Paralizzate dalla mancanza del regolamento attuativo
Pagina a cura di Andrea Mascolini
Sviluppare a livello esecutivo i progetti rimasti nel cassetto per affidare appalti di sola esecuzione; definire le modalità di applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; rivedere le regole sul subappalto; il tutto senza più il regolamento di attuazione del codice del 2006. È quanto sono chiamate a fare le stazioni appaltanti dopo il 19 aprile, data di entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, in una situazione che dire difficile è poco. Prova ne sia il fatto che di nuovi bandi sopra soglia europea, con le nuove norme, non ne sono usciti e che in alcuni casi le amministrazioni rendono difficile comprendere se un dato avviso (anche per importi ridotti) sia stato emesso prima o dopo il 19 aprile.
Il problema maggiore è che la norma che prevede l’immediata abrogazione del regolamento attuativo del vecchio codice dei contratti pubblici rischia di paralizzare a lungo le stazioni appaltanti. Anche immaginando il percorso più rapido per adottare le linee guida generali del ministero infrastrutture (Mit) e Anac, è difficile che prima di due tre mesi si possano avere indicazioni operative utili.
Il problema risiede nell’articolo 271, comma 1 lettera u) del decreto 50 che dichiara abrogate moltissime parti del regolamento del 2010, facendo salve soltanto alcune norme del dpr 207/2010 oggetto di disciplina da parte di provvedimenti attuativi (esempio i livelli di progettazione, la disciplina del Rup (responsabile unico del procedimento), l’anagrafe delle stazioni appaltanti, la nomina dei commissari di gara all’interno delle amministrazioni ecc.). Per il resto il regolamento del codice del 2006 non è più utilizzabile. A meno di non considerare le linee guida Mit-Anac come un atto attuativo del codice, interpretazione ardua considerando che l’articolo 214, comma 12 del codice stabilisce che il Mit «può adottare linee guida interpretative e di indirizzo su proposta dell’Anac». Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, come è quello di adottare i diversi provvedimenti attuativi di cui è disseminato il codice.
Quindi è più che probabile che il regolamento sia oggi sostanzialmente inutilizzabile. E così è, ad esempio, per la verifica dei progetti (si veda articolo qui sotto) o per le modalità di scelta dei progettisti, o ancora per l’applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa nei servizi tecnici, criterio obbligatorio da 40 mila euro in su. Un problema rilevante se si pensa che bisogna sviluppare i progetti preliminari e definitivi fino al livello esecutivo, con l’eccezione dell’appalto integrato nei settori speciali (l’articolo 95 non è richiamato come applicabile dall’articolo 122), nonché dell’affidamento a contraente generale (sul definitivo), della concessione, della finanza di progetto (art. 183 sul definitivo), del contratto di disponibilità e, in generale, degli altri contratti di Ppp dove non c’è obbligo di affidamento sull’esecutivo.
Il nuovo codice prescrive il divieto di utilizzo del prezzo più basso sopra un mln di euro per i lavori, con la conseguenza che occorre applicare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Purtroppo gli allegati del dpr 207/2010 che prevedevano le formule da applicare per valutare le offerte sono stati anch’essi abrogati dal 19 aprile. Alle stazioni appaltanti toccherà quindi scegliere se fermarsi o continuare ad adottare gli stessi allegati e le stesse formule del dpr 207, senza citarli, in attesa che Anac e Mit diano qualche indicazione utile, nelle more dell’adozione delle linee guida. Sul subappalto le amministrazioni saranno libere di dettare le regole fino ad arrivare a ritenerlo non utilizzabile; ma se lo riterranno applicabile scatterà il tetto del 30% per tutte le lavorazioni, con l’obbligo di associazione verticale per le opere superspecialistiche.
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