di Andrea Di Biase
In vista del rinnovo del consiglio di amministrazione cambiano ancora gli equiglibri nell’azionariato di Unicredit. Dopo il collocamento da parte di Aabar (Abu Dhabi), primo socio della banca con il 5%, di un bond convertibile nel 4% di Unicredit, e il ritorno sulla scena dei soci libici, forti di una quota del 4%, ieri è stato Leonardo Del Vecchio a muovere le proprie pedine sullo scacchiere di piazza Gae Aulenti.
Secondo quanto anticipato dal sito dell’AdnKronos e confermato poi dalla finanziaria del patron di Luxottica, Delfin, la cassaforte lussemburghese della famiglia Del Vecchio, ha ridotto la partecipazione inUnicredit dal 3 al 2%. Una mossa che lo stesso patron del gruppoLuxottica ha motivato con ragioni di natura finanziaria, sottolineando, proprio all’Adn, che la cessione del pacchetto dell’1%, il cui valore di mercato è di poco superiore a 370 milioni, è servita a «recuperare un po’ di perdite» registrate sull’investimento. Del Vecchio, che è azionista di lunghissimo corso della banca guidata da Federico Ghizzoni essendo entrato nel capitale del Credito Italiano ai tempi della privatizzazione nel 1993 per poi salire fino al 3% nel maggio di due anni fa, non intende entrare nel consiglio di amministrazione di Unicredit, malgrado la proposta ricevuta in vista del rinnovo del board. «Non vogliamo posti in consiglio», ha affermato l’imprenditore all’agenzia, «ci piace la libertà».
Si tratta di una strategia analoga a quella tenuta rispetto all’investimento in Generali, dove del Vecchio non intende rientrare nel board.
Nella compagnia triestina Del Vecchio è investitore finanziario e si ritiene libero di uscire, una volta che il titolo arriva a certi livelli. .
Proseguono intanto i negoziati tra i grandi soci di Unicredit per mettere a punto la lista per il rinnovo del cda che dovrà essere presentata entro il 17 aprile. La lista dovrà tenere conto della nuova governance della banca, che porterà il board da 19 a 17 componenti, con le quote rosa che saliranno da quattro a sei e le vicepresidenze che dovrebbero scendere a due dalle attuali quattro. Se la conferma del ceo Federico Ghizzoni sembra ormai certa, così come quella del presidente Giuseppe Vita (anche se qualche socio avrebbe puntato su un ricambio), la partita sembra essersi spostata sulle vicepresidenze, che dovrebbero vedere la conferma di Fabrizio Palenzona (in quota Fondazione Crt) e di Luca Montezemolo (in rappresentanza di Aabar). Se così fosse, a rinunciare a un ruolo di vertice dovrebbero essere la Fondazione Cariverona, che è pur sempre il primo socio italiano della banca con il 3,5% (ma l’ente scaligero è tenuto ad alleggerirsi alla luce delle nuove norme sulle fondazioni e punta a investire nel Banco Popolare) e Carimonte Holding, il veicolo partecipato dalle fondazioni di Bologna e Modena, che attualmente esprime il vicepresidente Vincenzo Calandra Buonaura ma che potrebbe non essere più candidato nemmeno per un posto in cda. Ieri infatti si è tenuto un infuocato consiglio della Fondazione Cr Modena, che avrebbe visto scontrarsi un fronte favorevole alla conferma di Calandra, guidato dal presidente Andrea Landi, e la maggioranza dei consiglieri, favorevole invece a un ricambio. La partita è ancora in corso, anche se alla chiusura della lista mancano ormai solo pochi giorni. (riproduzione riservata)