Il settore assicurativo globale è stato un player particolarmente attivo all’interno dell’ondata di fusioni e acquisizioni che ha caratterizzato tutto il 2015 e che ha raggiunto un totale di circa 150 miliari di dollari. Questo flusso di deal continuerà nel 2016, secondo Standard & Poo’rs, anche se ad un ritmo inferiore, in quanto le società venditrici, quelle acquirenti, e le loro banche d’investimento sembrano aver posto un freno al proprio entusiasmo.
Ad alimentare questo trend positivo è una combinazione di fattori: l’elevata presenza di capitale in molti segmenti, in particolare quello riassicurativo; opportunità di crescita organica limitate; ritorni sugli investimenti bassi o incerti a livello dei mercati locali; e cambiamenti avvenuti nella regolamentazione, come i nuovi requisiti di capitale imposti in Europa da Solvency II o negli USA dall’Affordable Care Act.
Grazie alle condizioni finanziarie favorevoli, nuovi tipi di compratori stanno entrando nel mercato – dalle imprese conglomerate ai cosiddetti “High Net Worth Individual” (le persone che possiedono un alto patrimonio netto) e ai fondi sovrani, in particolare provenienti da Cina e Giappone.
Standard & Poor’s ha monitorato l’andamento dell’attività fusioni-acquisizioni negli ultimi 15 anni. Lo studio delle 50 maggiori transazioni che dal 2000 hanno coinvolto le compagnie assicurative, rivela che quasi due terzi dei rating delle società acquirenti sono stati confermati in seguito all’annuncio di acquisizione e che il 22% di essi ha ricevuto un outlook o un CreditWatch negativo (di cui più della metà ha subito un declassamento entro cinque anni). Tutti i rating che avevano un outlook o CreditWatch positivo hanno ottenuto, invece, un upgrade.
Tra i numerosi benefici, la buona riuscita di una fusione o acquisizione potrebbe apportare all’entità appena formata nuove opportunità di crescita; una posizione più forte all’interno dei suoi mercati target; una migliore differenziazione dei prodotti e sinergie di costi che potrebbero incrementarne la redditività.
Alcuni gruppi assicurativi hanno maturato un forte track record per quanto riguarda le fusioni e acquisizioni, che nel loro caso hanno creato società più forti, aumentato il valore destinato agli azionisti e rafforzato nel tempo i rating. Al contrario, il settore non avrebbe una comprovata esperienza positiva in materia. La ricerca empirica supporta questa teoria, soprattutto dal punto di vista della situazione creditizia.
In realtà è difficile misurare il successo delle fusioni e acquisizioni in questo settore. Molto spesso i portafogli o le società acquisite vengono incorporate da un’entità già esistente, il che rende difficile monitorarne la performance nel tempo. Il futuro potrebbe riservare ulteriori sorprese a causa della cosiddetta “coda lunga”, che può durare da 3 a 30 anni.
Lo studio giunge alla conclusione che le imprese di assicurazione affrontano numerose difficoltà nel processo di creazione del valore nel breve, medio e lungo termine. Standard & Poor’s ha monitorato l’andamento anomalo dei ritorni sul capitale per capire se le fusioni e acquisizioni abbiano creato valore destinato agli azionisti nel breve termine, rilevando che le azioni delle società acquirenti hanno subito ritorni negativi —il 20% in meno di quanto previsto se non avessero concluso l’affare—dopo solo un anno dall’annuncio di acquisizione.
S&P ha constatato, tuttavia, che l’andamento dei rating è stato positivo nel medio termine e che la sua performance durante i cinque anni seguenti nel complesso non è stata negativa come quella dei prezzi delle azioni. Entro il quinto anno dall’annuncio, abbiamo declassato il 38% dei rating delle società acquirenti di almeno un livello, mentre il 30% di essi è rimasto stabile. In altre parole, più di due terzi dei totali deal assicurativi di fusione e acquisizione raggiunti dal 2000 non sono riusciti a migliorare abbastanza la situazione finanziaria dell’azienda acquirente da garantirne un upgrade a livello di rating. Qualche affare è stato concluso con l’obiettivo di mantenere un certo livello di forza finanziaria ma rappresentano l’eccezione, non la regola.
Per capire se la pazienza della società acquirente verrà premiata nel lungo termine, S&P ha raccolto tutti gli annunci pubblici di disinvestimento delle aziende target nei 10 anni seguenti un’acquisizione. I risultati non sono stati incoraggianti: in media un compratore su otto ha annunciato la cessione della società o di una parte del suo portafoglio. Nella maggior parte dei casi, queste vendite sono state incentivate dalla performance scadente dell’azienda target o dalle difficoltà finanziarie che spingono il venditore a liberarsi di tutte le attività non strettamente essenziali.
Per determinare il possibile impatto di una fusione o acquisizione sull’affidabilità creditizia di una compagnia d’assicurazione, si tiene conto di vari fattori: come il deal favorirà (o danneggerà) il capitale potenziale; il razionale strategico; l’impatto sulla posizione competitiva; come potrebbe presentarsi il futuro risk appetite dell’intera azienda, e quanto elevato è il rischio di esecuzione o di integrazione.
Negli ultimi 15 la differenziazione dei prodotti è stata un fattore positivo per il rating (41%), un beneficio in termini di strategia o di competizione (29%), e come un aumento del capitale (20%). I fattori negativi sono l’aumento del rapporto reddito-prezzo o l’indebolimento del capitale (entrambi al 15%) e il rischio di integrazione e di esecuzione (44%).
Tra i numerosi rischi associati con l’esecuzione e integrazione di una fusione o acquisizione c’è la preservazione del key management, l’integrazione di diversi staff o culture, il mantenimento della clientela e delle strutture aziendali, la gestione dell’accumulazione che avviene durante la combinazione dei portafogli, e l’integrazione dei sistemi informatici. Occorre poi determinare se l’affare permetterà effettivamente di aggirare i vecchi ostacoli normativi, le sfide finanziarie, e di battere la concorrenza. Questi rischi spesso sono difficili da valutare o quantificare durante il processo e rappresentano un ostacolo notevole alla buona riuscita dell’affare.
Le sinergie di costi, ottenute sia in termini di risparmi che di sovrapposizione di attività con opportunità di cross-selling, sono un buon motivo grazie al quale le aziende decidono di prendere parte ad una acquisizione. S&P ha stimato che dal 2000 queste sinergie sono state un effettivo punto di forza in solo il 5% dei casi di acquisizione.