Se l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente individua nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. una responsabilità di tipo oggettivo -in quanto la norma viene a istituire un criterio legale di imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla cosa – per suo dinamismo interno o per fatto estrinseco da fenomeno naturale o da condotta umana – prescindendo del tutto dalla verifica della colpa del custode, inteso quale soggetto che detiene di fatto il potere di controllo sulla res-, è del pari radicato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la prova liberatoria del custode può operare esclusivamente sul piano del nesso di causalità, dovendo dimostrare il custode l’interruzione della sequenza eziologica, tra l’agire della cosa e l’eventum damni, determinata da una causa sopravvenuta da sola sufficiente ad assorbire la efficienza produttiva del danno, qual è il caso fortuito declinato secondo le caratteristiche dell’evento imprevedibile ed inevitabile – tale potendo consistere anche nel fatto del terzo o nella condotta dello stesso danneggiato – che assorbe integralmente la potenzialità lesiva del cosa, venendo autonomamente a generare il danno.
Deve pertanto ribadirsi il principio di diritto secondo cui la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 cod. civ. prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno.
L’operare sul piano del nesso eziologico della prova liberatoria del custode, non esclude tuttavia – nel caso in cui il fatto sopravvenuto non raggiunga il carattere dell’autonomo determinismo causale del danno- la rilevanza della concausa – ove allegata e provata – valutabile in relazione al grado di incidenza che la stessa ha assunto nella produzione dell’evento lesivo, con la conseguenza che se il fatto concausale va ravvisto nella condotta del danneggiato, deve trovare applicazione – anche nell’ambito della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. – la norma che prevede il concorso del fatto colposo del creditore come disciplinato dall’art. 1227 comma 1 c.c., avendo quindi correttamente proceduto il Giudice di merito alla valutazione percentuale di tale contributo causale, in quanto l’efficienza eziologica del comportamento imprudente del danneggiato nell’evento lesivo non era tale da rendere possibile l’interruzione del nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente proprietario della strada e l’evento dannoso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 8 marzo 2017 n. 5807