di Roberta Castellarin e Paola valentini
Il fondo Templeton Global Total Return è stato il prodotto preferito dagli investitori europei nel 2011. Nonostante la crisi dei mercati questo comparto l’anno scorso ha raccolto 5,9 miliardi in base ai dati Morningstar. Altri 5 miliardi sono stati attratti da Templeton Global Bond. Quindi Franklin Templeton, società di gestione basata a San Matteo in California, con soltanto due fondi ha raccolto più di 10 miliardi, di cui 5,5 miliardi provenienti dall’Italia. Il tutto proprio nell’annus horribilis dell’industria del risparmio gestito. Grazie a questi numeri il gruppo resta il primo operatore estero di risparmio gestito in Italia con una quota di mercato del 5% e un patrimonio gestito di quasi 21 miliardi. Ma difendere questa posizione è sempre più difficile. «Il mercato italiano è ricettivo ai prodotti esteri, molto più di Spagna e Francia, ma anche molto selettivo», dice Sergio Albarelli, senior director di Franklin Templeton per Sud Europa e Benelux. Con quale biglietto da visita si presentavano questi due prodotti agli investitori italiani? Templeton Global Return è un obbligazionario flessibile che investe in titoli di Stato, corporate bond, emissioni high yield e titoli dei Paesi emergenti. Nell’ultimo anno ha reso il 12,63%, mentre a tre anni presenta una performance annualizzata del 19,3% e a cinque anni un risultato (sempre annualizzato) dell’11,7%. Il secondo fondo, Templeton Global Bond, è stato al centro dell’attenzione non solo per la raccolta record, ma anche perché l’anno scorso ad agosto aveva registrato una performance negativa del 7,2% per via della svalutazione di alcune valute dei Paesi emergenti. Il gestore Michael Hasenstab infatti punta su titoli di Stato e bond di Paesi in via di sviluppo, mentre non detiene titoli del Tesoro Usa e giapponesi e in Europa gli investimenti sono concentrati in Paesi come Svezia, Norvegia e Finlandia. Il comparto, che aveva quadruplicato gli asset dall’estate 2009 e oggi gestisce 33 miliardi, dopo questa defaillance ha dovuto fare i conti con deflussi per cinque mesi consecutivi: a gennaio gli investitori in Europa hanno riscattato più di 500 milioni. Anche in Italia la società di gestione ha chiuso il primo mese dell’anno in rosso (-44 milioni), ma a febbraio ha recuperato registrando flussi positivi per 202 milioni, la raccolta più alta di tutta l’industria nei fondi aperti, anche grazie alla ripresa delle performance. La scommessa sui titoli irlandesi del gestore Hasenstab ha infatti impresso una svolta alle performance del fondo. «Mentre la classe A del fondo ha reso in media il 10,1% annuo negli ultimi cinque anni», dice Dan Lefkovitz, analista di Morningstar, «abbiamo calcolato che il rendimento medio per l’investitore è stato del 5,7%. Il caso di Templeton Global Bond rappresenta un segnale del fatto che gli investitori troppo spesso hanno l’abitudine a comprare sui massimi e a vendere sui minimi». Il mercato è dunque dominato da pochi fuoriclasse che fanno tutta la raccolta, mentre il resto dell’industria subisce riscatti. Uno degli esempi più eclatanti è Carmignac Patrimoine (si veda altro articolo in pagina). Ma la società salita di recente alla ribalta è stata appunto Franklin Templeton, che in due anni ha quadruplicato le masse gestite in Italia a quasi 21 miliardi. «Franklin Templeton ha saputo rispondere alla crescente esigenza di diversificazione e di protezione dal rischio-cambio con prodotti che però garantiscano una distribuzione di cedole in grado di attutire le perdite degli anni in cui il fondo va in rosso. Per esempio, nel 2011 il -1% del Global Bond è stato compensato dal 4% del flusso cedolare», aggiunge Albarelli. Punta sulle cedole e sui fondi bilanciati anche Invesco, la società estera che ha raccolto di più nei primi due mesi del 2012, in controtendenza rispetto al mercato. «I prodotti che hanno registrato una maggiore raccolta nel 2011 e nei primi mesi del 2012 sono stati gli obbligazionari con lo stacco della cedola mensile e i prodotti bilanciati ponderati per il rischio», sottolinea Sergio Trezzi, responsabile di Invesco in Italia. Negli Usa questa strategia è stata inaugurata nel 2006 e si è rivelata efficace nei periodi di forte volatilità. La tensione dell’anno scorso ha lasciato scottati i risparmiatori italiani. «In alcuni mercati nordici, come Belgio, Olanda e Svezia, la clientela ha già iniziato ad acquistare prodotti azionari, mentre in Italia ciò non accade», aggiunge Trezzi. «Credo che l’atteggiamento resterà prudente anche nei prossimi mesi e che l’utilizzo di un fondo bilanciato possa essere un avvicinamento graduale all’azionario». In un anno in cui l’attenzione è stata catalizzata dai mercati obbligazionari non stupisce che diversi fondi di Pimco (gruppo Allianz) siano nella graduatoria dei campioni di raccolta. Peraltro i prodotti che hanno attirato maggiori risorse rispecchiano la visione di Pimco sul futuro degli investimenti. Secondo il suo money manager più famoso, Bill Gross, «le materie prime e gli attivi reali ritornano in auge poiché è in corso una riduzione o un utilizzo meno intenso della leva». Vanno quindi favoriti gli attivi che proteggono dall’inflazione. Ma non solo. In anni che si prospettano di magri rendimenti Gross consiglia di «prestare attenzione ai costi di gestione e accertare di ricevere un valore adeguato rispetto alle spese». Punta sui bond globali anche M&G, che ha appena portato in Italia il fondo obbligazionario globale M&G Global Macro Bond Fund. Lanciato nel 1999, il fondo è stato gestito fin dalla nascita da Jim Leaviss, responsabile del team obbligazionario di M&G Investments. «A differenza di altri fondi obbligazionari globali, Leaviss può muovere il fondo da una posizione di duration negativa quando ci si aspetta che i rendimenti siano in salita, consentendo di guadagnare quando i prodotti tradizionali perderebbero valore», sottolinea Matteo Astolfi, numero uno di M&G in Italia. «Inoltre la gestione attiva dell’esposizione valutaria e l’uso dei derivati e della leva-credito sono strumenti per generare performance». Sempre M&G ha fatto incetta di raccolta con Optimal Income, che negli ultimi tre anni ha registrato un rendimento annualizzato del 21,5%. Proprio l’Optimal Income gestito da Richard Woolnough è uno dei fondi di casa M&G che utilizza da più tempo i derivati non solo a fini di copertura ma anche di investimento. Se da una parte le società estere hanno successo grazie alle reti di promotori che, a differenza delle banche, continuano a collocare i fondi, d’altra parte le sgr italiane che puntano a difendere le proprie quote di mercato oggi cercano di attirare i risparmiatori con prodotti a scadenza o con la cedola (si vedano box a pagina 20). «In Italia hanno fatto il pieno i fondi a cedola. Gli investitori sono attratti da strumenti che si allineano al loro orizzonte temporale, conclude Morningstar. (riproduzione riservata)