Fra i temi ampiamente trattati al Salone del Risparmio c’è la tutela dell’investitore. La conferenza plenaria di inaugurazione è intitolata infatti Fiducia e tratta anche della centralità del risparmiatore; il 18 aprile Pioneer organizza il convegno dal titolo «Ridisegnare la mappa degli investimenti: nuovi rischi, nuove opportunità», mentre Schroders tratta di «finanza comportamentale al servizio della consulenza».
Nel solo 19 aprile sono in programma cinque conferenze dedicate all’investimento etico e responsabile. Ma chi e cosa protegge oggi l’investitore? Secondo Antonio Tognoli, vicepresidente dell’Aiaf, l’Associazione italiana degli analisti finanziari, «dopo il Codice civile vengono le società di revisione (per le società quotate), poi autorità come la Consob, con la normativa Mifid, recepita nel Testo Unico delle finanza, che disciplina per esempio le Opa e impone altre regole alle società quotate». Oggi non va trascurata la figura dell’analista finanziario, entrata di prepotenza nella vita quotidiana dell’investitore che, in tempo di crisi, ha bisogno di una bussola. Qui, il rischio di conflitti d’interesse è dietro l’angolo e allora ecco i regolamenti Consob. «Tuttavia», spiega Tognoli, «tutto va armonizzato, in modo che il risparmiatore sappia cosa compra». Perché in Italia, buchi normativi e scappatoie sono sempre in agguato. Prendiamo il Codice civile: gli articoli che disciplinano il bilancio (il 2423 e seguenti) sono dettagliati ma il falso in bilancio è stato depenalizzato: è rimasta solo la sanzione amministrativa che mal si rapporta in genere all’entità del danno causato dal reato. Neanche la Consob può definirsi perfetta. «Sorveglia ma spesso agisce in via successiva e non preventiva», ammette Tognoli, che invita a tenere in mente il caso Parmalat. «Sarebbe necessaria», sostiene l’esperto, «un’autorità simile a quelle che all’estero agiscono con la moral suasion. Ma soprattutto», dice Tognoli, «sarebbe necessaria l’unità d’intenti tra le Consob europee». Altro punto debole, secondo Tognoli: gli stessi analisti finanziari. «Non sono regolamentati, non c’è un albo». Ergo, almeno in teoria, chiunque potrebbe scrivere di analisi finanziaria. «Per questo», fa notare Tognoli, «l’Aiaf propone da tempo a livello governativo di regolamentare la professione. Come? Magari obbligando chi vuol fare questo lavoro a sostenere un esame».
Che in Italia il tema dell’analisi finanziaria (e degli analisti) sia centrale per la borsa e gli investitori lo si evince dal recente studio della Consob intitolato «L’impatto dei report degli analisti finanziari sui prezzi delle small cap in Italia». Un tema, quello delle imprese di piccola a media capitalizzazione, collegato al primo. Perché, spiega Pietro Gasparri, consigliere Aiaf e coordinare della Commissione lavoro, con questa crisi si assiste al calo di volumi intermediati e commissioni, così i broker devono ripensare il modello di business. Devono, cioè, risparmiare. Il fatto è, fa notare Gasparri, «che ridimensionando l’attività di ricerca i grandi player si concentrano sulle blue chip a danno delle società più piccole, su cui un paese come l’Italia dovrebbe puntare essendo il grosso del tessuto produttivo». Il rischio è che i broker abbandonino queste realtà concentrandosi sulle quotate più grandi. Le quali dormono sonni tranquilli, perché i titoli non essendo tanti sono seguiti a dovere. Chi ci rimette sono i piccoli, scarsamente seguiti dagli analisti e ancora più difficili da capire per l’investitore privato. Che così rischia. Perché gli analisti, sono al servizio degli investitori e del mercato. Per evitare il collasso Aiaf si è attivata costituendo un’apposita Commissione, il cui compito è quello di proporre ai principali operatori del mercato (Borsa, Consob, Assogestioni) possibili soluzioni al problema della copertura delle mid e small caps. (riproduzione riservata)