di Luca Gualtieri
Dopo quasi 14 miliardi di rettifiche e svalutazioni di avviamenti da 2,3 miliardi, il Monte dei Paschi può indossare «il vestito stirato» per convolare a nozze. È stato questo il messaggio lanciato ieri dall’amministratore delegato Fabrizio Viola davanti ai soci della banca.
L’assemblea si è infatti riunita in terza convocazione per approvare bilancio, nomine e aumento di capitale, un tour de force di undici ore che si è concluso soltanto in serata. Anche se l’appuntamento era dei più attesi per Siena, le sorprese sono state poche e tutto è andato secondo le previsioni. Sul fronte delle nomine gli azionisti hanno rinnovato il mandato a Viola e al presidente, Alessandro Profumo, che comunque lascerà subito dopo l’aumento di capitale. Unico vicepresidente sarà invece Roberto Isolani, rappresentante in Italia di Btg Pactual, uno dei soci pattisti insieme alla Fondazione Mps e Fintech Advisory. Ha sorpreso il successo della lista presentata da Alessandro Falciai, che ha ottenuto quattro posti in cda, uno in più rispetto ai francesi di Axa. L’imprenditore ex Dmt (azionista di Mps all’1,3% attraverso la Millennium Partecipazioni) si è detto disponibile a seguire l’aumento di capitale in arrivo: «Siamo qui perché crediamo nel potenziale della banca. Seguiremo l’aumento di capitale e vogliamo contribuire a ricostruire la base di investitori della banca che oggi non c’è più», ha spiegato Falciai ai giornalisti.Come anticipato da MF-Milano Finanza, il numero dei consiglieri (che si riuniranno per la prima volta lunedì prossimo) è salito da 12 a 14, anche per dare piena rappresentanza al genere femminile.
I soci hanno anche approvato a larga maggioranza il bilancio 2014 (chiuso con una perdita di 5 miliardi e 436 milioni) e l’aumento di capitale fino a tre miliardi. L’operazione dovrà essere eseguita entro il prossimo 30 settembre, anche se l’intenzione dei vertici è quella di procedere speditamente. Profumo ha infatti spiegato che la macchina si metterà in movimento «dopo l’8 maggio, giorno in cui la banca approverà i conti del primo trimestre», mentre l’offerta vera e propria potrebbe partire lunedì 25 maggio. Viola ha poi aggiunto che i costi dell’aumento ammontano complessivamente «a 130 milioni, di cui 120 milioni per il consorzio di garanzia». L’aumento, ha proseguito il banchiere, «contribuirà a rafforzare la banca dal punto di vista patrimoniale, a conformarsi alle richieste della Bce, a rimborsare il miliardo di Monti bond restanti e a migliorare il costo della raccolta».
Va da sé comunque che l’appuntamento di ieri è stato l’occasione per fare il punto sul lavoro svolto dagli amministratori uscenti dal triennio più duro di sempre per Mps. I numeri dell’ultimo triennio «sono l’evidenza più chiara di una situazione straordinaria», ha spiegato Viola aprendo l’illustrazione del bilancio in assemblea: «Dieci miliardi di perdita cumulata, quasi 14 miliardi di rettifiche complessive con svalutazioni di avviamenti per 2,3 miliardi». E poi uno sguardo al futuro: «La raccomandazione della Bce a individuare un’opzione strategica per il futuro della banca è un’opportunità e non un nuovo vincolo, come sarebbe stato se la banca non avesse rimosso le sue debolezze. Il caso Mps è un esempio di cambiamento per tutto il sistema bancario italiano e può presentarsi, anche in una fase delicata come può essere un’aggregazione, con il vestito stirato e le carte in regola perché questa possa diventare un’occasione profittevole», ha incalzato Viola, concludendo: «Al di là delle raccomandazioni della Bce, lo scenario macroeconomico non cambierà in modo particolare nel breve periodo, con i tassi d’interesse che si manterranno ancora su livelli bassi, e pertanto sarà ancora difficile remunerare il capitale facendo leva sui ricavi. In questo contesto», ha concluso il banchiere, «un’eventuale aggregazione con un’altra banca va vista nell’ottica di migliorare l’efficienza dell’azienda e fare in modo» che la banca «lavori con costi industriali» più adeguati. Al momento le piste aperte sono molte, da una soluzione tutta italiana come una fusione con Ubi Banca (pur nuovamente smentita martedì dal consigliere delegato del gruppo lombardo, Victor Massiah) al matrimonio con un gruppo estero come Bnp Paribas, Santander o Bbva, senza dimenticare la possibilità di uno spezzatino che coinvolga più soggetti. Pur senza commentare le indiscrezioni, ieri Viola si è limitato a spiegare che la Bce raccomanda «passi definiti nel tempo» verso un’aggregazione, «senza indeterminatezza».
Se insomma l’ad ha passato in rassegna il lavoro svolto in questi anni e le prospettive industriali future, Profumo ha parlato delle difficoltà incontrate e ha approfittato dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe: quando Viola arrivò al Monte dei Paschi, «si trovò in uno stato di totale solitudine in cui era necessario un profondissimo cambiamento manageriale che è stato realizzato con grande consistenza, professionalità e determinazione». Davanti agli azionisti il presidente ha motivato anche la decisione di lasciare l’incarico subito dopo l’aumento di capitale: «Non mi sono candidato al rinnovo del mandato: mi è stato chiesto di accompagnare la banca nell’aumento di capitale e nella ricerca del nuovo presidente. Chi cerca, tra l’altro senza compenso, di risanare i danni fatti da altri, poi viene insultato: questo fa parte delle stranezze del nostro Paese», ha concluso Profumo.
In assemblea si è discusso anche dell’affaire Alexandria, il derivato ristrutturato nel 2009 con Nomura che la Bce avrebbe chiesto di chiudere in tempi brevi. Anche se una chiusura agli attuali livelli di spread avrebbe un impatto prossimo allo zero sul cet1, per Mps c’è un «rilevante impedimento», ha spiegato Profumo aggiungendo che, se la Francoforte insistesse nella richiesta, Mps si adeguerebbe, salvo poi tutelare i propri interessi. Il riferimento è ovviamente all’azione legale avviata contro Nomura, nell’ambito della quale la banca senese potrebbe ricalcolare la richiesta danni e portarla oltre a un miliardo. «Se c’è qualcuno che deve essere preoccupato, è Nomura», ha tagliato corto Profumo.
Altra figura molto in vista nell’assemblea di ieri è stato il numero della Fondazione Mps, Marcello Clarich, che ha preferito non sbottonarsi sull’imminente aumento di capitale: «Stiamo già lavorando con i nostri consulenti finanziari. La Fondazione ha anche un problema specifico che gli altri soci non hanno, ovvero dobbiamo chiedere l’autorizzazione al Mef, e non è una formalità». Il professore ha anche rivelato che nella proposta di bilancio 2014 il patrimonio netto dell’ente scende da 723 a 532 milioni. Sulla nomina del successore di Profumo, infine, Clarich ha annunciato il mandato a una società di cacciatori di teste come avvenuto per la composizione della lista. (riproduzione riservata)