Adriano Bonafede
C ambia la direzione del vento per la galassia del Nord Est. Da un po’ di tempo a questa parte ha cominciato a soffiare verso Ovest. Perso il baricentro costituito da Generali, che con il dopo Perissinotto è entrata in una nuova stagione, Palladio, la finanziaria di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago che ha svolto in questi anni un ruolo di riferimento per tutta la finanza nordestina, ha ormai trovato in Intesa Sanpaolo un nuovo partner strategico. Lo dimostra una volta di più l’ultima operazione congiunta messa in campo pochi giorni fa: il doppio e contemporaneo ingresso della banca guidata da Carlo Messina e di Palladio nel Rina con una quota (divisa pariteticamente) che al termine del piano dovrebbe arrivare al 30 per cento. Un bel colpo perché il Rina sta marciando a grandi passi verso la quotazione e quindi non occorrerà aspettare moltissimo prima di vedere i frutti di questo investimento. Con Intesa Sanpaolo la sintonia è piena. Non è un caso che lo scorso anno la banca sia entrata nel capitale di Palladio prima con una piccola quota e poi abbia deciso, a novembre, di salire al 9 per cento. Così Intesa è diventata il terzo azionista di Palladio dopo Pfh1, la finanziaria di Meneguzzo e Drago che ne detiene la maggioranza assoluta, e Veneto Banca. La strategia di Intesa nei confronti di Palladio e delle operazioni che quest’ultima mette in campo non è cambiata con l’arrivo di Carlo Messina, anzi in un certo senso si è rafforzata. Già nel
2011, infatti, Intesa era entrata nel capitale di Vei, il fondo di private equity gestito da Palladio, con un primo investimento di 60 milioni di euro. I passi successivi, con l’ingresso nel capitale di Palladio e l’acquisizione della partecipazione in Rina, dimostrano che l’accordo funziona. Del resto, Intesa ha quasi per vocazione – sotto la regia del dg Gaetano Micciché – un’attenzione verso il settore del private equity, del venture capital e delle start up. E ha dei buoni motivi per investire in Palladio e con Palladio, dove ha trovato – secondo quanto i suoi stessi manager hanno nel corso del tempo affermato – un management team di esperienza, un equilibrio tra investimenti di private equity puro e investimenti in infrastrutture ed energia; un radicamento dell’iniziativa nel Nord est d’Italia e la possibilità di partecipare direttamente alla governance con la sua quota del 9 per cento. Il bello è che proprio l’investimento nel fondo Vei da parte di Generali, tuttora presente con un apporto di ben 150 milioni, è una delle sette operazioni finite sotto il faro della gestione Greco e poi anche del pm Federico Frezza per possibili irregolarità. Una di quelle operazioni che hanno coinvolto un po’ tutti i principali personaggi della finanza nordestina, dagli stessi Meneguzzo e Drago a Enrico Marchi e Andrea de Vido (Finint e Save) alla famiglia Amenduni. La decisione di Generali di accendere un faro sulle operazioni meno chiare – mossa peraltro dovuta anche per le richieste in tal senso provenienti da Ivass e da Consob – ha avuto però l’effetto pratico di smorzare i legami che l’ex ad Perissinotto aveva stretto con i protagonisti della finanza del Nord Est, a cominciare naturalmente da Palladio. E di rafforzare quelli di quest’ultima con Intesa. La sequenza temporale degli avvenimenti dice più di ogni parola. Nel 2011 Intesa era entrata in Vei, il fondo che originariamente era della stessa Generali ma che non aveva dato i suoi frutti ed era quindi stato ceduto a Palladio. In quel momento la banca era entrata, come partner minore, in un business dove già il gruppo di Trieste la faceva da padrone. Peraltro, Intesa aveva allora anche una quota nella compagnia pari all’1,6 per cento circa, derivante dagli antichi rapporti con Generali per la bancassicurazione. A novembre dello scorso anno Intesa vende il suo residuo 1,3 per cento (il resto l’aveva già ceduto) spezzando ogni legame con Generali. Contemporaneamente rafforza la sua partecipazione nel capitale di Palladio e prepara nuove operazioni congiunte come quella poi avvenuta con Rina. Tutto questo mentre tutta la finanza nordestina vede con sempre maggiore diffidenza l’iniziativa, pur dovuta, di Generali, che rimbalza sulla stampa producendo effetti a catena anche sulla credibilità dei personaggi coinvolti, da Meneguzzo-Draghi a Marchi-de Vido. L’effetto finale è uno switch tra il Leone di Trieste e Intesa San Paolo nello svolgimento di una funzione di riferimento per gli investimenti in private equity nella ricca area del Nord Est. Nel grafico, la ricostruzione del complesso intreccio azionario fra la “Galassia del Nord est” che fa perno su Palladio, e altre banche e soggetti tra cui Generali, in posizione statica, e Intesa San Paolo, in crescita