I fondi sovrani snobbano l’Italia. Lo sostiene un recente paper pubblicato dalla Banca d’Italia dedicato alle strategie di portafoglio adottate in questi ultimi tempi da 29 tra i maggiori fondi sovrani governativi. Immensi patrimoni gestiti dai governi, in gran parte da quelli dei Paesi asiatici, pronti a acquisire quote più o meno rilevanti in questa o quella azienda.
A guidare la classifica delle economie avanzate, che da sole raccolgono il 70% degli investimenti dei fondi, sono però Stati Uniti e Regno Unito, complici anche gli elevati standard nella regolamentazione presenti nei Paesi, specifica Bankitalia. Dal documento realizzato dagli esperti dell’Istituto guidato da Ignazio Visco emerge però anche un’altro particolare interessante.
A causa della crisi finanziaria globale «negli ultimi anni è cresciuto l’interesse dei fondi sovrani per il settore energetico e delle utility» a discapito del più tradizionale comparto finanziario. In questi settori gli investimenti sono pressoché triplicati, passando dal 5% del 2000 al 15% degli ultimi anni, tanto che a fine 2011 la quota di portafoglio azionario allocata nell’energia e nelle utilities era pari al 26% del totale. A guidare la pattuglia dei fondi a caccia di energia e materie prime è la Cina, bisognosa di «soddisfare il proprio fabbisogno di materie prime e di fonti energetiche». Il tutto come detto, a fronte di un progressivo abbandono delle operazioni prettamente finanziarie, che comunque continuano a rimanere il core business dei fondi sovrani. Negli ultimi anni gli acquisti di pacchetti sono infatti passati dai 90 miliardi del 2007 agli 11 del 2009, per poi successivamente riprendersi e tornare su un valore di 32 miliardi. (riproduzione riservata)