Domenico Cacopardo, mentre tutti lo osannavano, disse che era stato «scritto con i piedi»
In Gazzetta Ufficiale ben 131 gli articoli modificati
di Marco Bertoncini
Bisogna guardare oltre il mutamento (di una norma sull’Autorità anticorruzione) che ha scatenato rivolte, polemiche, denunce, con segnalazione d’intrighi e complotti, di manine e manovre, avendo al centro l’Autorità diretta da Raffaele Cantone, l’una assurta mediaticamente ad altar maggiore dell’amministrazione pubblica, l’altro altrettanto mediaticamente elevato al rango di supremo tutore di correttezza, legalità, legittimità, etica.
Ovvio che qualsiasi vicenda possa scalfire o intaccare, anche soltanto presuntivamente, l’una e l’altro, diventi pretesto per offensive antipolitiche, col dovuto contorno di minacce e retroscena.
Il tragico, invece, è costituito dalla consistenza stessa del cosiddetto codice degli appalti, ossia il decreto legislativo 50 del 2016, che dovrà fra poco denominarsi codice dei contratti pubblici. Il documento contenente la modifica incriminata (per la quale si veda «Appalti, ridimensionato Cantone», su ItaliaOggi di ieri) e divenuto oggetto di rimpalli di responsabilità, scuse, giustificazioni e accuse tra uffici legislativi, ministeri, Colle, palazzo Chigi, Consiglio di Stato, politici, magistrati, gabinetti, è un semplice, si fa per dire, decreto integrativo e correttivo. Esso ha svolto il suo obbligato percorso: due volte in consiglio dei ministri, conferenza unificata, Consiglio di Stato, commissioni parlamentari di camera e senato, con interessata quasi una decina di dicasteri.
Ebbene, il testo, meramente integrativo e correttivo, comprende 131-articoli-131, effervescenti di mutamenti lessicali, ridonanti di sostituzioni di singole parole, abbondanti di nuove disposizioni, brillanti per molteplici abrogazioni.
Lettere e numeri si susseguono in un’orgia di dubbia decifrabilità, come all’art. 128, che modifica l’art. 216 del codice: al comma 1, lettera g), dilata il vigente comma 27 di tale art. 216 di sei nuovi commi, dal 27-bis al 27-septies. Non ci troviamo più nel tradizionale Ucas, l’ufficio complicazione affari semplici così caro alla burocrazia: qui domina l’Ucac, ufficio complicazione affari complessi.
Il codice degli appalti, prima di questi interventi, comprendeva 250 articoli e 25 allegati. Era stato «scritto coi piedi», come annotato da Domenico Cacopardo su queste pagine (28 gennaio ’16), fino alle 159 parole senza un punto. L’errata- corrige in Gazzetta comprendeva 167 modifiche: un mostro. La questione è: si vuole veramente combattere la corruzione, prevenirla, sconfiggerla? Simili obiettivi si ottengono soltanto con leggi semplici, facilmente applicabili, non con quintali di norme che sono in-co-no-sci-bi-li. Figuriamoci se applicabili.
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