Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Le imprese italiane restano altamente dipendenti dall’estero, sia a livello di export che di import. E questo, in un momento di instabilità internazionale, non può che pesare sulla performance industriale: nel 2024 si è registrato un calo del 3,4% del fatturato dell’industria italiana. Un trend che non accenna a invertirsi soprattutto per le incognite legate ai principali partner commerciali italiani, la Germania e gli Stati Uniti. È quanto emerge dal rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi. Guardando ai rapporti transatlantici, domina il dibattito la questione dazi. La situazione per l’Italia sarebbe ancora più problematica visto che «negli ultimi quindici anni la crescita del sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, a fronte di una domanda interna debole o stagnante». Però, nota l’Istat, le imprese vulnerabili «sono un numero relativamente contenuto». Si parla di 23 mila imprese nel 2022, pari solo allo 0,5% del totale, ma con oltre 415 mila di addetti (il 2,3% del totale) e responsabili del 3,5% del valore aggiunto e del 16,5% dell’export totali. Le imprese italiane risultano, non a sorpresa, vulnerabili soprattutto alla domanda statunitense e tedesca.
Primo via libera del Senato al ddl recante disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale. Viene istituita una strategia nazionale biennale per l’AI per favorire la collaborazione tra pubblico e privato, coordinare l’attività della pubblica amministrazione, promuovere ricerca e conoscenza, indirizzare le misure e gli incentivi finalizzati allo sviluppo imprenditoriale e industriale. A coordinare – e monitorare – l’attuazione della strategia sarà il dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio, avvalendosi dell’Agenzia per l’Italia digitale, d’intesa con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Il dipartimento è inoltre tenuto a sentire Banca d’Italia, Consob e Ivass in qualità di autorità di vigilanza del mercato. Il ddl contiene inoltre il via libera a investimenti sotto forma di equity e quasi equity fino a 1 miliardo di euro nel capitale di rischio di imprese che operano in Italia nei settori dell’intelligenza artificiale, della cybersicurezza, delle tecnologie quantistiche e dei sistemi di telecomunicazioni.
La cinghia di trasmissione della Galassia del Nord, cioè il 13,1% che Mediobanca detiene in Generali, non sarà un asset cruciale per il progetto di integrazione tra Mps e Piazzetta Cuccia. Se ne dice convinto il ceo di Rocca Salimbeni Luigi Lovaglio, che ieri ha parlato dell’ops alla Morgan Stanley European Financials Conference 2025 di Londra.
Il mercato assicurativo danni (P&C) in Italia è previsto in crescita a un tasso annuo del 5,1% e a fine 2027 raggiungerà un valore complessivo di 46 miliardi rispetto ai 38 miliardi del 2023. Le previsioni sono di Clearwater, una delle principali società indipendenti di corporate finance in Europa focalizzata sul mid-market. «Le prospettive di crescita del mercato italiano P&C sono positive grazie essenzialmente a quattro fattori», spiega Alexandre Perrucci, managing partner di Clearwater Italia.
Il broker assicurativo che da fine gennaio è partecipato dal fondo di private equity Anacap si prepara ad integrare nel gruppo le due realtà London Global e Piquadro Insurance. La prima è una società fondata nel 2015 da Tommaso Comelli, con sedi a Udine e a Milano, che agisce come agenzia di sottoscrizione e coverholder dei Lloyd’s. Mentre Piquadro Insurance Broker è uno storico broker assicurativo indipendente specializzato nell’offrire servizi ad aziende, professionisti e privati. Edge, dopo l’ingresso nel capitale di Anacap che ha rilevato il 65% delle azioni (con il 35% restante in mano ai manager della società), ha accelerato i suoi piani di crescita.
Azimut va a caccia di una licenza bancaria per il suo nuovo istituto digitale. Lo scorso anno l’asset manager milanese presieduto da Pietro Giuliani ha annunciato un processo di scissione che darà vita a una nuova realtà fintech dotata di una rete di distribuzione e in grado di offrire alla clientela attuale una nuova gamma di servizi bancari e di wealth management. Nel progetto dovrebbe entrare anche Fsi, l’ex Fondo Strategico Italiano fondato e guidato da Maurizio Tamagnini, che a dicembre ha avviato trattative in esclusiva con Azimut per acquisire l’80% dello spin-off. Un importante passo avanti potrebbe arrivare nelle prossime settimane.
Il caso del Danish Compromise e della sua applicabilità costituisce un segnale di ciò che non dovrebbe avvenire nei rapporti tra norme generali, successive deroghe e potere discrezionale delle competenti autorità di supervisione. La possibilità di ricorrere alle agevolazioni del Compromesso in questione in occasione dell’opa lanciata dal Banco Bpm su Anima sgr sta diventando fondamentale, in un senso o nell’altro, per l’ops promossa da Unicredit sulla stessa Bpm, avendo presente che, come il ceo dell’istituto di piazza Gae Aulenti Andrea Orcel ha ricordato, nel caso del riconoscimento dell’applicazione si avrebbe un ritorno sull’investimento di oltre il 15%, mentre, nell’ipotesi negativa, il ritorno sarebbe dell’11% con la consumazione di molto capitale, all’opposto del poco capitale della prima ipotesi. Prescindendo qui dalle predette operazioni – essendo sufficiente per ora soltanto segnalare l’impegno efficace dell’ad Giuseppe Castagna e di tutto il vertice nel far conoscere diffusamente, con un riscontro molto positivo, le iniziative in corso intraprese sul territorio, sulle valide ragioni del Banco e sulle prospettive che gli esponenti apicali indicano – è il modo di legiferare in sede europea che pecca per frequente mancanza di organicità, adeguatezza, proporzionalità e sussidiarietà.

Porte spalancate ai robot, che entreranno nella vita di tutti. Anche dei minori, che, da 14 anni in su, potranno da soli dire di sì alle macchine che trattano i loro dati. Ma l’IA (intelligenza artificiale) è sdoganata sui luoghi di lavoro, negli studi professionali, nell’attività di polizia, negli uffici dei pubblici ministeri e nei tribunali, ai triage del pronto soccorso e nello studio del medico di famiglia, a scuola e in azienda. A volerlo è l’Europa (regolamento UE n. 2024/1689, noto come AI Act) e l’Italia deve armonizzare il suo ordinamento alle leggi europee: si appresta a farlo con il disegno di legge recante “disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”, approvato in prima lettura il 20/3/2025 dal Senato
  • Intelligenza artificiale, equo compenso ai professionisti
Equo compenso per i professionisti anche nell’IA. Il governo, infatti, avrà il compito di “prevedere la possibilità di riconoscere un equo compenso modulabile in base alle responsabilità e ai rischi connessi all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale”. Questo è uno dei criteri della delega affidata all’esecutivo con la legge atto Senato 1146, approvata ieri in prima lettura a Palazzo Madama. Il testo è ora atteso alla Camera.
Rischia una condanna penale il veterinario che fa il taglio estetico delle orecchie al cane. Irrilevante per il medico sostenere che l’intervento è stato fatto perchè il bully aveva preso un morso da un altro cane. La Cassazione con sentenza 14951/2024 ha respinto il ricorso del sanitario. Secondo le norme europee, gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare: il taglio della coda; il taglio delle orecchie; la recisione delle corde vocali; l’esportazione delle unghie e dei denti.

  • Catastrofi e imprese, spunta la proroga sulle polizze
    Il governo sta valutando la proroga dell’entrata in vigore dell’obbligo per le imprese di assicurarsi contro le catastrofi naturali. Secondo la normativa in vigore e in assenza di ulteriori interventi, le imprese devono sottoscrivere le polizze entro fine mese. La proroga è stata sollecitata più volte dalle associazioni imprenditoriali. Artigiani, commercianti e coop rappresentati da Cna, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti e Confcooperative avevano già giudicato la tempistica impraticabile. «Confidiamo che siano confermate le anticipazioni sul rinvio dell’obbligo», ha sottolineato ieri il presidente di Confartigianato Marco Granelli. «Oggi, un’impresa non è messa nelle condizioni di valutare la correttezza dei prezzi offerti dalle assicurazioni». Confindustria nei giorni scorsi aveva ribadito la richiesta di una proroga di almeno 90 giorni, ma al momento non è ancora chiaro quanto lungo potrebbe essere il rinvio. Dal canto loro, le imprese assicuratrici fanno sapere di essere pronte a partire.

Il nuovo obbligo di assicurazione dei rischi catastrofali da eventi naturali (in gergo, cat nat) – imposto a tutte le imprese italiane (e straniere stabilite in Italia) iscritte nel relativo Registro – scatterà dal 31 marzo. Il termine potrebbe essere rinviato di pochi mesi, anche perché il mondo delle imprese è in pressing: si sta studiando una nuova proroga, dopo quella che aveva già fatto slittare l’originaria data del 31 dicembre 2024. L’esigenza di cautelarsi dai rischi catastrofali, affidandone almeno in parte la copertura al sistema assicurativo privato e alleggerendo i costi per il sistema pubblico di protezione civile, era già da molto al centro dei dibattiti. Ma solo in tempi recenti si è avvertita forte la necessità di un’azione concreta, per la sempre maggiore esposizione dell’Italia a fenomeni naturali estremi (specie sismici o alluvionali). Il problema è sentito a livello internazionale, ma con particolare profondità nel nostro Paese, che da un lato è più esposto di altri e dall’altro ha una altissima quota di ricchezza investita in immobili senza un adeguato accesso a strumenti di copertura assicurativa da quei rischi.
Il complesso lavoro sulla regolamentazione attuativa ha consumato molto del tempo che la legge 213/2023 aveva lasciato per consentire alle imprese e al mercato assicurativo di prepararsi al nuovo obbligo. Perciò il Dm attuativo (18/2025) ha previsto (articolo 11, comma 1) un regime transitorio che riduce a 30 giorni dalla pubblicazione del decreto stesso (erano 90, nella prima bozza) il termine entro cui le compagnie di assicurazione dovranno adeguare alle prescrizioni regolamentari i loro prodotti di nuova emissione («testi di polizza», dice il Dm). Di certo la copertura, specie per le imprese più grandi, dovrà nascere da accurata trattativa, per cui le offerte a norma devono essere già oggi reperibili (e in effetti buona parte delle compagnie si è sostanzialmente adeguata). Discorso diverso per le polizze già in essere: l’articolo 11, comma 2 prevede che l’adeguamento debba avvenire «a partire dal primo rinnovo o quietanzamento utile delle stesse» (dove il quietanzamento è il primo pagamento di eventuali ratei di premio in scadenza).
I nuovi obblighi non coprono tutte, ma solo alcune tipologie di catastrofi: quelle previste dall’articolo 1 comma 101 della legge 213/2023, cioè frane, sismi, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. Un elenco tassativo che l’articolo 3 del Dm attuativo (il 18/2025) prova a specificare in termini descrittivi e tali da chiarire che, a contrario, fenomeni come bombe d’acqua, maremoti ed eruzioni vulcaniche, pur assimilabili a quelli da coprire, non sono coperti.
La legge 213/2023 prevede particolari conseguenze sanzionatorie a carico delle imprese produttive che non adempiano all’obbligo di assicurarsi. Sono conseguenze penetranti: l’inadempimento potrebbe (articolo 1, comma 102) comportare la perdita di contributi, sovvenzioni o sostegni finanziari pubblici (non solo quelli concessi per eventi catastrofali). Infatti, è stabilito che dell’inadempimento dovrà «tenersi conto» nell’assegnazione di tali agevolazioni pubbliche. Ma cosa significhi «tener conto» non è affatto chiaro, potendo la sanzione andare dalla perdita integrale del contributo o dell’agevolazione a un suo riconoscimento solo parziale. Certo sono conseguenze che appaiono, pur nella loro vaghezza, potenzialmente non trascurabili.
L’obbligo a contrarre imposto alle compagnie è stato in qualche modo attenuato, dal Dm 18/2025, rispetto al più generico testo della legge 213/2023. I rischi connessi agli eventi naturali appaiono molto più gravosi di quelli Rc auto (dove pure c’è l’obbligo a contrarre), specie se riferiti a imprese grandi che si rivolgano a compagnie dalla limitata capacità sottoscrittiva. Perciò l’articolo 1, comma 105 della legge 213 ha previsto che il Dm potesse agire anche sul fronte della sostenibilità assuntiva delle compagnie, modulando l’obbligo a contrarre in termini alleggeriti e, di fatto, molto meno vincolanti. Così il Dm esclude che la compagnia debba sempre e comunque quotare e prendere in carico le proposte assicurative presentate da qualunque assicurato: l’articolo 5 prevede che gli assicuratori operanti nel settore definiscano prima, col sostegno del titolare della funzione attuariale, la loro propensione ad assumere rischi catastrofali «in coerenza con il [loro] fabbisogno di solvibilità globale…, fissando i relativi limiti di tolleranza al rischio». Superato il proprio limite, la compagnia potrà cessare di assumere ulteriori rischi in tutta Italia, dandone immediata informativa all’Ivass e ai terzi con pubblicazione sul proprio sito web.
La legge individua i beni da assicurare riferendosi alle immobilizzazioni materiali di cui alla lettera B-II n. 1, 2, 3 dell’articolo 2424 del Codice civile. L’articolo 1 del Dm 18/2025 li specifica: terreni, fabbricati (compresi impianti fissi, installazioni e quote su parti comuni), altri impianti e macchinari atti allo svolgimento dell’attività e attrezzature industriali e commerciali (come macchine, attrezzi, utensili e relativi ricambi e basamenti). Sono esclusi i veicoli iscritti al Pra e le merci. Nel rinvio all’articolo 2424, non è chiaro se debbano essere beni funzionali e dunque stabilmente utilizzati per lo svolgimento dell’attività d’impresa. Né è chiaro cosa avvenga se l’impresa si avvalga di immobilizzazioni altrui (si veda a pagina 25), utilizzandole in qualità di locatario, affittuario di azienda, usufruttuario eccetera.
L’obbligo di contrarre polizze per la copertura dei rischi catastrofali (sismi, alluvioni, frane, inondazioni, esondazioni) è stato introdotto dalla legge di Bilancio per il 2024 e avrebbe dovuto scattare lo scorso 31 dicembre, salva la proroga al 31 marzo 2025 introdotta dal decreto Milleproroghe. La misura risponde a un’esigenza che si fa sentire anche in Italia per via del dissesto idrogeologico e della pericolosità degli eventi naturali sulla vita delle aziende. Ma risponde anche all’esigenza di incrementare il ricorso alla copertura assicurativa, che non è così diffuso nel nostro paese. Trattandosi di un obbligo ormai indifferibile è opportuno soffermarsi su chi ricada e in relazione a quali asset. Occorre rifarsi al recente Dm 30 gennaio 2025 n. 18 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 febbraio.
L’inquadramento dei beni dell’attivo per i quali scatta l’obbligo di contrarre la polizza catastrofale consente di definire meglio, ampliandolo, il panorama dei soggetti obbligati. L’articolo 1 del Dm 18/2025 richiama alcune delle categorie delle immobilizzazioni materiali dell’attivo di stato patrimoniale di bilancio. Al riguardo, infatti, l’obbligo di copertura non si estende alle immobilizzazioni immateriali: va considerato il fatto che, trattandosi di beni intangibili, non potranno essere oggetto delle calamità naturali. Al tempo stesso per ciò che concerne le immobilizzazioni materiali l’obbligo viene circoscritto ai terreni e fabbricati, impianti e attrezzature. Non sono richiamati gli altri beni che costituiscono una categoria residuale delle immobilizzazioni materiali. Quindi è evidente che l’insieme dei terreni e fabbricati, impianti e attrezzature tende a calare l’obbligo sulle realtà di tipo produttivo, in quanto una calamità naturale potrà colpire il sito produttivo nonché gli impianti e le attrezzature. Pertanto l’obbligo assicurativo appare maggiormente tarato sulla componente produttiva rispetto a quella commerciale.
L’articolo 1, comma 101, della legge 213/2023 prevede che le imprese siano tenute a stipulare la copertura per i rischi catastrofali entro il 31 marzo 2025. Entro quale data, dunque, bisogna stipulare la copertura in base alla legge: 31 marzo o 1 aprile? L’espressione «entro il 31 marzo» significa che la data ultima entro cui stipulare una polizza a copertura dei rischi catastrofali è proprio il 31 marzo. Pertanto il 1° aprile 2025 tutte le imprese tenute a iscriversi nel relativo Registro dovranno essere assicurate da una polizza conforme alle previsioni di legge. Eventuali polizze in corso al 1° aprile, relative a rischi Cat Nat ma non conformi, potranno essere mantenute in vita a condizione che vengano adeguate alle prescrizioni di legge entro il prossimo rinnovo o la prima scadenza di pagamento utile.
Gli obblighi assicurativi sulle polizze catastrofali cui le imprese devono adempiere «non si applicano alle imprese di cui all’articolo 2135 del Codice civile, per le quali resta fermo quanto stabilito dall’articolo 1, commi 515 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234». Ciò, in virtù dell’articolo 1, comma 111, della legge 213/2023 che, pertanto, esonera dall’adempimento assicurativo gli imprenditori agricoli. L’articolo 1 del decreto ministeriale 18/2025 del 30 gennaio scorso reitera l’esclusione dall’obbligo utilizzando la medesima formula della norma di rango primario
Il sistema pubblico di gestione dei rischi in agricoltura è strutturato in interventi compensativi ex post e interventi assicurativi ex ante. Ciò, secondo le disposizioni del Dlgs 102/2004 il cui articolo 1 ha istituito il Fondo di solidarietà nazionale (Fsn) con «l’obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi ed alle infrastrutture agricole» derivanti da calamità naturali, eventi eccezionali e da avversità atmosferiche. Il fondo istituito oltre venti anni fa, con decorrenza 1° gennaio 2024 è stato posto dalla legge di Bilancio 2024 anche a tutela dei danni che, dai medesimi eventi, possano derivare a pesca e acquacoltura.
Il Senato vuole completare l’opera. Dopo l’ok definitivo del 12 marzo alla legge che circoscrive la responsabilità civile dei collegi sindacali, Palazzo Madama punta a fare lo stesso sui revisori legali. Un ulteriore tassello nel mosaico che ha l’obiettivo di fissare il raggio d’azione in cui i professionisti sono chiamati a rispondere il proprio operato. Anche sulla scorta delle proposte avanzate dal Consiglio nazionale dei commercialisti, arriva ora il disegno di legge su iniziativa di Nicola Calandrini (Fratelli d’Italia), presidente della commissione Bilancio del Senato.

L’assicuratore Ergo sta rilevando interamente l’assicuratore digitale statunitense Next Insurance. La casa madre di Ergo, Munich Re, e la società insurtech di Palo Alto, California, hanno firmato un accordo in tal senso, come hanno annunciato giovedì le due società.
“Espandere la nostra presenza negli Stati Uniti è il prossimo passo logico nella nostra strategia di crescita”, ha dichiarato il CEO di Ergo Markus Rieß in un’intervista a Handelsblatt. Gli Stati Uniti sono il più grande mercato assicurativo del mondo e sono quindi interessanti per Ergo, indipendentemente dagli attuali sviluppi politici ed economici legati alla presidenza di Donald Trump. Nell’ambito della transazione, Next è valutata 2,6 miliardi di dollari. Per Ergo si tratta di una delle più grandi acquisizioni della sua storia recente. La transazione deve ancora essere approvata dalle autorità e le parti coinvolte prevedono di concluderla nel terzo trimestre del 2025.
Il cambio di proprietà fa nascere nella società di run-off di portafoglio Viridium la speranza concreta di poter presto riprendere in carico le polizze di assicurazione sulla vita. “Ora possiamo finalmente tornare a crescere”, ha dichiarato l’amministratore delegato Tilo Dresig in un’intervista a Handelsblatt. L’antefatto è l’acquisizione di Viridium da parte di un consorzio annunciata mercoledì incentrato sul gruppo assicurativo Allianz. Sotto il precedente azionista di maggioranza Cinven, l’autorità di vigilanza finanziaria Bafin avrebbe bloccato ulteriori acquisizioni. Dresig ora prospetta anche acquisizioni in tutta Europa: “Il mercato più grande e rilevante per noi è la Francia”.