Evolvono rapidamente il loro profilo finanziario, mostrano interesse per nuovi prodotti bancari e manifestano una forte propensione al risparmio. È quanto emerge dall’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti, progetto del Cespi (Centro studi di politica internazionale), unico in Europa, nato col sostegno del ministero degli Interni e la collaborazione dell’Abi. «L’accesso ai servizi bancari è una condizione necessaria all’integrazione di soggetti altrimenti più esposti anche dal punto di vista sociale», premette il direttore del Cespi, Daniele Frigeri.
Oggi nel Belpaese risiedono regolarmente oltre 5 milioni di stranieri, l’8,4% della popolazione e, secondo l’Istat, saranno 11 milioni entro il 2040. «Quando nel 2007, prima di istituire l’Osservatorio, abbiamo iniziato le rilevazioni su 21 nazionalità da paesi non Ocse e dalla Polonia, la bancarizzazione era dettata, in maniera un po’ automatica, dall’accesso al lavoro e gli istituti stessi non sapevano quanti immigrati avessero in portafoglio. Nel tempo, il sistema si è attrezzato con numerose iniziative di welcome banking e migrant banking, specificamente rivolte agli stranieri. Oggi, con la scomparsa degli sportelli dedicati, si sta facendo un passo indietro». Eppure, i dati del Rapporto 2015 fotografano un quadro in profonda evoluzione: fra il 2010 e il 2013, gli adulti titolari di conto corrente bancario (o BancoPosta) sono passati dal 61 al 74%. «Dal punto di vista finanziario, si sta delineando un triplice profilo di cittadino immigrato: i nuovi arrivati, che hanno bisogno più che altro di accedere ai servizi di pagamento; segue poi la fase di integrazione, che vede nelle funzioni basilari dell’intermediario bancario, credito e risparmio, un acceleratore necessario; infine, di recente emersione e con ritmi di crescita elevati, la componente ormai integrata, che manifesta esigenze più complesse, legate alla tutela e alla gestione del patrimonio accumulato per sé e i propri figli». Qualche dato. «Il tasso di risparmio fra i migranti si attesta al 18% contro il 12% degli italiani. Non solo. Il profilo più evoluto, identificato sulla base di molteplici indicatori, utilizza almeno sei prodotti bancari: riguardava il 16% dei correntisti nel 2009 ed è salito al 34% nel 2014», continua il direttore del Cespi, che organizza regolarmente corsi di alfabetizzazione finanziaria per le comunità straniere. «Cinque anni fa, quando parlavamo di assicurazioni e investimenti, strabuzzavano gli occhi: oggi, ci chiedono formazione su questi temi». L’intermediario bancario, quindi, resta un interlocutore necessario nel percorso di stabilizzazione, ma diventa anche un punto di riferimento nell’erogare consulenza a clienti maturi.
Chiara Cantoni
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