Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Fra 25 anni l’11,3% della popolazione italiana rischia di scomparire a causa del basso tasso di natalità, incidendo in maniera significativa sul mondo del lavoro. Lo ha spiegato Nicola Palmarini, direttore del National Innovation Center for Ageing (Nica) del Regno Unito, al Milan Longevity Summit 2025 che si è tenuto ieri al teatro Franco Parenti. Il dato si sposa bene con l’avvertimento dell’Ocse secondo cui, in assenza di precise politiche di aggiustamento dei tassi di occupazione, l’Italia è fra i Paesi in cui potrebbe esserci una riduzione cumulata del pil del 18% nel 2050, come ha spiegato Emanuela Notari, longevity strategist. L’Italia, lo sappiamo, è uno dei Paesi più longevi, «il secondo a pari merito con la Svizzera e dietro al Giappone», ha precisato Alberto Beretta, presidente di SolLongevity.
Dopo la Bce anche l’Eba sbarra la strada a Banco Bpm sul beneficio patrimoniale del Danish Compromise chiesto per l’opa Anima. Ma il cda dell’istituto decide di andare avanti sull’offerta e di confermare gli obiettivi del piano industriale.
«L’ops deve creare valore o non la faremo», ha tagliato corto Orcel nel suo intervento all’assemblea di ieri. Una eventuale combinazione con piazza Meda «verrà valutata se atta o meno a migliorare una base già molto attraente per tutti gli stakeholder, se eseguita alle giuste condizioni, altrimenti torneremo al nostro piano base», ha precisato il banchiere. E ancora: qualsiasi operazione di m&a «sarà fatta solo alle nostre condizioni rigorose, garantendo valore incrementale per voi, i nostri azionisti», ha sottolineato Orcel, per il quale la «crescita organica profittevole senza pari» dell’istituto «può essere rafforzata da un’acquisizione ma solo se fatta a termini coerenti con il rispettivo apporto di valore delle due banche».

La cultura del digitale protegge la tua impresa. È lo slogan scelto da Generali e Confindustria per l’iniziativa Cyber Index Pmi che intende trasmettere alle piccole medio imprese l’importanza della cyber sicurezza. Promosso con il contributo scientifico degli Osservatori Digital Innovation & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano e con la partnership dell’Agenzia per la cyber sicurezza nazionale, il rapporto è stato presentato il 27 marzo a Roma. Il dossier mette in evidenza il grado di percezionedei rischi cyber dentro le aziende e le misure che le stesse adottano per gestirli. Dal dossier emergono
criticità diffuse rispetto a un argomento ancora fortemente sottovalutato dalle piccole
medio aziende, nonostante si ano le più colpire dal crimine digitale. In materia di sicurezza digitale il livello di consapevolezza è di 52 su 100. Il 44% delle Pmi che hanno preso parte al sondaggio ha contezza dei rischi cyber ma solo una percentuale del 15% ricorre a una strate
gia ad hoc per la valutazione dello stesso e quindi per proteggersi dalle conseguenze.

Il governo lavora a una proroga dei termini per l’entrata in vigore dell’obbligo delle polizze catastrofali per le imprese di tre mesi. Dunque, sarebbe immaginato un prolungamento della scadenza fissata dal decreto Milleproroghe al 31 marzo fino a fine giugno. La prospettiva di un rinvio, rilanciata ieri dalle agenzie di stampa, potrebbe essere vagliata dal consiglio dei ministri che si riunirà oggi. Anche se su questo punto non c’è alcuna conferma. Un percorso ipotizzabile potrebbe essere quello dell’approvazione di un decreto legge cosiddetto “a perdere”, perché non verrebbe convertito in legge, ma potrebbe entrare in vigore per fornire il tempo necessario a far passare un emendamento nel primo veicolo legislativo utile, come potrebbe essere il decreto Pa, che deve essere convertito entro la metà di maggio. In ogni caso sembrerebbe che l’ipotesi alla quale lavora l’esecutivo non sia un rinvio tout court, ma contenga delle prescrizioni: la proroga, nella sostanza, verrebbe concessa affinché siano forniti tutti i chiarimenti interpretativi sui quali sono numerosi i dubbi e forse anche per consentire una fase di test sul mercato sui costi effettivi dei premi, in modo tale da individuare eventuali picchi di prezzo e misure per contenerli.
Più si avvicina il 31 marzo, data entro cui (salvo proroghe, si veda l’articolo sopra) le imprese dovranno assicurarsi contro i danni da catastrofi naturali, più emergono concreti problemi interpretativi e applicativi. Tra i dubbi più importanti, quelli sui beni utilizzati dalle imprese ma non di loro proprietà (o di proprietà non esclusiva) e le realtà imprenditoriali minori
Le imprese di minori dimensioni devono per la prima volta affrontare delicate problematiche assicurative per rischi sinora poco considerati. Se non adempiranno all’obbligo assicurativo, rischieranno di perdere incentivi, contributi e sovvenzioni pubbliche a qualsiasi titolo richieste. Tra le criticità, c’è il fatto che si ritiene ormai pacificamente che l’obbligo di assicurarsi riguardi tutte le imprese comunque iscritte nel Registro delle imprese, a prescindere dalla sezione di appartenenza e dalla tipologia di attività svolta. Tra queste sembrano esserci pure realtà dimensionalmente minori o enti, quali le Stp (società tra professionisti) e le Sta (società tra avvocati), la cui vocazione imprenditoriale è assai affievolita.
L’Italia dell’auto si gioca con l’America di Trump una partita che vale più di quattro miliardi e mezzo di esportazioni, tra auto e componentistica, e una bilancia commerciale positiva per 3,2 miliardi. Certo, rispetto agli oltre 30 miliardi della Germania, potrebbero sembrare poca cosa. Ma resta il fatto che gli Usa sono il primo mercato per le auto fatte in Italia – 27% di quota, generando un saldo positivo a fronte di una bilancia commerciale negativa per 20,2 miliardi – e la prima area di destinazione extra Ue per i componenti. Il punto però è che i dazi annunciati dall’amministrazione Trump avranno effetti sulle diverse catene di fornitura, incrociate più che mai, a cavallo tra Italia e Germania, oltre che tra Europa, Messico e Canada.
L’ultimo editoriale di Mario Draghi sul «Financial Times» ha lanciato un messaggio chiaro: l’Europa si sta autoimponendo dazi e barriere che frenano la sua crescita. Il problema non riguarda solo il commercio, ma anche (e soprattutto) il funzionamento del mercato finanziario europeo e la sua capacità di sostenere l’economia reale. Per il private banking, che gestisce oltre 1.200 miliardi di euro di risparmio delle famiglie in un’ottica di lungo termine, questo è un nodo cruciale: senza un mercato finanziario armonizzato e dinamico, le opportunità di investimento per le famiglie e di finanziamento per le imprese resteranno limitate e sconteranno sempre più la concorrenza degli Usa di Trump. Un esempio concreto si può trovare nelle più recenti proposte di Direttiva della Commissione Ue in ambito finanziario: la Retail Investment Strategy (Ris), che imponendo requisiti più severi e stringenti al servizio di consulenza finanziaria, rischia di scoraggiare l’innovazione e la diversificazione degli strumenti di investimento portando a un “race-to-the-bottom” in termini di qualità del servizio. Anche il regolamento Fida (Framework for Interoperable Data Access), se non verrà calibrato con attenzione, potrebbe introdurre frammentazioni e oneri amministrativi per gli operatori finanziari, invece che facilitare la condivisione dei dati finanziari in un’ottica di Open Finance per favorire scelte di investimento più efficienti.