Nell’elenco dei creditori che il 28 giugno si presenteranno in tribunale per discutere del concordato preventivo di Sopaf ci sarà anche Petunia spa, il veicolo attraverso il quale la compagnia assicurativa inglese Aviva e la stessa Sopaf detengono in joint venture poco meno del 50% di Banca Network Investimenti (Bni).
L’esposizione, pari a circa 5 milioni di euro, deriva dell’escussione di una garanzia su finanziamento soci che la società controllata da Giorgio Magnoni non ha onorato nei confronti di Petunia. I rapporti d’affari tra la compagnia inglese e la finanziaria dei Magnoni, indagato ora a Milano per bancarotta e manipolazione di mercato, cominciarono a stringersi proprio per il tramite di Banca Network nel 2007, quando le due società assieme a De Agostini Investimenti acquistarono dal Banco Popolare (che rimase anch’esso socio della banca) poco meno dell’80% di Banca Network per 104,7 milioni. L’intenzione della compagnia era distribuire le proprie polizze tramite la rete di promotori finanziari delle banca. Ma le cose non sono andate come sperato, fino al punto che Bni lo scorso anno è finita in liquidazione coatta amministrativa provocando il tracollo della Sopaf.
A questo punto l’intenzione di Aviva (che tra l’altro a livello internazionale sta attraversando una profonda fase di riorganizzazione) sarebbe disfarsi della partecipazione nella banca, che non ha più alcuno scopo industriale. Ma a complicare la vicenda c’è anche una causa pendente in appello tra Sopaf e Dea Partecipazioni (gruppo De Agostini) sul riacquisto delle quote Bni. Se venisse condannata, la finanziaria dei Magnoni dovrebbe ricomprare la partecipazione della De Agostini o liquidarle i danni. Ci sono inoltre altre partite che gli inglesi, dopo mesi di stallo, avrebbero intenzione di chiudere. In ballo ci sono in particolare due compagnie di assicurazione create anch’esse in joint venture con Sopaf, ovvero Aviva Previdenza e Area Life. Sulla prima a inizio anno è intervenuta anche l’Ivass, l’autorità di controllo del settore, che ha congelato la quota Sopaf, bloccandone i diritti di voto e obbligando la società a vendere la propria partecipazione entro un anno. Mentre non ha potuto effettuare interventi su Area Life, società di diritto irlandese. In questo caso la volontà di Aviva non sarebbe però dismettere le partecipazione, ma anzi di acquistare le quote oggi in mano a Sopaf, assumendo di conseguenza il pieno controllo delle due compagnie. Al punto che a breve potrebbe decidere di presentare richiesta al giudice competente sciogliendo così ogni legame con il vecchio alleato finanziario. (riproduzione riservata)