Il bene giuridico tutelato dalla norma attiene alla necessità di accertare le modalità del sinistro e di identificare coloro che ne siano coinvolti, conseguentemente ritenendosi idonea a integrare il reato anche la condotta di chi effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo, dovendo la sosta durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime attività di indagine.
Nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell’art.189, comma 1, cod. strada, la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo e ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro coloro che sono obbligati a fermarsi e a prestare assistenza, ove necessario.
Si tratta, in sostanza di reati istantanei di pericolo, il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post, sicché una volta verificatosi l’antefatto previsto dal comma 1, da intendersi come sinistro connesso alla circolazione stradale, sarebbe incompatibile con l’oggetto giuridico del reato e con la natura di reato di pericolo asserire che l’obbligo di attivarsi sia escluso per colui che, pur coinvolto nel sinistro, non ne sia responsabile.
Il combinato disposto dei commi 1, 6 e 7 dell’art.189 d.lgs. n.285/1992, non lega l’obbligo di assistenza alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo di assistenza è riferito; nella previsione incriminatrice manca qualsiasi rapporto che condizioni la esistenza dell’obbligo di attivarsi alla qualificazione come reato della condotta dell’utente.
All’evidenza, la sola condizione per la esigibilità dell’obbligo di fermarsi e, ove necessario, di prestare assistenza e la punibilità dell’omissione di tali obblighi è posta nella generalissima relazione di collegamento (a qualsiasi titolo) tra incidente e comportamento di guida dell’utente della strada.
In definitiva, l’art. 189, comma 1, cod. strada, disponendo che “L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona”, ha inteso attribuire all’espressione incidente comunque ricollegabile al suo comportamento il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il soggetto la cui condotta omissiva è penalmente sanzionata.
La Corte territoriale ha, dunque, correttamente interpretato la disposizione che sanziona la condotta omissiva dell’utente della strada, comunque coinvolto in un sinistro, che non sia fermato, ritenendo che tale obbligo sussista indipendentemente dalla responsabilità nel sinistro.
L’elemento soggettivo del reato previsto dall’art.189, comma 6, cod. strada è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all’utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall’incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di fermarsi. In altre parole, per la punibilità è necessario che ogni componente del fatto tipico (segnatamente il verificarsi di un sinistro idoneo ad arrecare danno alle persone, collegabile al comportamento dell’agente) sia conosciuta e voluta dall’agente.
A tal fine, è però sufficiente anche il dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio: ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all’incidente, è sufficiente che, per le modalità di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, l’agente si rappresenti la probabilità – o anche la semplice possibilità – che dall’incidente sia derivato un danno alle persone e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, 13 gennaio 2015 n. 1276