Per la configurabilità del mobbing lavorativo, devono ravvisarsi da parte del datore di lavoro comportamenti, anche protratti nel tempo, rivelatori in modo inequivoco, di un’esplicita volontà di quest’ultimo di emarginazione del dipendente, occorrendo, pertanto dedurre e provare la ricorrenza di una pluralità di condotte, anche di diversa natura, tutte dirette -oggettivamente- all’espulsione dal contesto lavorativo, o comunque connotate da un alto tasso di vessatorietà e prevaricazione, nonché sorrette -soggettivamente- da un intento persecutorio e tra loro intrinsecamente collegate dall’unico fine intenzionale di isolare il dipendente.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 23 gennaio 2015, n. 1258