Va determinato il perimetro di responsabilità degli enti
di Federico Unnia

L’inserimento del delitto di autoriciclaggio all’interno del catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti di cui al dlgs 231/2001 – mediante il richiamo dell’art. 648-ter 1 c.p. nell’art. 25-octies del dlgs 231/2001 operato dalla legge n. 186 del 2014 – impone la necessità di determinare il perimetro della responsabilità da reato degli enti: «Posto che ogni delitto non colposo produttivo di un provento può costituire il reato-presupposto del delitto di autoriciclaggio, la teorica espansione della responsabilità da reato dell’ente, ricorrendone ovviamente tutte le altre condizioni previste dal dlgs 231/2001, deve essere temperata dall’applicazione rigorosa dei principi di legalità e tassatività».

È quanto emerge dalla circolare Abi n. 6/2015 in tema di Autoriciclaggio e responsabilità degli enti con la quale l’associazione bancaria richiama l’attenzione delle sue associate sulla delicatezza e l’impatto che la nuova codificazione penale può avere per le imprese del credito, di cui lo studio Orrick ha predisposto un primo commento.

Come noto il delitto di autoriciclaggio – ex art. 648-ter 1, comma 1 c.p. – punisce con la pena della reclusione da 2 a 8 anni e la multa da euro 5.000 a euro 25.000, «chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa».

Secondo Abi, perché si configuri la responsabilità dell’ente per reato di autoriciclaggio si rende necessario che un soggetto apicale o subordinato commetta o concorra a commettere un delitto non colposo produttivo di un provento, presumibilmente (ma non necessariamente) nell’interesse o vantaggio dell’ente e che il medesimo soggetto impieghi, sostituisca o trasferisca in attività economiche, finanziarie o speculative quel provento (i.e. integrando la condotta tipica di autoriciclaggio), nell’interesse o vantaggio dell’ente, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa del provento medesimo.

Per Abi è comunque essenziale la funzione selettiva svolta dal requisito del concreto ostacolo alla provenienza delittuosa: esso dovrà essere puntualmente riscontrato e sarà necessario accertare la sussistenza di condotte dissimulatorie ovvero anomale rispetto all’ordinaria attività mentre semplici operazioni tracciabili, non avendo tali caratteristiche, non dovrebbero assumere rilevanza penale. Inoltre, la condotta di autoriciclaggio deve essere successiva al perfezionamento del reato che ha dato origine ai proventi illeciti, anche se compiuta dopo la sua estinzione (ad esempio, per prescrizione) o anche se l’autore del medesimo reato non sia imputabile o punibile, oppure manchi una condizione di procedibilità.

La circolare Abi propone, infine, alcuni suggerimenti circa il conseguente aggiornamento dei modelli organizzativi con riferimento al settore bancario. Nello specifico, in relazione ai proventi illeciti formatisi all’interno delle banche si è proposta una distinzione tra proventi derivanti da reati inseriti nel catalogo dei reati presupposto ex dlgs 231/2001 e reati non rientranti nel catalogo.

Con riguardo al primo caso, si afferma che «le procedure e i principi di comportamento già adottati per prevenire il rischio di commissione degli altri reati inseriti nell’elenco di quelli presupposto della responsabilità degli enti, possono risultare efficaci anche per la prevenzione a monte dell’autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti». Quanto al secondo caso, invece, Abi suggerisce di strutturare i modelli organizzativi focalizzando la prevenzione «non tanto sul controllo circa la provenienza del denaro, quanto sulle modalità di utilizzo dello stesso, in modo da far emergere eventuali anomalie o elementi non ordinari e impedendo il ricorso a tecniche idonee ad ostacolare in concreto l’individuazione della provenienza illecita dei beni». Particolare attenzione andrà posta, dunque, sulla segmentazione dei flussi decisionali interni dell’ente, ove siano opportune più fasi di approvazione e verifica per operazioni complesse.
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