di Marcello Bussi
La Bce ieri ha lasciato i tassi invariati, sottolineando che resteranno ai livelli attuali (il refi a zero e quello sui depositi delle banche a -0,40%) o ancora più bassi per un lungo periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti di asset, che dureranno fino alla fine di marzo 2017 o saranno prolungati fino a quando non sarà raggiunto l’obiettivo di un’inflazione di poco inferiore al 2%.
Se sarà necessario, la Bce è comunque sempre pronta ad agire utilizzando tutti gli strumenti disponibili nell’ambito del suo mandato. Fin qui tutto secondo le attese, tanto che dopo la riunione del comitato direttivo dell’istituto di Francoforte (e la conferenza stampa del presidente Mario Draghi) le borse si sono mosse poco (Piazza Affari ha chiuso in rialzo dello 0,4%, Francoforte dello 0,1%). «Come ci aspettavamo, la Bce non ha annunciato nuove misure», ma ha comunque «lanciato un chiaro segnale da colomba, mantenendo la porta aperta a ulteriori misure di allentamento della politica monetaria in futuro», hanno commentato gli analisti di Ing. Draghi ha quindi replicato con forza alle critiche del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, dicendo che la Bce «ha un mandato per perseguire la stabilità dei prezzi in tutta l’Eurozona e non per la sola Germania. Questo mandato è stabilito dalla legge europea, noi obbediamo alla legge e non ai politici, perché siamo indipendenti». Al numero uno della Bce è stata inevitabilmente posta una domanda sull’helicopter money, ovvero l’iniezione di liquidità direttamente nei conti correnti dei cittadini della zona euro. Ed ecco la risposta: «È un concetto molto interessante che non abbiamo studiato e sta venendo discusso a livello accademico; evidentemente implica complessità dal punto di vista finanziario e legale, ma il punto principale è che non ne abbiamo mai discusso».
La vera sorpresa è arrivata dalle modalità del piano di acquisti dei corporate bond, che partirà a giugno e coinvolgerà, ha sottolineato Draghi, anche le obbligazioni emesse da compagnie assicurative. Sarà acquistabile un’amplissima fascia di bond e la Bce potrà acquistare fino al 70% di ogni singola emissione. Ovviamente le obbligazioni dovranno essere denominate in euro e basterà che siano giudicate investment grade da una sola delle grandi agenzie di rating (mentre le altre potrebbero anche considerarle titoli spazzatura). La Bce potrà per esempio acquistare il bond Telecom Italia 2033 cedola 7,75%, emissione da 1 miliardo di euro. Il titolo è infatti provvisto di un rating (BBB-) assegnato da Fitch, dunque a livello di investment grade, nonostante Standard & Poor’s e Moody’s abbiano assegnato al titolo un merito di credito da junk bond, rispettivamente Ba1 e BB+. La cosa più sorprendente è che l’emittente dovrà essere una società con sede nell’Eurozona ma potranno essere acquistati bond anche di società incorporate nell’area euro ma con capogruppo al di fuori dei confini del Vecchio Continente. Quasi il 30% del mercato dei corporate bond della zona euro con rating investment grade riguarda emittenti statunitensi. L’anno scorso tra le principali dieci emissioni in euro ben quattro sono state di società Usa (la più consistente un bond da 8,5 miliardi targato Coca-Cola, poi uno GE da 3,15 miliardi e un’emissione da 3 miliardi targata Berkshire di Warren Buffett). «Questo significa che in teoria ci sarà un Qe anche per gli Usa», ha osservato Carsten Brzeski, capo economista di Ing. Secondo Marc Ostwald, strategist di Adm Investor Services, la mossa dovrebbe incoraggiare le società estere ad aumentare le loro emissioni, ma «sa anche di disperazione; è come chiedere in ginocchio di vendere più debiti in euro affinché la Bce li possa comprare». Per ora non si capisce a quanto ammonteranno gli acquisti di corporate bond; Citigroup ha stimato che saranno fra 3 e 5 miliardi al mese, Société Générale tra 5 e 10 miliardi. Qualcuno ha ricordato che quando la Banca d’Inghilterra lanciò nel 2009 un analogo Qe, precisò che le società estere dovevano avere «un autentico business» nel Regno Unito. Questa clausola è assente nel Qe della Bce. Quindi in teoria è sufficiente che una società di qualsiasi parte del mondo, dall’India alla Svizzera, dall’Arabia Saudita a Israele, abbia un indirizzo in qualsiasi parte della zona euro, magari ad Amsterdam, in Lussemburgo o a Malta, affinché i suoi bond emessi in euro possano essere comprati dalla Bce. Gli acquisti, che avverranno sia sul mercato primario che su quello secondario, verranno decisi e attuati dalle sei banche centrali nazionali dell’Eurosistema, ovvero Bundesbank, Bankitalia, Banca di Francia e gli istituti centrali di Belgio, Spagna e Finlandia. Il tutto sotto il coordinamento della Bce. Si possono già immaginare le polemiche: la piccola impresa di rubinetteria del Lago d’Orta è costretta a chiudere perché la banca italiana non la finanzia più, mentre la Bce compra i bond emessi da una start-up thailandese (hi-tech, per carità) dotata di casella postale a Malta.
Unica consolazione: Draghi ha promosso il fondo Atlante dicendo che «non abbiamo esaminato questo argomento esaustivamente nel dettaglio, ma penso sia un piccolo passo nella giusta direzione». In ogni caso la Bce non comprerà eventuali bond emessi da Atlante perché nei criteri di idoneità all’acquisto delle obbligazioni societarie sono esclusi non solo i bond degli istituti di credito e delle società che hanno come capogruppo una banca, ma anche quelli «dei veicoli di asset management o dei fondi nazionali di investimento o creati per facilitare la cessione di attività sottostanti, costituiti per sostenere la ristrutturazione o la risoluzione del settore finanziario». (riproduzione riservata)
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