Con Regolamento ISVAP n. 39 del 9 giugno 2011 sono state introdotte disposizioni in tema di politiche di remunerazione nelle imprese di assicurazione, finalizzate ad assicurare l’adozione di politiche retributive in linea con una sana e prudente gestione dei rischi e con le strategie, la redditività e gli interessi di lungo termine dell’impresa.
A tal fine, le imprese sono state chiamate ad applicare principi e criteri volti a garantire un processo decisionale trasparente, sistemi di verifica sull’attuazione delle politiche adottate e la definizione di sistemi retributivi diretti a premiare risultati effettivamente conseguiti e duraturi evitando di incoraggiare eccessive assunzioni di rischi.
In sede di prima applicazione l’esame delle politiche adottate dalle imprese ha fatto emergere la necessità di fornire chiarimenti su alcune prescrizioni regolamentari sulle quali sono state riscontrate maggiori difficoltà di allineamento con la normativa.
L’IAVSS ha pubblicato una lettera con la quale fornisce precisazioni e chiarimenti volti ad agevolare una corretta ed omogenea applicazione della disciplina.
1. Destinatari delle politiche di remunerazione
In linea con la definizione normativa di “personale” (art. 2, comma 1, lett. f), si rappresenta che il novero dei soggetti individuati dall’impresa quale personale risk taker deve essere identificato in modo chiaro, non ritenendosi sufficienti individuazioni per categorie generiche (es. i dirigenti) che non consentono di comprendere coloro ai quali si applicano le politiche di remunerazione né le scelte operate.
In tale prospettiva, nel processo diretto all’identificazione dei suddetti soggetti, le imprese devono considerare attentamente le posizioni individuali degli stessi in base ai criteri indicati dal Regolamento e in particolare alla circostanza che, nell’ambito del personale risk taker, dovranno essere ricondotti quei soggetti che effettivamente hanno il potere di incidere in modo significativo sul profilo di rischio dell’impresa.
2. Struttura dei sistemi di remunerazione ed incentivazione
Le norme regolamentari (Titolo III) dettano una serie di principi per la corretta definizione della struttura della retribuzione variabile.
In linea generale, deve osservarsi che i principi previsti dal regolamento rivestono valenza generale per qualunque tipologia di remunerazione variabile, indipendentemente dalle modalità con cui la stessa viene erogata, incluse le remunerazioni variabili una tantum.
Ferma l’autonomia dell’impresa nella fissazione di limiti massimi di importo per la remunerazione variabile, si conferma l’importanza di valutare attentamente il rapporto tra retribuzione fissa e variabile e di evitare che la parte variabile della retribuzione sia eccessivamente elevata.
In tale ottica, al fine di assicurare un adeguato bilanciamento tra le due componenti, i criteri di determinazione della remunerazione variabile non devono essere tali da incoraggiare inappropriate assunzioni di rischi ed al contempo la parte fissa della remunerazione non deve essere contenuta ad un livello tale da non consentire l’operatività, al ricorrere dei presupposti che ne giustificano l’applicazione, dei meccanismi previsti dalla normativa per tener conto dell’andamento nel tempo dei rischi assunti dall’impresa e dei risultati effettivamente conseguiti (malus e claw back).
Si richiamano inoltre le imprese a porre specifica attenzione in ordine alla necessità di evitare politiche di remunerazione basate in modo esclusivo o prevalente sui risultati di breve termine (art. 4). A tal fine le imprese dovranno prevedere adeguati aggiustamenti che consentano di evitare che un eccessivo sbilanciamento della remunerazione di breve termine rispetto a quella di medio-lungo termine, sia per ammontare che per tempi di erogazione, possa introdurre meccanismi distorsivi che, in senso difforme dagli obiettivi della disciplina, incentivino eccessive esposizioni al rischio.
Con riguardo all’individuazione dei parametri per il riconoscimento della componente variabile della remunerazione, si richiamano le imprese ad una opportuna considerazione e combinazione di criteri (artt. 12 e 19) che, oltre ai risultati ottenuti dal singolo, tengano complessivamente conto sia dell’andamento del gruppo che dei risultati dell’impresa, (nonché per il “personale”, ove appropriato, dell’unità di appartenenza).
Nella definizione dei parametri, dei criteri e degli obiettivi presi a riferimento per il riconoscimento al “personale” della componente variabile della retribuzione vanno evitate omogeneizzazioni che non consentono di tenere in adeguato conto dei differenti ruoli e responsabilità assunti all’interno dell’impresa.
Con riguardo alle norme in tema di fissazione e misurazione dei risultati (art. 12), si sottolinea l’importanza di impiegare indicatori di misurazione delle performance che incorporino in modo adeguato i rischi, anche prospettici, associati ai risultati conseguiti ed i correlati oneri. In tale prospettiva, il riferimento al solo indice di solvibilità nel regime Solvency I o a meri indicatori di bilancio non risulta coerente con il contenuto delle previsioni normative finalizzate a prevedere l’erogazione di compensi variabili sulla base di risultati effettivamente conseguiti. In tal senso, ad esempio, anche il solo indicatore ROE (return on equity) non tiene conto adeguatamente del rischio insito nell’attività aziendale. Indicatori di performance derivanti dall’applicazione di regole contabili dovranno essere pertanto opportunamente rettificati per cogliere in modo adeguato i rischi e gli oneri in un orizzonte temporale non breve e consentire di valutare risultati duraturi ed effettivi. Ciò posto, sotto il profilo della valutazione dell’adeguatezza degli indicatori scelti dall’impresa rispetto alla normativa si sottolinea peraltro la rilevanza dell’apporto della funzione di risk management.
In tema di compensi agli amministratori pattuiti in caso di conclusione anticipata del rapporto di lavoro (cd. golden parachutes) le norme regolamentari impongono la previsione di adeguati limiti di importo e l’individuazione dei casi in cui tali somme non devono essere corrisposte al fine di assicurare che il compenso erogato in tali circostanze sia collegato alla performance realizzata ed ai rischi assunti e non remunerino comportamenti non coerenti con una prudente gestione del rischio o con il reale risultato operativo dell’impresa.
In merito, si richiamano le imprese ad applicare anche per il “personale” criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’erogazione di compensi per la cessazione anticipata del rapporto che tengano conto dei principi sopraindicati.
3. Processi decisionali delle politiche di remunerazione, informativa e disposizioni in tema di gruppi
Le disposizioni del Regolamento n. 39/2011 prevedono che i processi decisionali relativi alle politiche di remunerazione siano chiari, documentati e trasparenti (art. 7).
Si richiama l’attenzione delle imprese in ordine all’esigenza di illustrare in modo chiaro ed efficace le politiche di remunerazione. Formulazioni eccessivamente generiche o che lascino ampi margini di discrezionalità in sede di attuazione concreta non sono idonee a perseguire le richiamate esigenze di trasparenza e chiarezza dirette ad assicurare, all’interno dell’impresa, un efficace governo delle politiche di remunerazione da parte degli organi a ciò preposti, sia nella fase di approvazione delle politiche sia nella fase ex post di verifica sulla relativa attuazione. A tal fine si ravvisa l’esigenza che le informazioni fornite agli organi aziendali competenti e all’Autorità siano maggiormente intellegibili ed esplicitino in modo esaustivo le scelte operate, avuto particolare riguardo, ai criteri ed ai parametri posti alla base delle politiche di remunerazione.
In linea con i compiti attribuiti dalle norme regolamentari alla capogruppo (art. 5), si evidenzia la necessità che, pur nell’ambito degli indirizzi definiti dalla società posta al vertice del gruppo assicurativo, sia attuata una maggiore differenziazione nelle politiche di remunerazione delle società controllate in ragione delle specifiche realtà aziendali. Nel caso di gruppi assicurativi aventi al vertice della catena di controllo una società con sede legale al di fuori del territorio della Repubblica, la capogruppo italiana, destinataria delle disposizioni del Regolamento n. 39/2011, è tenuta inoltre a verificare la conformità e la coerenza delle politiche di remunerazione del gruppo assicurativo italiano alle prescrizioni regolamentari.
Si conferma inoltre che la costituzione del Comitato Remunerazioni presso la capogruppo non esonera le società del gruppo dall’istituzione di tale Comitato, laddove ricorrano i presupposti previsti dall’art. 8 del Regolamento n. 39/2011.
Nel richiamare l’attenzione delle imprese alla corretta applicazione delle disposizioni regolamentari, alla luce delle indicazioni sopra fornite, l’Autorità proseguirà la propria azione di vigilanza diretta alla verifica della conformità alla normativa delle politiche di remunerazione adottate.