di Carlo Giuro
Si riaccendono i riflettori sui rating delle agenzie. La Covip ha emanato una circolare ad hoc con cui vengono forniti ulteriori chiarimenti applicativi relativi all’utilizzo dei giudizi di rating da parte dei fondi pensione. L’obiettivo è quello di operare con diligenza, correttezza, trasparenza nell’interesse degli iscritti. II tema è infatti particolarmente delicato in considerazione dell’impatto potenziale che la valutazione di tale parametro comporta nell’asset allocation strategica e tattica degli investitori istituzionali e nella valutazione dei titoli. L’eccessiva dipendenza dal rating amplifica infatti il cosiddetto cliff effect, cioè la vendita abnorme dei titoli di un emittente declassato, con effetti a cascata su altri emittenti che si trovano in condizioni simili. Va rammentato che l’Autorità di Vigilanza era già intervenuta con una comunicazione del 27 gennaio 2012 a seguito del declassamento del rating dei titoli di Stato italiani, per precisare il comportamento che gli organi di amministrazione devono adottare con riferimento alla previsione contrattuale prevista nelle convenzioni di gestione sui livelli minimi di rating dei titoli da inserire e mantenere in portafoglio.
L’eventuale obbligo a dismettere titoli di Stato italiani avrebbe comportato e comporterebbe infatti il rischio di sostenere e consolidare consistenti perdite in conto capitale. La Covip precisava di rimettere alla discrezionalità degli organi di governance, in particolare il consiglio di amministrazione, la ponderazione sul da farsi, evidenziando però come la valutazione delle agenzie di rating debba essere considerata come uno dei fattori di ponderazione ma non l’unico, lasciando invece aperta la possibilità di inserire nel patrimonio conoscitivo qualsiasi informazione ritenuta utile. La Covip precisava poi in ogni modo come sia da evitarsi un utilizzo automatico dello strumento, che spinga il gestore a smobilizzare i titoli in occasione del loro declassamento. Da ricordare che il decreto 703/96, che definisce i criteri di investimento, parla di rating elevato, senza porre limiti specifici che invece devono essere indicati dai singoli fondi. La Covip apriva allora anche alla possibilità, valutando la congiuntura attuale dell’area euro come giustificativa di necessità e di urgenza, di effettuare modifiche statutarie dei fondi negoziali e regolamentari per i fondi aperti e pip ai sensi del Regolamento Covip 15 luglio 2010 in via semplificata, senza cioè avviare specifica procedura di approvazione formale presso la medesima autorità di vigilanza. Con la circolare del 22 luglio 2013, inoltre, la Covip rileva la necessità di adottare opportune misure che limitino l’utilizzo esclusivo o meccanicistico dei giudizi di rating nelle decisioni di investimento e disinvestimento.
In questa prospettiva viene allora raccomandato ai fondi pensione di precisare nelle convenzioni gestorie che eventualmente prevedano un livello minimo di rating per gli investimenti obbligazionari, che tale rating costituisce solo uno dei fattori utili per la valutazione del merito creditizio degli emittenti i titoli di debito. Identico ragionamento va applicato ai fondi pensione che operino finanziariamente con gestione diretta. Il nuovo intervento di quest’anno della Covip fornisce chiarimenti applicativi in merito alla circolare del luglio 2013. Viene precisato in primo luogo che nella valutazione dell’adeguatezza del merito creditizio dovranno essere utilizzati criteri diversi e ulteriori rispetto al rating almeno relativamente agli emittenti verso i quali siano detenute posizioni rilevanti. Al contempo, deve essere valutata attentamente l’adozione di criteri alternativi che possano dar luogo a meccanismi altrettanto automatici e rigidi. La Commissione, nella fattispecie in cui la gestione sia affidata a terzi, rammenta ai soggetti vigilati la necessità di individuare soluzioni contrattuali e operative che consentano di gestire il rischio di credito in modo adeguato. In particolare, gli organi di amministrazione dei fondi pensione sono tenuti a indicare nelle convenzioni di gestione i criteri generali di valutazione del rischio del credito che dovranno essere poi considerati dai gestori. (riproduzione riservata)