Quanto è sicuro lavorare da casa? Come è possibile documentare se un infortunio è accaduto tra le mura domestiche mentre si sta collegati all’ufficio dal proprio terminale? I rischi connessi al telelavoro sono al centro del documento di Eurofound sul tema (2005) che solleva alcune problematiche: prima fra tutte quella sulla responsabilità degli infortuni, in questo caso particolarmente difficile da dimostrare. Questo, secondo i ricercatori, è uno dei motivi per cui in Italia il telelavoro non decolla. Ovvero: le aziende, da una parte, sono impaurite dalle probabili cause da parte dei lavoratori. E i lavoratori, dall’altra, non si sentono tutelati.
Da una ricerca commissionata dall’INAIL (ex Ispesl) a Eures sui “Rischi domestici connessi con il telelavoro” emerge, ancora, come il pericolo di incorrere in un infortuni sia collegato alla sfera “abitativa” piuttosto che alla parte lavorativa vera e propria. Gli strumenti utilizzati per telelavorare (videoterminali, telefono, fax, ecc.), infatti, non comportano dei rischi specifici mentre l’ambiente domestico, per sua natura, è esposto a rischi maggiori, che sfuggono peraltro al controllo dell’azienda.
Quando anche la flessibilità può diventare un problema. Anche il maggior tempo a disposizione e la flessibilità dell’orario si possono trasformare in un punto di debolezza del telelavoro: a giudizio degli intervistati è necessario, infatti, scongiurare il rischio di overtiming, dovuto alla tendenza a rimanere più tempo del dovuto davanti al pc, con conseguente affaticamento fisico. “I rischi di isolamento e di alienazione vengono percepiti come le criticità maggiori da parte egli interlocutori”, spiega Matteo Valido, psicologo del lavoro e ricercatore Eures. Di qui l’esigenza di separare l’ambiente nel quale si svolge il telelavoro dal resto dell’abitazione e attivare tutti i necessari controlli di sicurezza da parte dell’azienda. La mancanza di stimoli e di interazioni sociali risulta essere uno dei fattori di rischio più rilevante. Da parte degli uomini si nota una maggiore attenzione all’aspetto relazionale del lavoro: lo sviluppo di un cattivo rapporto con i colleghi raccoglie infatti il 33,7% delle citazioni rispetto al 24,5% delle donne, mentre il rischio di dequalificazione è riferito in massima parte dalla componente femminile che segnala la difficoltà di “fare carriera” (38,7% rispetto al 22,1% degli uomini).
Per le donne in telelavoro difficile staccarsi dai lavori domestici. Molti intervistati fanno notare come il rischio della sovrapposizione dei ruoli ovvero la difficoltà di mantenere il giusto equilibrio tra i tempi di vita e di lavoro sia un fattore da tenere sotto controllo. Le donne per lo più (64%) tendono a mantenere i ruoli tradizionali con una maggiore difficoltà nella gestione del lavoro e della famiglia mentre la maggior parte degli uomini (55,8%) tende a tenere divisi i due ambiti. Il questo senso il telelavoro è sicuramente un’opportunità, ma è anche una scelta che richiede molta autodisciplina.
Il rischio “ergonomico” di una postazione sbagliata. Un fattore di rischio ben rappresentato dal campione è il rischio “ergonomico” ovvero tutti i problemi legati alla postazione di lavoro, come la corretta disposizione degli strumenti che sfruttino al meglio l’illuminazione e la protezione da rumori esterni, la messa a norma dell’impianto elettrico e di riscaldamento. Un’ elevata percentuale di teleworkers (93,5%) ritiene i diversi elementi osservati mentre maggiori criticità si riscontrano invece sugli strumenti più collegati con il lavoro: la scrivania (80%) e la sedia (72,2%).
Malattie professionali: gli uomini hanno più problemi alla vista, le donne alla schiena. Per quanto riguarda invece le malattie professionali, si è più facilmente esposti soprattutto a malattie legate all’uso del pc e all’ergonomia della postazione di lavoro. La patologia più frequente è legata alla postura con conseguenti disturbi alla colonna vertebrale (69,2% delle citazioni), seguono poi i disturbi alla vista (61,5%) e all’apparato muscolare (53,8%). Gli uomini sono più predisposti a disturbi della vista (il 100% delle indicazioni rispetto al 44,4% delle donne) e della colonna vertebrale (75% rispetto al 66,7%) mentre la componente femminile del campione risulta maggiormente colpita da disturbi dell’apparato muscolare (66,7%). La componente maschile del campione è affetta principalmente da patologie cardiocircolatorie (12,6% rispetto al 3,8% delle donne) mentre le donne soffrono maggiormente di problemi osteo-articolari (17,9% rispetto al 15,8% degli uomini), respiratori (6,6% rispetto al 3,2% della componente maschile), di forme depressive (5,7% contro il 4,2%) .
Fonte: INAIL