di Stefania Ballauco Inserto a cura di Germana Martano

 

«è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio», diceva il premio Nobel per la fisica Albert Einstein.

La crisi finanziaria degli ultimi anni e le recenti vicissitudini politiche stanno contribuendo a tirar su generazioni di scoraggiati e impauriti che agiscono con una visione e una percezione dei fatti per nulla pulite e sgombre da preconcetti se non addirittura da tabù.

E come biasimarli. Se poi si parla di risparmio, l’argomento diventa ancora più delicato e spesso a condizionare i comportamenti degli investitori non sono solo fatti oggettivi ma anche la percezione che gli individui hanno della realtà, forgiata dalle proprie esperienze personali, che poi determina approcci differenti in termini di propensione al rischio, fiducia nel mercato, negli investimenti e negli interlocutori cui ci si affida. Se è quindi la percezione degli esseri umani a valere, spesso, più dell’oggettività dei fatti – non a caso hanno preso sempre più piede in ambito economico discipline come la finanza comportamentale – è forse proprio su questa che è opportuno concentrarsi. Questo almeno ha fatto Anasf, che dal mese di ottobre, in collaborazione con l’Università Bicocca di Milano, ha inserito all’interno della propria storica indagine Real Trend un set di domande centrato proprio sulla percezione che il campione di intervistati – circa 600 soci – ha rispetto alla gravosità del rapporto con i propri clienti e alla loro propensione al rischio, chiedendo anche di pronunciarsi, questa volta però sulla base di un esame oggettivo, sulla propria fiducia sul futuro dell’economia e della finanza come anche del proprio lavoro.

Cosa ne è emerso? Se nell’ottobre 2013 la «leggerezza» e la facilità nei rapporti coi clienti avevano raggiunto il valore massimo registrato nei primi sei mesi di rilevazione (4,74 in una scala da 1 – «massima pesantezza, la fatica del rapporto con il cliente è diventata insopportabile» – a 7 – «massima leggerezza, il rapporto con il cliente è fonte di continue gratificazioni») nei mesi successivi è stata registrata una caduta fino al livello di minima (o di massima gravosità) nel mese di febbraio (4,24). «Si tratta di un calo del 10% rispetto al punteggio medio, calo che può essere letto in più modi», ha commentato il prof.

Luigi Ferrari, coordinatore della ricerca per la Bicocca. «Un ruolo importante è giocato dall’andamento dei listini e, quindi, dalle perdite/guadagni dei portafogli della clientela, ma anche altri fattori non vanno sottovalutati (carichi di lavoro stagionali, adempimenti ecc.) che meritano approfondimenti e attenzione».

I promotori finanziari appartenenti al panel hanno fatto poi registrare un calo nel loro ottimismo maturato soprattutto a fine 2012, con il valore più basso nel gennaio 2013. «Occorre esercitare una grande prudenza nella lettura di questi dati», hanno voluto sottolineare Ferrari e il collaboratore Federico Magri. «I valori sono tra loro molto simili e tutti concentrati intorno a un intervallo piuttosto piccolo del range dei punteggi possibili e ammessi.

Non è ancora possibile stabilire se queste variazioni siano del tutto casuali in una situazione molto stabile; ciò nonostante il dato merita attenzione proprio per la coerenza con gli avvenimenti, soprattutto della politica italiana, intercorsi nei primissimi mesi del 2013. Come si sa – e come in parte si è già visto a proposito della gravosità del rapporto con i clienti – gli ultimi mesi del 2012 sono stati, dal punto di vista professionale, molto soddisfacenti per i promotori finanziari. È ragionevole pensare che con l’inizio del 2013 questo ottimismo sia calato nella popolazione di professionisti intervistati e ciò proprio in ragione della complessità della vicenda politica recente nel nostro Paese, nonché delle vicende internazionali come il caso Cipro», ha aggiunto Ferrari. «In febbraio si è verificata una lieve ripresa e sarà molto interessante andare a leggere i dati dei prossimi mesi, per cogliere il peso della vicenda politica sul sentiment dei promotori finanziari. Solo lo studio dell’evoluzione in un tempo prolungato di questa variabile potrà darci qualche sicurezza in più sulla legittimità di questa interpretazione», ha aggiunto il docente dell’Università Bicocca.

E i clienti come stanno affrontando questi mesi? «La propensione al rischio è andata crescendo fino al valore massimo nel dicembre 2012», hanno commentato Ferrari e Magri. «In seguito, è calata, sia pure molto lentamente. Nel complesso, per quanto si riferisce ai clienti, le variazioni sono state modeste sia in gennaio sia in febbraio. Il raffronto tra propensione al rischio dei clienti e l’ottimismo/pessimismo degli operatori può far avanzare l’ipotesi che i promotori finanziari reagiscano più velocemente e più ampiamente alle novità sociopolitiche di quanto non facciano i clienti. Come dire, in parole povere, che la clientela ha una propensione al rischio lenta a cambiare, più inerziale, più simile a un’onda lunga che a un susseguirsi di movimenti volatili rapidi di notevole ampiezza. Ovviamente, tutto questo è solo un’impressione qualitativa», hanno aggiunto.

Un’altra evidenza che emerge dall’analisi dei primi sei mesi di rilevazione è che se da una parte la correlazione positiva tra gravosità della relazione col cliente e fiducia dei professionisti nel futuro professionale ed economico era del tutto ovvia e prevedibile, meno ovvio è stato constatare la correlazione positiva e significativa tra gravosità e vissuto dei promotori finanziari sulla propensione al rischio dei clienti. Dai dati si può concludere che la relazione con il cliente diventa gravosa quando quest’ultimo è spaventato e chiede al promotore finanziario investimenti in portafogli conservativi. «Dai dati emerge un quadro psicologico abbastanza chiaro», hanno commentato i ricercatori. «È più laborioso psicologicamente trasmettere fiducia al cliente timoroso che frenare il cliente euforico».

L’analisi effettuata ha anche voluto codificare le risposte del campione relativamente ad alcuni dati anagrafici e cioè il genere e l’età. Quanto al primo, i dati mostrano una differenza piuttosto netta nelle risposte: in merito alla gravosità del rapporto con la propria clientela le donne riportano valori più positivi dei colleghi uomini, mentre in riferimento alla propensione al rischio le promotrici finanziarie rilevano tra i risparmiatori che seguono valori inferiori rispetto a quelli indicati dai promotori uomini, quasi a voler dire che la clientela più prudente si affida più facilmente a operatori donne. Ma, per poter dare una completa e giusta interpretazione su questa area di indagine ci vorrebbe un più ampio approfondimento. Quanto al secondo dato demografico analizzato, anche l’anzianità sembra avere un peso nella percezione degli aspetti delle relazioni con i clienti: maggiore è l’anzianità del professionista, maggiore è la fiducia. Non solo. Tra i «veterani» sale la percezione della propensione al rischio attribuita alla propria clientela.

«I primi risultati dell’indagine che Anasf ha realizzato in questi mesi in collaborazione con l’Università Bicocca parlano di professionisti vicini alla propria clientela e raccontano al contempo dei grandi sforzi che la categoria sta effettuando per rendere il miglior servizio possibile ai risparmiatori», ha commentato il presidente Maurizio Bufi. «La crisi finanziaria e le vicende politiche del nostro Paese hanno complicato ulteriormente il nostro lavoro, ma sappiamo che i promotori finanziari sono campioni nell’assistenza agli investitori. Una corretta pianificazione è dettata oltre che da una comprensione profonda delle esigenze dei risparmiatori, dove coesistono necessità oggettive e fattori psicologici, che ricoprono un ruolo cruciale, anche da elementi quali la propensione al rischio, legata ad aspetti prettamente tecnici ma anche dalla percezione che si ha del mercato. Qui entra in gioco il ruolo fondamentale del promotore finanziario, che deve saper arginare le euforie e non alimentare la paura dei risparmiatori in caso di volatilità, ma anche non perdere mai di vista gli obiettivi. È un compito arduo, connotato anche da una forte componente educativa al risparmio che da tempo Anasf sottolinea. Una funzione che l’industria deve saper valorizzare», ha concluso Bufi.