La questione giuridica sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi consiste nello stabilire se un fenomeno di pioggia intensa e persistente, tale da assumere i connotati di una pioggia definita come alluvionale, possa costituire o meno un evento di forza maggiore idoneo di per sé ad interrompere il nesso di causalità, in considerazione del carattere di straordinarietà ed imprevedibilità.
La questione non è nuova nella giurisprudenza, anche se è indubbio che il verificarsi, proprio in tempi molto recenti, di fatti gravissimi che hanno attirato la doverosa attenzione dei pubblici poteri e dell’informazione radiotelevisiva contribuisce a rendere il problema di estrema attualità.
La sentenza 11 maggio 1991, n. 5267, relativa alla diversa fattispecie di un contratto di deposito nei magazzini generali, ebbe già ad affrontare il problema della possibilità di riconoscere la natura di caso fortuito in riferimento ad un allagamento provocato da intense precipitazioni atmosferiche (per caso fortuito deve intendersi un avvenimento imprevedibile, un quid di imponderabile che si inserisce improvvisamente nella serie causale come fattore determinante in modo autonomo dell’evento. Il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è, quindi sufficiente, di per sé solo, a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza).
La successiva sentenza 22 maggio 1998 n. 5133, emessa in un giudizio avente ad oggetto un risarcimento danni per allagamento di un negozio conseguente all’invasione delle acque a seguito di abbondanti piogge, affermò che possono integrare il caso fortuito precipitazioni imprevedibili o di eccezionale entità, rilevando che l’evento imprevedibile costituisce caso fortuito e non determina responsabilità.
In anni più recenti, la sentenza 9 marzo 2010 n. 5658 – emessa in un giudizio di risarcimento danni nei confronti dell’ANAS per allagamenti conseguenti alla tracimazione delle acque e alla cattiva manutenzione dei sistemi di smaltimento delle acque piovane – ha affermato che è certamente vero che una pioggia di eccezionale intensità può anche costituire caso fortuito in relazione ad eventi di danno come quello in questione; ma non è affatto vero che una siffatta pioggia costituisca sempre e comunque un caso fortuito.
Questa ultima pronuncia, in particolare, ha precisato che, per potersi condividere la decisione del giudice di merito che in quell’occasione aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni, l’ANAS avrebbe dovuto dimostrare che le piogge in questione erano state da sole causa sufficiente dei danni nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte sua delle opere di smaltimento delle acque piovane; il che equivale in sostanza a dimostrare che le piogge in questione erano state così intense (e quindi così eccezionali) che gli allagamenti si sarebbero verificati nella stessa misura pure essendovi stata detta scrupolosa manutenzione e pulizia. La sentenza in esame ha poi aggiunto che, ove fosse stato provato che la manutenzione e la pulizia sarebbero state idonee almeno a ridurre l’entità degli allagamenti, si sarebbe dovuto fare applicazione della previsione di cui all’art. 1227, primo comma, del codice civile.
La possibilità di invocare il fortuito o la forza maggiore sussiste solo se il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un’efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
È evidente, perciò, che una pioggia di particolare forza ed intensità, protrattasi per un tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, ragionando in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore; ma non quando sia stata accertata dal giudice di merito l’esistenza di elementi dai quali desumere una sicura responsabilità proprio del soggetto che invoca l’esimente in questione.
La Corte, d’altra parte, ha già in più occasioni riconosciuto, anche in relazione agli obblighi di manutenzione gravanti sull’ANAS, che la discrezionalità, e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un’opera pubblica trova un limite nell’obbligo di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e regolamenti disciplinanti detta attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che dall’inosservanza di queste disposizioni e di dette norme deriva la configurabilità della responsabilità della stessa pubblica amministrazione per i danni arrecati a terzi.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 17 dicembre 2014 n. 26545