I cda annunciano di aver interrotto le trattative per l’unione
Sewing (ceo Deutsche): troppi rischi di esecuzione, costi di ristrutturazione e requisiti di capitale. Ma apre a future intese: saremo protagonisti del consolidamento. Le trattative con Ubs per Dws
di Francesco Bertolino
Auf Wiedersehen super-banca tedesca. Con una nota i board di Deutsche e Commerzbank ieri hanno annunciato l’interruzione delle trattative per la fusione. «Era giusto valutare questa opzione di consolidamento domestico in Germania», ha scritto il ceo di Deutsche, Christian Sewing, «ma questa operazione non avrebbe creato benefici sufficienti a compensare gli aggiuntivi rischi di esecuzione, costi di ristrutturazione e requisiti di capitale associati a un’integrazione di così larga scala». Fallisce così il progetto di creare un nazionale tedesco del credito in grado di supportare la grande industria tedesca. Un sogno a lungo coltivato dal ministro delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, e dal suo vice, l’ex Goldman Sachs Joerg Kukies.
Un incubo per diversi azionisti di Deutsche, preoccupati dai 10 miliardi di capitale fresco necessari a un’unione molto politica e poco economica. Un incubo soprattutto per i sindacati, inferociti per il drastico taglio del personale, previsto ufficiosamente fra le 30 e le 40 mila unità. Le proteste di piazza contro gli esuberi hanno fatto perdere alla fusione, già priva del sostegno del mercato, anche quello politico: nessun partito ha voluto intestarsi la misura, specialmente a poche settimane dalle elezioni europee. Ieri la Cdu di Angela Merkel ha scaricato il ministro delle Finanze. «A parte Scholz e Kukies nessuno voleva questa fusione», ha detto Olav Gutting, esponente Cdu nella commissione Finanze. In un’intervista alla Bild, Sewing ha invece parlato di «un’opportunità storica» sfumata e si è detto «sorpreso dalla resistenza di clienti, dipendenti e di alcuni azionisti». Una posizione sorprendente da parte del ceo di Deutsche che in precedenza era parso scettico su opportunità e tempistica delle nozze. All’opposto, il suo omologo in Commerz, Martin Zielke, da sempre considerato favorevole al matrimonio combinato, ha salutato con soddisfazione «l’atto di chiarezza». Il tramonto di Db-Commerz potrebbe creare poi qualche grattacapo al presidente di Deutsche, Paul Achleitner, anch’egli ex Goldman. Su Achleitner pende la mozione di sfiducia dell’azionista Riebeck-Brauerei in vista dell’assemblea del 23 maggio. L’anno scorso identica richiesta era stata respinta con il 92% dei voti. Allora il proxy advisor Iss aveva consigliato ai soci di dare ad Achleitner «un’ultima chance». Al momento, comunque, ribaltoni paiono improbabili.
Il fallimento di Db-Commerz è stato accolto con favore dagli analisti, con timore dal mercato: Commerz ha perso il 2,3% a Francoforte, Deutsche l’1,5%. Pesa l’incertezza sul futuro delle due banche. Se per Commerz i pretendenti non mancano, ci si chiede se Deutsche abbia le forze per ballare da sola. In proposito Sewing ha detto: «Mi aspetto ancora nei prossimi anni un consolidamento bancario in Europa a cui non voglio fare soltanto uno spettatore, ma partecipare da giocatore». Difficile, però, che a breve la banca possa trovare un partner all’altezza dei suoi grandi attivi e degli altrettanto grandi problemi. Unioni più circoscritte non sono tuttavia da escludere. Prima fra tutte quella nel risparmio gestito. Dws, l’asset management di Db, ha attirato l’interesse di Allianz , Amundi e Ubs. Quest’ultima pare in vantaggio sui concorrenti perché la fusione alla pari con l’asset management di Ubs consentirebbe a Deutsche di mantenere il controllo di Dws. Interrogato sull’ipotesi, il ceo di Ubs, Sergio Ermotti, si è trincerato dietro un «no comment». Anche per l’investment banking di Deutsche potrebbe rivelarsi benefica una partnership simile, magari – ma è solo una suggestione – ancora con Ubs che condivide con Db la difficoltà a reggere la concorrenza americana nel settore (l’utile della divisione è sceso del 64% nel primo trimestre).Ieri intanto Deutsche ha fornito qualche anticipazione sui conti trimestrali, superiori alle attese: l’utile dovrebbe attestarsi a 200 milioni, i ricavi a 6,4 miliardi, il Cet1 a 13,7%. (riproduzione riservata)
Ora Commerz torna sul mercato
Dopo il passo indietro è più probabile un merger transnazionale. Unicredit sarebbe il candidato ideale, per la forte presenza nel Paese tramite Hvb. Ma si guarda anche all’olandese Ing e alla francese Bnp Paribas. Però non si esclude un dietrofront dei tedeschi
di Luca Gualtieri
«Penso che sia una notizia eccellente». Così ieri la notizia della rottura tra Deutsche Bank e Commerzbank è stata accolta da un top manager di Lyxor Asset Management, uno dei maggiori azionisti di Commerz. «Mi aspetto che adesso la banca valuti un’aggregazione alternativa con un altro istituto europeo. I pretendenti più probabili sono l’italiana Unicredit e la francese Bnp Paribas », si è confidato a Reuters Fabrice Theveneau, responsabile global equities di Lyxor. Parole che riassumono le speculazioni circolate ieri nelle sale operative, anche italiane. La rottura delle trattative con Deutsche Bank ha riaperto infatti scenari alternativi per Commerzbank e gli occhi del mercato sono puntati soprattutto su Unicredit che per più di una ragione viene ritenuto il partner ideale. La banca guidata da Jean Pierre Mustier è già presente in Germania con Hvb, le due banche hanno una buona compatibilità industriale (forte nel corporate Unicredit, ben posizionata nell’asset management e nella clientela retail Commerz), l’integrazione svilupperebbe importanti sinergie di costo e l’esposizione al rischio Italia sarebbe più bassa con notevoli vantaggi in termini di costo del funding. Soprattutto il minor peso specifico di Commerz bank(che oggi capitalizza 9,6 miliardi) consentirebbe a Unicredit di acquisire la banca senza passare attraverso uno scivoloso merger of equals. Con tanti punti a favore non stupisce che il dossier circoli da molto tempo ai vertici della banca italiana. Se già nel 1999 Alessandro Profumo aveva tentato di coinvolgere la banca tedesca allora guidata da Rolf Breuer nel progetto Eurobanca, cioè la fusione tra Unicredito e Comit (di cui Commerzbank era azionista al 5%), un paio di anni dopo i contatti ripresero per arrivare a una fusione. Le discussioni si conclusero però con un nulla di fatto, complice la caduta dei mercati post-11 settembre. Unicredit si consolò qualche anno dopo con l’acquisizione di Hvb, ma ai vertici della banca italiana il dossier Commerz non è mai stato messo da parte. Ma oggi gli elementi di incertezza sicuramente non mancano. A partire dal ruolo di Berlino, che è azionista al 15% della banca tedesca e ha spinto finora per una soluzione tutta tedesca con Deutsche Bank . In aggiunta, qualora la banca di Francoforte tornasse davvero sul mercato, Unicredit dovrebbe quasi certamente fare i conti con la concorrenza di altri gruppi europei. Nelle scorse settimane ad esempio l’amministratore delegato di Ing, Ralph Hamers, ha proposto una fusione transfrontaliera al ceo di Commerz, Martin Zielke. Per rendere più appetibile la proposta il gruppo olandese è disponibile a scegliere Francoforte come sede della nuova entità. Hamers ha promesso inoltre di effettuare un numero ridotto di tagli ai dipendenti rispetto alla riduzione drastica di 30 mila persone (oltre il 20% del totale) prevista nella fusione Comemerzbank-Deutsche Bank , un fatto decisamente contrastato dai sindacati in Germania.
L’altro pretendente alla finestra è la francese Bnp Paribas . L’istituto di credito guidato da Jean-Laurent Bonnafé si era già fatto avanti negli anni scorsi, suscitando reazioni contrastanti nella politica e nell’opinione pubblica tedesche. Se infatti alcuni ambienti dell’esecutivo vedrebbero con favore l’intervento del gruppo francese su Commerzbank , altri temono che il peso specifico del compratore (che oggi capitalizza oltre sei volte più della preda) possa spostare drasticamente il baricentro del nuovo gruppo su Parigi. La partita insomma resta aperta e non si possono escludere marce indietro. Alcuni banchieri infatti ieri hanno accolto con scetticismo la notizia della rottura con Deutsche Bank , leggendovi una ritirata tattica in vista delle elezioni europee più che un dietrofront definitivo. Si vedrà, nel frattempo advisor e studi legali pregustano parcelle milionarie. (riproduzione riservata)
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