Le disposizioni dell’art. 182 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (Attuale All. V, parte II, Punto 3.1.13 del D.Lgs. n. 81/2008)
si riferiscono non soltanto ai «mezzi e apparecchi di sollevamento », ma anche ai «mezzi di trasporto», in quanto la
congiunzione “e” di tale espressione “non denota necessaria duplicità della funzione del singolo mezzo o apparecchio, ma ha funzione puramente aggiuntiva” (fattispecie relativa a container sbarcato da una nave e caricato per il trasporto sul pianale di un autoarticolato, composto da trattore e da semirimorchio). In area portuale un trattorista addetto alla guida di un autoarticolato (composto da un trattore e da un semirimorchio) per il trasporto di un container (sbarcato da una nave e direttamente caricato sul pianale del semirimorchio trainato dal trattore), nell’effettuare una manovra, in conseguenza del ribaltamento del container e
dell’impennamento del trattore, aveva subito un violento sobbalzo che lo aveva fatto urtare violentemente con varie parti del corpo, dapprima contro la parte superiore della cabina, quindi, nella ricaduta, contro altre parti dell’abitacolo, riportando lesioni gravi e postumi permanenti. I Giudici di merito avevano statuito che la responsabilità dell’incidente non poteva essere attribuita alla condotta di guida del conducente (velocità di circa 24 km orari, a fronte di quella prudenziale di 15 km), bensì alla non corretta collocazione del container (lungo circa sei metri) sul pianale del semirimorchio (che aveva una lunghezza di oltre dodici metri), cioè sull’estremità anteriore dello stesso, invece, che in posizione centrale (che avrebbe consentito una migliore distribuzione del peso), nonché nel mancato fissaggio del container al pianale. Se il carico fosse stato correttamente posizionato e convenientemente assicurato al pianale, esso non si sarebbe ribaltato e di conseguenza l’infortunio sarebbe stato evitato. Con il ricorso per Cassazione gli imputati avevano ribadito che causa dell’infortunio era stata, non il posizionamento del container, ma l’inadeguata condotta di guida del veicolo. La Suprema Corte ha ritenuto l’infondatezza dei ricorsi, giacché l’ipotesi relativa alla velocità poteva essere risolta in una mera congettura, non accompagnata da idonea giustificazione tecnica né da concreti riscontri. Al contrario, le vantazioni del consulente del PM, relative all’errata collocazione del container e al suo mancato fissaggio al pianale, sono state ritenute logicamente coerenti con la dinamica dell’infortunio e tecnicamente corrette.
Cassazione penale, sez. IV, 4 maggio 2011, n. 17232