In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi dell’art. 21 della legge 24 dicembre 1969 n. 990
– deve intendersi non solo la vittima diretta dell’incidente
– ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa
così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell’ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale).
Una volta ammesso che le vittime secondarie hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, non solo per la morte del congiunto, ma anche per le sue lesioni, la locuzione “persona danneggiata” ben difficilmente può essere limitata a quella di vittima diretta, dato che anche la vittima secondaria è una vittima diretta.
Pertanto, la possibilità riconosciuta anche a soggetto diverso da quello che è stato coinvolto direttamente nel sinistro stradale, di domandare iure proprio il risarcimento del danno subito comporta che anche questi vada qualificato a pieno titolo persona danneggiata direttamente dall’incidente stradale; resta naturalmente fermo il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale)”.
Con l’ulteriore conseguenza che, sulla base del principio della par condicio dei danneggiati, qualora il massimale catastrofale sia insufficiente a soddisfare tutti i crediti risarcitori, i diritti delle persone vanno proporzionalmente ridotti fino alla concorrenza delle somme disponibili
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 novembre 2013 n. 26359.