Per alcuni potrà apparire un’ovvietà, ma sta di fatto che molto spesso si tende a considerare i mercati emergenti come un’unica realtà. Così, dopo gli anni della corsa all’investimento, è arrivata la fase della diffidenza per i segnali preoccupanti provenienti da alcuni mercati. Natixis global asset management ha realizzato un report sui diversi Paesi per individuare quelli più promettenti e quelli che, al contrario, presentano i maggiori livelli di rischio. «Le pressioni valutarie e nel settore delle materie prime, il rallentamento nella crescita e le riforme strutturali hanno creato negli ultimi mesi una certa divergenza nelle varie aree dei mercati emergenti», ricorda country head ed executive managing director per l’Italia della società di gestione. «Così diventa fondamentale attuare un’attenta selezione e ricerca delle opportunità».
Peter Marber, head of emerging market investments della controllata Loomis, Sayles & Company, si sofferma sui vincitori e i perdenti in seguito al crollo dei prezzi petroliferi: «Conseguenze negative si registrano tra i paesi produttori come Russia e Venezuela, mentre lo scenario è positivo per i grandi importatori come Cina, India e Filippine». Va poi considerato il fenomeno del dollaro forte, che spinge l’esperto a puntare sulle emissioni obbligazionarie con copertura del rischio di cambio, rispetto a quelle in valuta locale.
I gestori di Natixis guardano con interesse soprattutto a Messico e India. Il primo per la crescente competitività assicurata dalle riforme strutturali nei settori dell’energia e dell’istruzione; la seconda per gli sforzi governativa contro la corruzione e l’impegno a ridurre le sovvenzioni agricole, in direzione di un ammodernamento dell’economia.