Si alzerà questa mattina il velo sui conti 2022 di Generali Assicurazioni con gli analisti che si attendono la crescita sia dei premi sia del risultato operativo del gruppo guidato da Philippe Donnet. Il consensus delle sale operative stima in media premi lordi di 81,258 miliardi che rappresenterebbero una crescita del 7,2% su base tendenziale. Mentre il risultato operativo è atteso in media a 6,189 miliardi, anche questo in crescita rispetto ai 5,9 miliardi dell’anno precedente. L’utile netto 2002, secondo gli analisti, è visto invece a 2,807 miliardi, che rappresenterebbe una lieve flessione rispetto ai 2,847 miliardi del 2021. Valore che però era stato influenzato da plusvalenze realizzate con operazioni straordinarie (come quella legata a Cattolica), mentre il valore normalizzato, al netto di queste voci, era risultato pari a 2,795 miliardi. Il mercato si attende poi un inevitabile aumento del combined ratio che dal 90,8% di fine 2021 dovrebbe essere salito al termine dello scorso anno al 93,1%. Un indebolimento dovuto sia all’aumento dei sinistri sia all’effetto dell’inflazione, che sta facendo salire i costi dei risarcimenti. Anche il Solvency Ratio viene dato in diminuzione, anche se lieve, al 220%, rispetto al 227% di fine 2021, pur in territorio d’assoluta tranquillità. Intanto proseguono le operazioni di integrazione di Cattolica nel gruppo, con Donnet che oggi fornirà presumibilmente un aggiornamento sulle tempistiche.
Dopo l’infortunio al lavoratore la società è condannata per la responsabilità amministrativa degli enti ex dgs 231/01 anche se le persone fisiche sono state assolte dall’imputazione di lesioni personali colpose e l’autore del reato non risulta identificato. È escluso, infatti, che la srl possa ottenere la revisione ex art. 630 e 633 Cpp per la condanna che aveva patteggiato: il contrasto fra giudicati si configura soltanto se risultano inconciliabili i fatti storici posti a fondamento delle due sentenze; nel nostro caso, invece, i due imputati ex art. 590 Cp sono assolti perché non rivestono una posizione di garanzia, ma risultano accertate le lesioni che derivano dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Così la Cassazione con sentenza 10143/23 (IV sez. pen.).
L’anno scorso oltre 4 milioni di italiani – il 7% della popolazione – ha rinunciato a cure di cui aveva bisogno. Un dato sicuramente migliore rispetto al 2020 e al 2021 quando il Covid di fatto ha frenato le cure (la rinuncia allora aveva riguardato il 9,6% e l’11,1% della popolazione), ma siamo ancora distanti dal 6,3% della fase pre Covid quando oltre 3,5 milioni di italiani avevano rinunciato a bussare a ospedali e ambulatori per le prestazioni sanitarie. Con una aggravante: per la prima volta la prima ragione a frenare gli italiani più dei motivi economici sono le liste d’attesa su cui Governo e Regioni nel recente passato (e anche oggi) hanno promesso il massimo impegno. «Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,9% nel 2019 e scende al 3,2% nel 2022)», avverte l’Istat in una audizione dei giorni scorsi al Senato tenuta da Cristina Freguja, Direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare, durante la quale sono stati illustrati i dati aggiornati dell’indagine «Aspetti della vita quotidiana»dove la stima della rinuncia a prestazioni sanitarie fa riferimento al totale della popolazione che ha bisogno di visite specialistiche (escluse le dentistiche) o esami diagnostici e ha dichiarato di averci rinunciato per problemi economici o per difficoltà di accesso al servizi.