di Gianni Gambarotta
L’Unicredit di Federico Ghizzoni, dall’autunnoscorso amministratore delegato dell’istitutomilanese di piazza Cordusio, sta per entrare nell’azionariatodella Fonsai, la terza compagnia assicurativaitaliana che fa capo al gruppo Ligresti. Acommento di questa operazione è stata scomodatauna terminologia altisonante, da libro di testo: stanascendo una nuova banca di sistema, si è detto. Nelsenso che Unicredit non ha nella sua missione soloquella di essere un’azienda ben gestita che producedividendi per gli azionisti e fa crescere il valore deltitolo in Borsa, ma anche quella di comportarsi dasoggetto che si sente parte dell’economia nella qualeopera e dunque ne condivide il destino, nella buonae cattiva sorte. È un salto notevole di cultura e disostanza rispetto ai tempi di Alessandro Profumo,quando la performance era l’unico metro di misurapreso in considerazione, un salto che ha diviso i giudizidei commentatori.Questo cambiamento di rotta, certamente graditoal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, piaccia ono, è inevitabile per l’Italia. La nostra economia èfragile, le poche grandi industrie nazionali passanouna dopo l’altra sotto il controllo straniero e qualcosabisogna pur fare per creare (o almeno per provarci)un sistema Paese in grado di competere con glialtri sistemi Paese, certo più agguerriti del nostro.Nel caso Parmalat, nel mirino della francese Lactalis,si sta tentando la creazione di una cordata italiana:non è l’ideale, però meglio di niente. Nel casoFonsai, oggetto di desiderio di Groupama, è l’Unicreditche provvederà a metterne in sicurezza l’italianitàsottoscrivendo un aumento che la porterà a controllarefino al 6,6 per cento del capitale (spesa prevista:170 milioni).C’è da chiedersi se l’ingresso di una banca di profiloalto come Unicredit porterà a un cambiamento delleabitudini nella neo partecipata. Il Sole24Ore di sabatoscorso, tornato a essere lo straordinario giornaledi sempre dopo un paio di anni di distrazione, hascritto che la Fonsai copre parte dei costi della scuderiadi cavalli di Jonella Ligresti, figlia del costruttore,presidente della società e appassionata di equitazione.È abitudine di chi esercita il controllo nellesocietà quotate mischiare gli affari personali conquelli aziendali e il caso appena citato rientra in questatradizione italiana. Ma la discesa in campo dellabanca di sistema dovrebbe, in futuro, segnare un’innovazioneanche sotto questo profilo. Intanto F&Maugura ogni successo a Jonella Ligresti nei concorsiippici, meglio se ottenuti con cavalli non finanziatidagli azionisti Fonsai.