di Valerio Testi
L’accordo triennale di collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Poste rappresenta una interessante novità e dimostra, da un lato, il modo in cui si possa sfruttare (da parte della banca) una rete di collocamento, l’unica così capillare sul territorio nazionale, composta da poco meno di 13 mila sportelli. E dall’altro come chi possiede la rete (Poste) possa fruire delle sinergie con operazioni tipicamente bancarie. La prima collocherà, tramite degli sportelli postali, mutui, prestiti personali, prodotti finanziari e del risparmio gestito di Eurizon; la seconda si avvarrà degli sportelli di Intesa e della rete di Banca5 controllata dalla stessa Intesa , nonché dei collegamenti remoti, per piazzare i propri, diversi servizi di pagamento. Lo scopo di entrambi i soggetti che hanno stipulato l’intesa è raggiungere, attraverso gli sportelli postali e le agenzie bancarie, più di 40 milioni di possibili clienti, mettendo insieme quelli di Poste (oltre 30 milioni) e quelli di Intesa (oltre 10 milioni).
Poste, poi, è impegnata anche nel progetto della realizzazione di accordi con altri soggetti in materia di assicurazione del ramo-danni. Insomma, la collaborazione con Intesa è frutto di una visione lucida riguardo all’essenzialità della rete fisica per mantenere i rapporti con una clientela prevalentemente (ma non solo) al dettaglio, senza escludere l’integrazione con i potenti sviluppi in atto della digitalizzazione. Il rapporto diretto con il cliente, la possibilità di colloquiare e di illustrare compiutamente gli aspetti di un’operazione, quando non li si conosca, l’azione di promozione restano ancora un particolare valore, di cui la prima banca italiana dimostra di essere ben consapevole. Naturalmente questa intesa ripropone il problema di una chiara definizione della missione di Poste aperta al mercato, di pari passo, da un lato, con la riduzione della funzione svolta dal servizio universale di consegna dei recapiti e mentre si sviluppa il ruolo nel campo delle tecnologie della telecomunicazione; dall’altro, con la crescita dell’impegno nel campo finanziario e assicurativo del ramo vita.
L’argomento richiama anche i rapporti con la Cdp per la quale, del pari, si dovrà mettere a fuoco la missione, mantenendo però inalterato l’attuale assetto proprietario formato dal Tesoro, azionista di maggioranza, e dalle Fondazioni, essenziali socie di minoranza. La chiara definizione dell’organizzazione e delle finalità di Poste, come dei limiti della sua azione, è non solo opportuna ma anche necessaria per evitare che si possa ritenere il ruolo confliggente con le regole della concorrenza e del libero mercato e anche che l’attività si ritenga di fatto di natura bancaria, priva però della necessaria autorizzazione e senza par condicio nel sistema.
Qualcuno potrebbe obiettare che oggi siamo lontani da tali rischi e che, anzi, un accordo quale quello in questione evidenzia proprio l’osservanza dei limiti da parte di Poste -che non molto tempo fa ha ceduto a Invitalia anche la proprietà della Banca del Mezzogiorno con un’operazione per la verità non sufficientemente chiara- nonché l’intento di mantenere corretti rapporti nel sistema. Non si sfugge, però, all’esigenza di assoluta chiarezza sulla missione e alla necessità che ciò sia assistito da un’adeguata comunicazione, rifuggendo da ruoli ibridi. Sono proprio le sinergie opportunamente ricercate e realizzate che postulano la conoscenza e la trasparenza sui disegni e sugli indirizzi strategici, relativamente a ciò che si fa e a ciò che si vorrà fare da parte di Poste. La partecipazione significativa detenuta dal Tesoro rafforza tale esigenza.
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