Nel futuro della consulenza nasceranno sempre più realtà di promotori che scelgono di lavorare in team per dare un migliore servizio al cliente
Ci sono sport e lavori in cui l’individualità la fa da padrona. Il massimo risultato lo si ottiene grazie alla performance del singolo che trova stimoli nel suo talento e nella sua forza di volontà. Sport come il tennis, lo sci ne sono chiara testimonianza. Ci sono invece altre discipline dove le qualità del singolo sono fondamentali ma trovano esaltazione e completamento nel gioco di squadra. In questi casi conta il risultato collettivo e non solo la performance dell’individuo. Alcuni esempi sono il calcio, la pallacanestro o il rugby. Il mondo dei promotori finanziari è più vicino al modello individualista che al modello di team. Tranne alcune rare eccezioni, la professione del consulente è da sempre legata alla qualità del singolo che interagisce con la collettività (colleghi, manager, società, concorrenti, clienti, potenziali) per completare il suo bagaglio di conoscenze ma opera poi come persona. Ci sono gruppi di promotori coordinati da uno o più manager che costruiscono insieme un metodo di lavoro (questo è oggi il modello prevalente nel settore) e collaborano al fine della crescita del loro portafoglio e di quello del gruppo. Molti di questi gruppi funzionano bene e si crea un alto livello di affiatamento tra i partecipanti.
Il vero team però non è imposto, non ha capi o manager ma è connotato da diverse modalità organizzative e relazionali e può risultare vincente solo se: le persone si scelgono spontaneamente, ai partecipanti interessa più il risultato collettivo rispetto a quello del singolo, si lavora insieme veramente (prima della visita dal cliente, durante e dopo), si è in 2/3 promotori (gruppi da 4 o 5 funzionamento molto di rado), si condividono tutte le informazioni utili per l’attività e ci si specializza sui diversi compiti cercando comunque una certa intercambiabilità nei ruoli. Dopo dieci anni come quelli appena trascorsi, potrebbe essere necessario ripensare al proprio modello di approccio alla clientela uscendo da una logica individualista per cercare di trovare nel team quell’energia e quell’entusiasmo necessari per svolgere questa difficile professione. Essere visti come un team affiatato offre tranquillità ai clienti che si sentono maggiormente seguiti e gratificati, genera un’immagine più elevata della nostra professione ed è oggettivamente più utile in fase di preparazione della visita, di incontro con il cliente e anche in fase post visita perché si mettono a fattor comune impressioni e sensazioni. Questa è una delle possibili sfide per il futuro della professione del consulente.
* responsabile marketing e Wealth management di Azimut