Come gli altri paesi, anche la Gran Bretagna è alle prese con le evoluzioni della demografia e l’allungamento della durata della vita. Anche qui le persone anziane sono sempre più numerose e si prevede che la proporzione degli ultra 85enni duplicherà entro il 2030. Una proiezione ufficiale stima a 28 mld di euro il costo annuo della non autosufficienza nel 2026.
Si moltiplicano le riflessioni sul modo per finanziare le spese sempre più alte relative al welfare.
“Saga”, la potente lobby degli anziani britannici, come anche il settore assicurativo, si rivolgono al governo perché intervenga prima che sia troppo tardi.
Oggi, gli anziani britannici che devono entrare in una casa di cura godono di un aiuto totale, finanziato dallo Stato, se il loro patrimonio è inferiore a 16.600 sterline. Per coloro il cui patrimonio è superiore a 27.500 sterline non è previsto alcun aiuto. Tra questi due estremi si situano coloro che ricevono un aiuto pubblico proporzionale al loro patrimonio.
Tuttavia risulta che ogni anno20.000 anziani debbano vendere la propria abitazione per potersi pagare il soggiorno in casa di cura e questo numero cresce mano a mano che le spese per le cure sanitarie aumentano. Si stima che il numero delle vendite forzate sia cresciuto del 17% in cinque anni.
È stata creata la “Commission on Funding of Care and Support” e gli assicuratori cercano di far valere le proprie argomentazioni, essendo dell’idea che la loro conoscenza del rischio, la loro capacità di segmentare regionalmente e i loro prodotti che mettono insieme rendita e assistenza siano tali da poter ritardare l’ingresso in casa di cura e idonei dunque ad alleggerire lo Stato dai costi a suo carico.
Inoltre, sostiene l’Associazione delle compagnie britanniche (ABI), sarebbe necessario che i contratti assicurativi specifici beneficiassero di incentivi fiscali, indispensabili al loro sviluppo.