Adriano Bonafede
A ttenti a quei due. Per i big delle assicurazioni, da Generali a UnipolSai ad Allianz Italia, il pericolo arriva adesso dall’esterno del loro mondo: da Intesa Sanpaolo e dalle Poste. Ovvero da una banca (la più grande d’Italia) e da una società pubblica, peraltro in corso di parziale privatizzazione e legata a doppio filo con il Tesoro. L’incredibile boom delle polizze vita vendute attraverso gli sportelli dell’istituto bancario e delle Poste – entrambe hanno di fatto raggiunto in un caso e in un altro addirittura superato la raccolta di Generali Italia con oltre 13 miliardi di euro nel 2013 – non è il punto d’arrivo, ma soltanto l’antipasto di un’offensiva che nei prossimi anni potrebbe provocare grandi mal di pancia ai big assicurativi. Un attacco che tende a colpire le compagnie proprio dove più alta è la loro redditività, ovvero nei rami danni. E dove, ad esempio, Generali ha già dichiarato di voler crescere di più. La potenza di fuoco di gruppi come Intesa da una parte e di Poste dall’altro è davvero impressionante, e la marcia dei loro eserciti sembra per ora inarrestabile, tanto che qualcuno parla di un “nuovo modello di business” in grado di mettere in crisi il tradizionale impianto assicurativo rosicchiando importanti quote di mercato. Il gruppo bancario, forte di 4.700 sportelli e di una ristrutturazione – guidata da Gianemilio Osculati – che ha fuso le quattro società prima esistenti (Eurizon Vita, Intesa Sp Vita,
Sud Polo Vita e Centrovita), ha messo a segno un più 93 per cento di raccolta vita nel solo 2013, oltrepassando di fatto Generali con 13,9 miliardi contro 13,3. Nessuna impresa assicurativa è in grado di raggiungere, con la sola forza della rete agenziale, risultati del genere. È vero che ogni compagnia utilizza anche le vendite attraverso accordi con le banche (la famosa “bancassicurazione”, l’unica in grado di produrre grossi volumi) ma è anche vero che il più grande istituto creditizio italiano ha una potenza decisamente superiore. E dire che Intesa aveva una joint venture al 50% con Generali fino al 2007: quest’ultima poi vendette la sua quota (anche perché l’ad Passera aveva in mente di fare da solo, com’è poi avvenuto) ma guadagnandoci bene, soprattutto vista la crisi successiva. Impressionante anche la tabella di marcia di Poste, che pur partendo da una raccolta già molto elevata (era al secondo posto come gruppo nel 2012) ha registrato nel 2013 un incremento del 26 per cento che l’ha portata a superare i 13,2 miliardi. Ma il progresso di Intesa Vita e di Poste Vita deriva anche dalle difficoltà vissute negli ultimi anni dal debito pubblico italiano, che hanno consigliato a molte compagnie di ridurre la vendita di polizze vita (che sono piene di titoli di Stato). Poste (quasi per natura) e Intesa non hanno invece avuto paura a emettere polizze piene di titoli pubblici italiani. Sia Intesa che Poste hanno però già lanciato il guanto della sfida sui rami danni, con prospettive davvero notevoli: «In Italia – dice Giuseppe Latorre, partner di Kpmg Advisory – la quota nei rami danni degli istituti di credito è del 2 per cento. In Spagna, Francia e Gran Bretagna siamo già al 10 per cento. Dunque c’è un notevole spazio di crescita ». Il punto è che i rami danni, a cominciare dall’Rc auto, non spaventano più nessuno. Infatti assicurare l’auto è diventato un busines profittevole. E c’è spazio per le innovazioni. Intesa, ad esempio, è molto orgogliosa di aver inventato un uso diverso della cosiddetta “scatola nera” che registra i movimenti ed è stata utilizzata finora soprattutto per premiare gli automobilisti più disciplinati o che fanno meno chilometri. Con Intesa questa scatola è diventata anche un modo per aiutare i clienti che si trovano in difficoltà fornendo loro servizi innovativi. Intesa ha l’obbiettivo di moltiplicare per sei il numero delle polizze danni vendute entro il 2017, arrivando a un milione. Anche alle Poste, la sensazione è che si sia sul punto di spingere l’acceleratore sul ramo danni, una volta risolto il problema del rinnovo del management. Insomma, l’innovazione nelle polizze Rc auto sembra arrivare in questo momento più dai newcomers che dalle tradizionali compagnie. «Le imprese assicurative – dice Latorre – dovranno rispondere alla sfida lanciata dalle banche e dalle Poste andando anche loro su prodotti innovativi e usando la leva del prezzo. È chiaro che si deve andare verso la tecnologia, un fatto tuttavia favorito dal guadagno certo che le polizze danni promettono ancora».