Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

logoitalia oggi7

È legge il ddl capitali pensato per fermare l’esodo in Olanda di società quotate a Piazza Affari. Cambia la governance delle società per azioni quotate: la lista del consiglio di amministrazione uscente deve essere più lunga e con paletti alla presentazione mentre le minoranze acquistano più peso. Diventa più facile l’accesso in Borsa, con procedure semplificate e meno comunicazioni.  Anzitutto è ridimensionata la prassi per cui il consiglio di amministrazione uscente presenta all’assemblea la lista dei consiglieri da eleggere. Le liste delle minoranze, se non hanno ottenuto più del 20 per cento dei voti, concorrono alla ripartizione dei posti in Cda in proporzione ai voti ottenuti in assemblea: è comunque riservato loro un ammontare non inferiore a un quinto; se le liste di minoranza superano tale soglia (è previsto uno sbarramento minimo del 3 per cento) l’assegnazione dei posti segue il sistema proporzionale.
Oltre 9.200 nuove insolvenze aziendali in Italia nel 2024 e 9.550 l’anno successivo. Un dato a prima vista allarmante che risulta, tuttavia, allineato alla media degli ultimi 15 anni. Un periodo di grandi saliscendi con picchi negativi caratterizzati da oltre 14.000 fallimenti registrati nel 2014 e di momenti virtuosi come il 2007 quando il numero di insolvenze aziendali si è fermato al di sotto delle 7.000 unità. E’ la fotografia scattata da Allianz Trade nell’ultimo rapporto sulle insolvenze globali che ha messo in luce i rischi e le opportunità di business presenti in tutti gli angoli del pianeta.
Non è legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al dipendente se la società non prova di avere adottato e attuato correttamente all’interno della propria organizzazione aziendale le politiche riguardanti la procedura sul “whisteblowing”. La Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 6574 emessa il 18 gennaio 2024, ha stabilito che, se il licenziamento per giusta causa è avvenuto, come nel caso di specie, sulla base delle informazioni apprese dalla società in occasione delle segnalazioni e testimonianze più volte rese dai colleghi, esse, per essere valide dovevano essere state prese sulla base di un regolamento apposito scritto che la società doveva avere redatto in un tempo anteriore e precedente al licenziamento.
Nel 2023 il mercato italiano della cybersecurity ha raggiunto la cifra record di 2,15 miliardi di euro, +16% rispetto al 2022. A delineare lo scenario sono gli esiti della ricerca dell’osservatorio Cybersecurity & Data protection della School of management del Politecnico di Milano secondo cui l’81% delle grandi imprese ha definito un piano di sviluppo strutturato in materia, con una strategia di lungo periodo, mentre il 62% delle grandi organizzazioni ha aumentato la spesa, incremento trainato dall’inserimento di nuovi strumenti (68%), dalla maggiore attenzione dedicata dai board aziendali (62%) e dalla necessità di azioni di adeguamento normativo (43%).
Con 88 attacchi subiti nel 2023, l’Italia sale dall’undicesimo al quinto posto nella classifica a livello globale, secondo i dati contenuti nel report “Threatland” sulla cybersecurity curato da Swascan, società del gruppo Tinexta. A precedere il Belpaese sono Stati Uniti (1.200), Regno Unito (171), Canada (126) e Germania (105). Le vittime degli attacchi ransomware sono nel 77% dei casi piccole e medie imprese: la maggior parte (58%) ha un numero di dipendenti compreso tra 1 e 50 e si trova quasi esclusivamente al Nord (56%) e Centro Italia (37%). Tra i settori maggiormente colpiti troviamo i servizi (21%) e il manifatturiero (20%), seguiti dalla sanità (11%) e del comparto tecnologico (9%).
«In primis» c’è la salvaguardia della salute, insieme alla prevenzione (ossia l’insieme delle attività che aiutano a ridurre il rischio di ammalarsi), ma avanzano progressivamente la tutela delle fragilità e della genitorialità, nonché le iniziative per dare «sprint» alla professione, anche attraverso la formazione finalizzata all’acquisizione di nuove competenze: è questa la parte più sostanziosa del «pacchetto welfare» che le Casse previdenziali private e privatizzate distribuiscono ai propri iscritti.
Quasi 3 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa di incidenti sul lavoro o malattie professionali. Sono le stime pubblicate dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, che segnala un aumento di oltre il 5% rispetto al 2015. La maggior parte dei decessi è stata causata da malattie correlate al lavoro (2,6 milioni), mentre gli incidenti sul lavoro rappresentano ulteriori 330mila morti. Secondo l’analisi, le malattie del sistema circolatorio, i tumori maligni e le malattie respiratorie figurano tra le prime tre cause di morte legate al lavoro. Insieme, queste tre categorie contribuiscono a più di tre quarti della mortalità totale legata al lavoro.
Un italiano su due dichiara una situazione di crescente malessere psicologico sul lavoro. A soffrire di più sono le donne e il disagio aumenta con l’età. Sono i dati che emergono da un questionario sviluppato da Serenis, centro medico online per il benessere mentale, in collaborazione con il dipartimento di scienze economiche e aziendali dell’università di Padova. Le aree d’impiego percepite più critiche in termini di benessere psicologico sono quelle del marketing e della comunicazione. Al contrario, dimostrano buoni livelli di benessere psicologico i lavoratori che operano nella gestione del personale, nella consulenza e nell’insegnamento.

aflogo_mini

 

Nel 2070 gli italiani saranno 48 milioni, 11 milioni meno di oggi: 313 anziani ogni 100 giovani, una speranza di vita allungata di 5,4 anni per gli uomini e 4,7 per le donne, rispettivamente a 85,8 e 89,2 anni. Anche con un tasso di fecondità all’1,44 (superiore all’attuale 1,24), un flusso migratorio netto da 170 mila unità all’anno e un Pil medio annuo allo 0,8%, la situazione è tutt’altro che rassicurante. Quale futuro per un Paese che invecchia? Quante diseguaglianze rischiano di inasprirsi? Le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato dello scorso dicembre dicono che per quella data la spesa previdenziale planerà al 13,9% del Pil, meno del livello registrato nel 2010. Ma ci dovremo arrivare passando per la temutissima “gobba pensionistica” che toccherà l’apice nel 2040 con un vertiginoso 17%.
Nuove politiche pubbliche per il nostro Paese rischiano di essere costose e poco sostenibili Ecco perché i datori di lavoro sono chiamati ad affrontare la questione in prima persona estendendo un approccio di consolidamento del capitale umano e coinvolgendo di più i padri
Ormai ha superato i 30 anni ma nonostante sia ampiamente nell’età della maturità , la legge sulla previdenza complementare non è ancora entrata a pieno titolo nella vita e nelle consuetudini degli italiani. Attualmente ci sono 10,7 milioni posizioni attive – ogni soggetto può sottoscriverne più d’una, quindi non è detto che abbiano aderito 10,7 milioni di persone – su 23,743 milioni di occupati. Eppure la previdenza di base sarà sempre più “sottile”: i calcoli degli esperti indicano che un dipendente del settore privato che va in pensione dopo 38 anni di contributi, nel 2040 otterrà una pensione lorda pari al 58,7% dell’ultimo reddito (lordo) da lavoro, mentre nel 2010 lo stesso rapporto era pari al 73,6%. Basterebbe questo a spiegare quanto sia incerto il futuro, per chi si basa solo sulla pensione obbligatoria.
Si stima che nel 2050 gli over 65 saranno il 35% della popolazione italiana. In questo scenario peserà fortemente l’ampia diffusione di diverse patologie: in primis quelle croniche, come le cardiovascolari – secondo il XXI Rapporto di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità quasi un italiano su tre, 22 milioni, ha almeno una patologia cronica, di cui 8,8 milioni grave – cui fanno seguito le patologie oncologiche. Negli ultimi tre anni si è infatti registrato un aumento di ben 18.400 diagnosi, raggiungendo – nel 2023 – quota 395mila. «La cronicità – commenta Valentino Confalone, country president Novartis Italia – impatta pesantemente sulla sostenibilità del Sistema sanitario nazionale ed è dunque evidente la necessità di una sua evoluzione, affinché sia sempre più capace di anticipare, oltre che affrontare, le sfide».
Per gli investitori istituzionali alcune norme sono state inserite dal governo per orientare le partite calde di Generali e Mediobanca. Quindi regole più semplici e meno oneri per stimolare le quotazioni “tricolori”, ma anche per frenare l’emorragia del delisting e della fuga all’estero. E per attrarre gli investitori esteri.
Tra i protagonisti del settore si impongono sempre più nuovi strumenti e un approccio dinamico nei rapporti con le imprese e gli investitori. La sostenibilità nel campo dell’asset management è entrata in una nuova stagione, tra regolamentazioni che puntano a limitare i rischi di greenwashing, crescenti tensioni geopolitiche che riportano in auge gli investimenti nel campo della difesa e pressioni politiche negli Stati americani a guida repubblicana che invitano i gestori e i grandi investitori a concentrarsi esclusivamente sulle performance.
Le principali aziende europee del business online stanno facendo grossi investimenti per tutelare gli utenti dal rischio frodi o distorsioni commerciali. Lo chiede la normativa europea Digital Services Act (Dsa), dal 17 febbraio. È parte di un pacchetto che l’Europa ha pensato per sviluppare un mercato digitale sano ed equilibrato. Finora non lo è stato, e la cura è da cavallo: le sanzioni arrivano al 6% del fatturato globale.
A tre anni dalla nascita i soci- investitori che hanno puntato sul club deal promosso da Banca Generali hanno di che essere soddisfatti. Nel 2021, infatti, sotto la regia della banca private guidata da Gian Maria Mossa venne lanciato Beyond Investment, un “salottino” per i clienti uhnwi (ultra-high net worth individuals) di Banca Generali che potevano così approfittare delle opportunità offerte dai “private markets”. Per un investitore di fascia alta può essere infatti interessante immobilizzare per un certo periodo parte del patrimonio in aziende con potenzialità di crescita. A guidare Beyond arrivò Fabio Bariletti, ex ad di Kairos.

Il governo di Roma intende arrivare in tempi brevi alla cessione della quota che ancora ha in portafoglio, il 39,23 per cento, del Monte dei Paschi di Siena. Dopo aver ceduto all’inizio del novembre 2023 il 25 per cento delle azioni della banca più antica del mondo, ora Roma vuole azzerare, o quasi, la sua partecipazione. Due le strade possibili. La prima, politicamente più affascinante, prevede il tentativo di dar vita al terzo polo bancario nazionale: sarebbe un deciso passo in avanti sulla via dell’aumento della concorrenza in un settore strategico come è l’industria del credito. Una medaglia da appuntare al petto del governo e da sventolare a futura memoria. Ma se il partner industriale tardasse a manifestarsi, sarebbe percorsa la via del mercato.
Enpam, Cassa Forense, Inarcassa stanno valutando la fattibilità di partecipare alla privatizzazione delle Poste. Se la trattiva andasse in porto, sarebbe un altro importante passo per coinvolgere le Casse di previdenza nel capitale delle aziende italiane. Una mossa che non deve sorprendere. In un mondo globalizzato, interconnesso, con mercati finanziari sui quali si scambiano prodotti e servizi complessi, gli investitori istituzionali ricoprono un ruolo fondamentale. Certo non è oro tutto quello luccica. La Covip, la Commissione di vigilanza su fondi pensione, è, per esempio, senza presidente e iol Tesoro non ha ancora messo a punto il regolamento degli investimenti.