Perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa stessa e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, nè implica uno specifico obbligo di custodire, analogo a quello previsto per il depositario; funzione della norma è, in tal senso, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa stessa.
Si deve, pertanto, considerare custode chi di fatto controlla le modalità d’uso e di conservazione della cosa.
Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma a un elemento esterno.
In sostanza, nella responsabilità da cosa in custodia, la presunzione stabilita dall’art. 2051 c.c., presuppone la dimostrazione, a opera del danneggiato, dell’esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso.
Cassazione civile sez. III, 13/01/2015 n. 295