di Luigi Gorla
Nell’autunno del 2005, quando Allianz, il colosso europeo delle polizze, decise che era arrivato il momento di procedere alla completa integrazione delle proprie attività italiane, Giuseppe Vita, allora presidente della Ras, Enrico Cucchiani, che ai quei tempi guidava il Lloyd Adriatico, e Paul Achleitner, chief financial officer della compagnia con sede a Monaco di Baviera, ebbero un ruolo di primo piano nella predisposizione del piano di riassetto. Oggi, a distanza di quasi sette anni, tutti i tre i top manager del colosso tedesco hanno assunto (o sono in procinto di farlo) posizioni di vertice nel sistema bancario europeo. Cucchiani, che una volta completata l’integrazione delle attività italiane in Allianz spa ne era diventato l’amministratore delegato oltre che ascoltato componente del consiglio di gestione della capogruppo a fianco del ceo Michael Dieckmann, è stato nominato lo scorso novembre consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Achleitner invece, dopo il gran rifiuto del ceo uscente di Deutsche Bank, Joseph Ackermann, di prendere la presidenza del consiglio di sorveglianza alla scadenza del suo mandato nel maggio 2012, lascerà Allianz per salire sulla poltrona più alta dell’istituto di Francoforte. Una nomina, quella del cfo del gruppo assicurativo, apertamente caldeggiata dallo stesso Ackermann. Infine Giuseppe Vita, presidente della Ras dal maggio 2003 (ma era entrato in cda due anni prima) e oggi al vertice di Allianz spa, è stato designato dai grandi soci di Unicredit quale successore del tedesco Dieter Rampl alla presidenza di Piazza Cordusio. Almeno a prima vista, dunque, a fronte di questo travaso di top manager dal gruppo bavarese ad alcuni dei principali istituti europei, si potrebbe parlare di un’affermazione, nel sistema bancario del Vecchio Continente, di una nuova scuola manageriale, capace di scalfire la lunga egemonia degli executive di formazione McKinsey. Una sorta di rivincita del cosiddetto capitalismo renano sul modello anglossassone, accusato da molti osservatori di essere stato il principale responsabile della crisi finanziaria scoppiata nel 2008. A ben vedere però, Achleitner, Cucchiani e Vita hanno profili professionali profondamente differenti. Il prossimo presidente del consiglio di sorveglianza di Deutsche Bank (con i suoi 55 anni, più giovane del 77enne Vita e del 62enne Cucchiani), prima di entrare in Allianz nel 1999 ha lavorato per più di dieci anni per Goldman Sachs, diventando prima partner e poi resposnabile della divisione tedesca della principale banca d’affari Usa. Ma anche il ceo di Intesa Sanpaolo, pur avendo lavorato per anni sotto le insegne del gruppo Allianz (dal 1996 al 2011), scalandone nel tempo le gerarchie, ha nel suo curriculum un’esperienza di sei anni (1979-1985) proprio nell’americana McKinsey, come consulente specializzato nel settore bancario. Infine Vita, che il prossimo 11 maggio sarà nominato presidente dall’assemblea dei soci di Unicredit, pur avendo ricoperto cariche di prestigio, non solo in Allianz ma anche nel settore bancario (presidente di Banca Leonardo e prima ancora di Deutsche Bank Italia), è stato chiamato in Piazza Cordusio non tanto per una specifica competenza manageriale, quanto per le sue relazioni di altissimo livello (a partire dal cancelliere Angela Merkel) nell’establishment politico e finanziario tedesco. Parlare di una scuola manageriale Allianz, alternativa a quella rappresentata dalle grandi società di consulenza statunitensi come McKinsey, potrebbe dunque rischiare di essere fuorviante. Di certo la scelta fatta da Intesa e da Unicredit di pescare tra i top manager del grande assicuratore bavarese, oltre a sottolineare la capacità di Allianz di selezionare negli anni manager di grande valore, lascia intravedere un problema non trascurabile per il sistema finanziario e industriale italiano. Senza più un serbatoio di alte competenze manageriali quale era stato il mondo delle Partecipazioni Statali e delle Banche di interesse nazionale (Bin) e ormai chiusa la stagione dei banchieri, come Alessandro Profumo e Corrado Passera, allevati alla scuola McKinsey, non si intravede all’orizzonte una nuova fucina di talenti capace di allevare la classe dirigente del settore creditizio dei prossimi decenni. (riproduzione riservata)