La compagnia finora ha utilizzato 83 milioni dei 500 ottenuti dal mercato a fine 2014. Usati 46 milioni per l’innovazione e 13 per Solvency II. Ma le priorità restano le acquisizioni e le alleanze bancarie
di Anna Messia
Dei 500 milioni di aumento di capitale chiesto da Cattolica Assicurazioni a fine 2014 è stato speso finora meno del 20%. Il resto è tutto nelle casse della compagnia, pronto a essere usato per acquisizioni. Il denaro utilizzato ha finanziato interventi di innovazione tecnologica, l’allineare la compagnia alle nuove regole di Solvency II e lo sviluppo della rete commerciale, come i nuovi punti vendita lanciati con la Coldiretti per distribuire polizze Vita e Danni. Tali numeri emergono dalla relazione al bilancio 2016, chiuso con un utile di 76,3 milioni (+25% sul 2015). Dal documento risulta che la somma più consistente è finita negli investimenti in innovazione tecnologica, che hanno intercettato 46 milioni, mentre 13 milioni sono stati spesi per «adeguamenti del modello organizzativo per Solvency II» e altri 16 milioni nel change management, ovvero per interventi sul personale. Altri 8 milioni sono andati infine allo sviluppo della rete commerciale. In totale sono stati quindi spesi 83 milioni, dunque la gran parte dell’aumento di capitale di fine 2014 è ancora nella pancia della compagnia, come dimostra del resto l’indice di solvibilità. A fine 2014 il Solvency I era appena sotto il 150%, mentre oggi l’indice Solvency II (anche se non perfettamente confrontabile) è al 192% circa. Gli investimenti tecnologici di sicuro non sono ancora finiti (il piano prevedeva una spesa totale di 100 milioni) e altri 250 milioni erano stati messi in conto per la crescita interna. L’obiettivo resta però utilizzare la leva dell’aumento di capitale per aquisizioni, come ribadito in più occasioni dall’amministratore delegato Giovan Battista Mazzucchelli. La scorsa estate la compagnia aveva partecipato alla gara per Uniqa (finita però a Reale Mutua) e ora la voglia di shopping si sarebbe fatta ancora più pressante, anche considerando che a inizio aprile Cattolica ha deciso di esercitare l’opzione put sulle joint venture bancassicurative con la Banca Popolare di Vicenza. Dal divorzio la compagnia di Verona (salvo le inevitabili schermaglie legali) conta di incassare 197 milioni, incluse le penali per la mancata raccolta nel 2016. Anche questa liquidità potrà essere usata per firmare nuovi accordi bancari, tanto che ci sarebbero già contatti in corso. Il tutto nonostante qualche analista ipotizzi che la liquidità potrebbe essere usata per fare più ricco il dividendo da distribuire agli azionisti di Cattolica nei prossimi anni. (riproduzione riservata)
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