruppo guidato da Jean-Laurent Bonnafé capitalizzi oltre sei volte più di Commerz e rischi a tutti gli effetti di fagocitare il gruppo tedesco, già da qualche mese le sue avance sono accolte con interesse.
Quale che sia l’esito della partita, le grandi manovre attorno a Francoforte non sono destinate a rimanere un caso isolato in Europa. Negli ultimi 10 anni si sono avute pochissime aggregazioni nel settore bancario, complici la crisi economica e la crescente complessità regolamentare. Ma oggi ci sono le condizioni per invertire la tendenza. Da un lato, in uno scenario caratterizzato da tassi zero e da un progressivo rallentamento economico, la scala si conferma lo strumento più efficace per realizzare sinergie di costo e ricavo. Dall’altro, la concorrenza di fintech e big tech si sta facendo sempre più serrata, come dimostrano il consolidamento di Google Pay e Apple Pay sul mercato europeo. C’è poi un terzo fattore che potrebbe mettere in moto il risiko bancario.
Da tempo l’Europa è nel radar dei grandi istituti americani, che oggi potrebbero trovare più di un’occasione di acquisto. Anche alcune banche europee hanno fame: basti pensare al Santander, che oggi capitalizza oltre 72,8 miliardi (quasi il doppio di Intesa ) e che nel nuovo piano industriale ha stanziato un budget di 20 miliardi, o alla stessa Bnp Paribas , che ha un valore di mercato di 58,6 miliardi. Difficile dire se questa nuova stagione di aggregazioni produrrà anche deal transfrontalieri. In questa direzione si è recentemente espresso il nuovo responsabile della Vigilanza Bce Andrea Enria («Non mi piace l’idea dei campioni nazionali»), ma i banchieri si muovono con grande cautela. Anche perché in ambito internazionale le sinergie sono meno ovvie e le complessità, anche culturali e politiche oltre che operative, assai elevate.
Ma che risiko sarà? Le prossime aggregazioni potrebbero portare al superamento del modello di banca universale che si è imposto in Europa nel secolo scorso. Grandi gruppi a vocazione principalmente retail potrebbero prendere forma accanto a colossi del corporate & investment banking con una sempre più netta separazione tra le funzioni. Acquisire massa critica sarà fondamentale soprattutto per le banche d’affari, che negli ultimi dieci anni hanno subito la concorrenza dei grandi gruppi americani: basti pensare che, secondo i dati di Dealogic, la quota di mercato dell’investment banking europeo a livello globale è scesa dal 39% del 2007 al 26% del 2018 mentre quella dei colossi Usa è balzata dal 46% al 52%. Il consolidamento è insomma l’unica strategia per uscire dall’angolo e ridare fiato ai bilanci in un periodo di forte criticità per il settore. Aggregarsi sarà una strada obbligata anche per le banche retail, oggi sempre più incalzate da fintech e bigtech nell’offerta commerciale. Ci sono insomma tutte le premesse per un nuovo giro di valzer di aggregazioni
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