Domani si tiene l’assemblea annuale di bilancio delle Generali . L’occasione è stata colta, nelle cronache e nei commenti, per riflessioni sul rapporto con Mediobanca e di questa con il proprio primo partecipante che è Unicredit . Entro il 2019 l’istituto guidato da Alberto Nagel dovrà, in base alle vigenti norme, scendere nella partecipazione nella compagnia al 10% (o anche sotto tale livello). Pur presentato come un avvenimento quasi ordinario, si tratterà, invece, di un passaggio fondamentale che potrebbe anche aprire a successivi cambiamenti nei prossimi anni, anche con riferimento alla necessità, che prima o poi diventerà ineludibile se solo si considera che se ne parla come di una viva esigenza da circa un quindicennio, di un aumento di capitale del Leone che gli consenta di potere affrontare la concorrenza ad armi completamente pari con Axa e con Allianz , piuttosto che ipotizzare di ritrarsi da quelle aree in cui è più forte la competizione.
Le risorse professionali e organizzative di cui la compagnia triestina guidata da Philippe Donnet dispone -nonchè la sua storia- richiedono un più forte protagonismo in Italia e all’estero in tutti i settori di competenza. Il tentativo, poi abortito, di acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo è stata una campana i cui rintocchi sono stati fortissimi, per cui sarebbe grave se non fossero stati uditi e a essi non si desse coerente sviluppo. Un bis in idem non avrebbe probabilmente lo stesso esito di inazione. Per connessione, si attende che diventi più chiara la strategia che Unicredit versione Mustier intende impostare nei confronti di quella che, come il ceo ebbe modo di dire, è una delle tante partecipazioni della banca da lui rappresentata.
Il collegamento con il ruolo della stessa Mediobanca nelle Generali è evidente. Nei mesi scorsi non sono mancate sollecitazioni da parte di Mustier alla partecipata sul piano strategico e operativo. D’altro canto, come banca universale Unicredit è nelle condizioni normative e funzionali di poter operare in tutti i settori in cui interviene l’istituto che fu di Cuccia. Quest’ultimo non è più da tempo quella banca che, in quanto tricefala (istituto di credito a medio e lungo termine, merchant bank e holding di partecipazione) allorché nessun altro istituto avrebbe potuto esserlo, godeva di una condizione quasi monopolistica nel mercato del credito. Oggi cerca di combinare, in maniera non facile , un’attività da banca d’investimento con un intervento nel campo retail e di credito al consumo: un raccordo che non rappresenta certo, sotto il profilo istituzionale, l’optimum possibile. Ipotesi solo appena coltivate in passato di possibili aggregazioni tra Unicredit e Mediobanca ritornano di tanto in tanto, anche se poi non sopravviene nulla di ufficiale e si ritorna nella formulazione astratta delle diverse possibilità senza sbocchi concreti. Insomma, il quadro di queste relazioni non è stabilizzato per i prossimi anni. Proprietà, management, organi di controllo sono, tutti, investiti della necessità non solo di seguire i processi, ma anche di prepararne lo sbocco.
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