di Elena Dal Maso
Multe e accantonamenti legati a contenziosi legali, caso Libor in primis, hanno pesato sul primo trimestre diDeutsche Bank, chiuso con un utile netto di 559 milioni contro gli 1,1 miliardi dello stesso periodo 2014. La banca ha deciso di conseguenza di avviare un piano strategico al 2020 che si fonda su una mega-ristrutturazione da complessivi 3,9 miliardi.
In particolare l’istituto intende procedere al riordino delle attività di investment banking (sono previsti risparmi per 200 milioni di euro): attraverso il taglio dell’operatività nel trading sulle materie prime, nei credit default swap, negli accordi di riacquisto e sui derivati. Deutsche Bankmira inoltre a ridurre la complessità operativa per ottenere ulteriori risparmi sui costi da 3,5 miliardi di euro l’anno tramite la riduzione da 70 a 63 delle sedi estere, la chiusura di attività e la progressiva uscita dal capitale di Postbank, di cui ha in programma prima la quotazione di una quota di maggioranza. L’istituto, che non intende abbandonare la rete retail europea, dovrebbe poi chiudere 200 filiali entro il 2017 in Germania e investire 1 miliardo di euro in tecnologie digitali per migliorare le proprie piattaforme e incrementare l’automazione dei processi. Il piano determinerà una riduzione della redditività con un obiettivo di Roe che passa dal precedente 12% al 10% e contestualmente un incremento del leverage ratio al 5% rispetto all’attuale 3,4%. Una terapia d’urto, con tanto di profit warning, che il mercato ha fatto fatica a digerire e il titolo ha così ceduto più del 5% sul Dax.
Quanto ai risultati, sul primo trimestre hanno inciso nuovi accantonamenti per 1,5 miliardi; alla fine di marzo il gruppo aveva messo a riserva per eventuali problemi legali 4,8 miliardi di euro. In forte crescita invece (+24%) i ricavi netti a 10,4 miliardi di euro grazie a performance positive in tutti i segmenti di business e alla forte incidenza dei cambi favorevoli. Il risultato prima delle imposte è stato di 1,5 miliardi, in calo del 12% rispetto allo stesso periodo del 2014. Il Common Equity Tier 1 (Cet 1) ratio si è attestato all’11,1%, in calo dello 0,6% rispetto alla fine del 2014. Secondo Jürgen Fitschen e Anshu Jain, i due amministratori delegati, «nel primo trimestre i ricavi sono stati vicini a livelli record, che riflettono la forza del gruppo in tutte le attività principali. I profitti sono stati influenzati da spese legali pari a 1,5 miliardi». I migliori risultati si sono registrati nella divisione Corporate Banking and Securities (CB&S), in quella del debito (Debt Sales) e nel trading ma anche il Retail banking e il Global transaction banking hanno resistito nonostante i bassi tassi.
A livello europeo va segnalata ancora una volta la performance della branch italiana guidata da Flavio Valeri, che è ormai la prima fonte di business dopo la Germania: lo scorso anno sono stati erogati 40 miliardi di euro di impieghi e 1,5 miliardi di euro di mutui (+17% rispetto al 2013). Il Paese resterà perciò centrale nella strategia del gruppo. In Italia ci sono circa 2,5 milioni di clienti e l’obiettivo del gruppo è arrivare a 5 milioni fuori dalla Germania (dove sono 8 milioni). La strategia per il Paese quindi continuerà a essere lo sviluppo del le attività nel retail, nell’asset management e nel global transaction banking. Deutsche Bank è anche il primo operatore estero per raccolta netta in Italia nell’asset management, gestisce 40 miliardi di masse ed è tra gli operatori più attivi sul mercato degli Etf, con 159 prodotti quotati a Piazza Affari. Nell’investment banking, con sei grandi operazioni per un valore di oltre 20 miliardi di dollari nel 2014, è l’advisor più attivo sulle operazioni finanziarie in Italia ed è al primo posto nell’m&a per valore delle operazioni al 30 giugno 2014. (riproduzione riservata)