di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Tassi ai minimi storici, nuove tecnologie che rendono disponibili a tutti le informazioni e la diffusione della consulenza indipendente aprono nuovi scenari per l’industria dell’asset management. Soprattutto in Italia, dove da sempre il modello di distribuzione è incentrato su due canali: gli sportelli delle banche e le reti dei promotori finanziari.
Proprio questi ultimi sono sotto pressione, perché il loro modello è unico in Italia e ha fatto la fortuna di molte società di gestione estere, che sono arrivate nel Paese e hanno collocato i propri fondi proprio tramite i promotori. Che, peraltro, ricevono in cambio ricche commissioni dalle società di gestione da essi distribuite. Ma oggi le case di investimento estere temono che con l’introduzione della consulenza indipendente a parcella, modello simile a quello del medico, che prescrive le medicine da prendere ma non vende farmaci, sia sempre meno possibile avere un controllo su ciò che le reti collocano. Dal punto di vista del promotore, invece, sarà sempre più complicato farsi pagare direttamente dal cliente i servizi di consulenza offerti. Oggi infatti la retrocessione delle commissioni dalle case di gestione alle reti avviene automaticamente, ma in futuro si andrà verso il modello opposto. Se sarà infatti seguito l’esempio della Gran Bretagna, che ha varato la direttiva Rdr del 2012, sarà vietato retrocedere parte delle commissioni di gestione a titolo di remunerazione verso chi distribuisce i prodotti finanziari.
In sostanza, i promotori saranno pagati solo in base al lavoro di consulenza svolto e ci sarà quindi un legame molto stretto con i rendimenti ottenuti dal cliente. Nel mercato inglese la nuova normativa è stata una rivoluzione, perché i risparmiatori hanno preferito passare al fai-da-te piuttosto che pagare le fee agli advisor, con il risultato che molti consulenti sono dovuti uscire dal mercato della promozione finanziaria. Secondo i dati Morningstar sulla raccolta nel 2014 in Europa, inoltre, è emerso che nel Regno Unito e in Svizzera, dove le retrocessioni delle commissioni alle reti di distribuzione sono state ridimensionate, si è registrata la domanda più alta di fondi indicizzati.
Non a caso le società di gestione estere difendono il modello della distribuzione italiano, basato sui promotori finanziari, pur consapevoli che qualcosa comunque cambierà con l’avvento della Mifid 2, che dovrebbe entrate in vigore in Italia nel 2017 e riguarderà proprio i principi di indipendenza dei consulenti.
Proprio per non farsi trovare impreparati all’appuntamento, lo sforzo maggiore dei gestori esteri in questo periodo è rivolto al rafforzamento dei legami con le reti di distribuzione, in modo che quando il mercato in qualche modo sarà più indipendente avranno comunque costruito rapporti stretti con i distributori, che potranno continuare anche dopo l’avvento della nuova normativa. Rothschild & Cie Gestion, per esempio, ha appena lanciato insieme al nuovo sito Internet un servizio esclusivo dedicato ai propri partner distributori incentrato sulla Rothschild Membership Card, una carta personalizzata attraverso la quale si potrà accedere all’area riservata del sito. Le sgr italiane, invece, hanno meno problemi nel fidelizzare i canali distributivi perché nella maggior parte dei casi queste sono di proprietà delle stesse banche che collocano i loro fondi.
Un problema che riguarda tutti, sia le banche sia le reti di pf, è invece quello relativo alle nuove tecnologie. Il timore è che l’uso di pc, tablet e smartphone spinga sempre più i risparmiatori a fare da soli. Anche al recente Salone del Risparmio organizzato da Assogestioni ci si è posto questo problema. Una risposta delle possibili evoluzioni è arrivata dalla 19a edizione dell’Osservatorio sui Risparmi delle famiglie italiane di Prometeia-GfK Eurisko. Lo studio formula la previsione che «le innovazioni tecnologiche non toglieranno spazio alle relazioni fisiche con il cliente». Anche i luoghi fisici, come filiali, agenzie o uffici dei promotori o dei consulenti finanziari, «rimarranno ancora i protagonisti dei prossimi anni, ma solo se si riusciranno a interpretare i reali bisogni dei clienti» grazie proprio alla tecnologia.
Stare vicini al cliente sarà un’esigenza sempre più importante proprio in un momento in cui i rendimenti dei titoli di Stato sono crollati a livelli mai visti prima, e per i risparmiatori sarà necessario aggiungere più rischio in portafoglio per ottenere una rivalutazione dei risparmi. Sottolinea il presidente dell’Anasf Maurizio Bufi: «Il primo trimestre 2015 ha avuto risultati eclatanti, soprattutto per alcuni prodotti che hanno visto ancora rendimenti a doppia cifra, prevalentemente nei mercati azionari. Quello che spiazza i risparmiatori sono gli attuali livelli dei tassi d’interesse, con l’ultima emissione dei Bot a sei mesi che ha raggiunto un rendimento nominale lordo dello 0,05%. Di fronte a questo scenario, verosimilmente stabile fino alla fine dell’anno, il ruolo della consulenza finanziaria da parte di operatori qualificati è fondamentale per accompagnare le nuove scelte di investimento degli investitori, come anche l’assistenza ai portafogli già impostati da tempo». Bufi ricorda che, proprio perché si è in presenza di rendimenti a zero su titoli di Stato e attività similari, favorire una maggiore diversificazione di portafogli è sicuramente utile, purché non si alimenti la tendenza ad assumere rischi eccessivi nelle posizioni senza un’adeguata valutazione del profilo della clientela. Ciò è vero a maggior ragione dopo il rally sulle borse che continua da tempo. Conclude Bufi: «Per chi avesse beneficiato in poco tempo di rendimenti stellari, forse la soluzione migliore è quella di portare a casa un risultato eccezionale e riposizionarsi su scadenze brevi in attesa degli eventi. In ogni caso, al di là di movimenti tattici, occorre aver presente che esiste un metodo per investire, piuttosto che un momento o un periodo. Questo metodo si basa sulla pianificazione delle scelte in base a orizzonte temporale, tenuta degli investimenti, diversificazione, controllo del rischio e attenzione alle correlazioni. Ovviamente ciò è possibile tramite la relazione professionale con un consulente, in grado di stabilire o assecondare gli obiettivi del cliente e, nel caso sia necessario, anche orientandoli per priorità. (riproduzione riservata)