Le compagnie chiedono chiarimenti sugli incentivi fiscali applicati alle polizze. All’Economia devono chiarire quanto potrà essere utilizzata la leva delle gestioni separate. Cnp è partita ma le altre imprese sono alla finestra, in pressing per evitare che vada tutto alle sgr
di Anna Messia
Le assicurazioni in pressing sui Pir bussano al ministero dell’Economia. L’obiettivo delle compagnie è non perdere il promettente giro d’affari che si è aperto con l’avvio dei nuovi piani d’investimento a lungo termine i cui rendimenti non vengono tassati, purché il 70% degli asset venga investito su emittenti italiani (di cui il 30% in aziende che non rientrano nel Ftse Mib). Ma il rischio che le compagnie arrivino troppo tardi rispetto alle società di gestione si fa ogni giorno più concreto, anche perché la legge prevede che i clienti non possono sottoscrivere più di un pir a testa. Da inizio anno sono già più di una decina le sgr che hanno lanciato i nuovi prodotti che raccolgono al ritmo di 300 milioni a settimana, mentre a muoversi nel settore delle polizze è stata solo una compagnia. La francese Cnp Partner qualche giorno fa ha lanciato una polizza multiramo, che investe in unit linked e in gestioni separate (10%) e che rispetta i criteri previsti dalla legge sui Pir per avere l’esenzione fiscale. Ma la compagnia guidata da Arcadio Pasqual è stata l’unica a muoversi in attesa di chiarimenti interpretativi che l’Ania, l’associazione delle compagnie di assicurazione guidata da Maria Bianca Farina, ha chiesto al ministero dell’Economia. Le altre stanno ancora alla finestra e il nodo non è di poco conto.
Le assicurazioni vorrebbero avere la certezza di poter investire in gestioni separate una buona fetta del 30% che i Pir hanno di investimento libero (mentre il 70% restante come detto deve andare a emittenti italiani). Il cliente potrebbe così essere attratto da un investimento meno rischioso rispetto ai fondi comuni puri. Ma nella legge stessa c’è una norma che in questi casi potrebbe mettere a rischio il vantaggio fiscale dei Pir. Perché le regole prevedono che sia vietato investire più del 10% del totale della polizza in strumenti finanziari di uno stesso emittente. E bisogna capire se lo Stato italiano, che emette i Btp che sono in larga parte presenti nelle gestioni separate delle compagnie di assicurazione, vada inteso come un unico emittente. Quesito che le compagnie hanno appunto girato al ministero dell’Economia. L’aspettativa è che il Tesoro, ovviamente interessato a mantenere alto l’appeal sui titoli di Stato, interpreti la norma in maniera espansiva, rimuovendo il vincolo per i Btp. Anche perché la soglia del 10% è stato fissata proprio con l’obiettivo di abbassare il rischio di questi prodotti, e ci sarebbe motivo di includere nel limite anche i titoli del debito pubblico, per definizione meno rischiosi rispetto ad azioni o obbligazioni societarie.
Ma a oggi Via XX Settembre non ha ancora sciolto ufficialmente le riserve e in caso di interpretazione restrittiva quella soglia del 30% da investire in gestioni separate potrebbe doversi ridurre appunto al 10%. Incertezze che hanno spinto probabilmente a Cnp Partners are con un prodotto in cui è previsto che la gestione separata non supererà in ogni caso il 10% dell’investimento. Ma altri operatori hanno preferito invece rimanere alla finestra, pronti a partire appena il nodo sarà sciolto. Non solo Bnp Paribas , come spiega l’altro articolo in pagina. Anche in Helvetia hanno già lavorato a una polizza Pir e sono pronti a lanciarla appena il ministero avrà chiarito la sua posizione, come conferma Fabio Carniol, l’amministratore delegato di Helvetia Vita. (riproduzione riservata)
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